Home Approccio Italo Albanese Il primo che si arrende, vince

Il primo che si arrende, vince

Da Exit.al

Dopo la consistentissima manifestazione di sabato, i “cittadini arrabbiati” del PD continuano a riunirsi sotto la tenda e due o tre volte al giorno Lulzim Basha va ad arringare la folla, presentando nuovi ospiti che aderiscono alla protesta, e soprattutto riconfermando la posizione senza ritorno: o governo tecnico che garantisca libere elezioni, o niente.

Qualche altro cittadino si aggiunge ad una folla di tutte le eta’ e con il comune denominatore della fascia bassa del reddito, ma ancora non e’ una ondata incontenibile, anzi. I primi caldi primaverili porteranno molta altra gente, ma nell’aria manca la vibrazione del grande evento in atto.

Arrivano le prime prese di posizione, come quella di Blushi che in definitiva si augura che Basha faccia il lavoro anche per lui ma, con un sussulto di opinabile e autoproclamata verginita’ politica, dichiara che “non c’e’ posto per lui sotto la tenda di Berisha”. Probabilmente non e’ il solo.

Il problema e’ che il popolo vero continua a cercare il grande condottiero che lo liberi dai ladri, ma per poterci credere e’ necessario che il candidato sia vergine, e qui, di vergini ce ne sono molto pochi. E la vecchia leadership del PD certamente non fa’ parte di quelli. In definitiva anche Blushi avra’ lo stesso problema, ma intanto prova a fare finta di niente.

Paradossalmente Basha, per riuscire a convincere tutto il popolo a coinvolgersi nella protesta, dovrebbe levare di torno il dubbio che anche questa protesta sia una macchinazione di Berisha, annunciando che non candidera’ nessuno della vecchia guardia, che ospitera’ nelle sue liste solo la vera societa’ civile, e che magari, per garanzia, non si candidera’ nemmeno lui. Resterebbe comunque il vero leader del movimento che ha cambiato la situazione in Albania, e la sua carriera politica ne sarebbe rilanciata su basi piu’ vere e credibili di quelle attuali.

Nei dibattiti televisivi i principali argomenti sono ovviamente il governo tecnico e il vetting, ma nelle pieghe dei discorsi cominciano ad emergere una serie di dettagli che la macchina della disinformazione del governo aveva finora abilmente nascosto o dissimulato, e che l’opposizione non e’ proprio riuscita a comunicare: il Partito Socialista, durante tutta la storia della riforma della giustizia, ha barato piu’ volte, cambiando i testi delle proposte di legge, approvando a maggioranza quelle sette leggi che si era impegnato a passare con il consenso di tutti, cercando in ogni modo di dirottare sul suo governo il potere del vetting, ma sempre nascondendosi dietro la pressione internazionale.

Ora Rama sostiene che l’opposizione stia solo cercando di sabotare il vetting dei giudici, e forse e’ anche vero, ma questo vetting che si vuole a tutti i costi mettere in atto e’ di fatto scivolato (grazie ai trucchi del PS) in mano al governo e non e’ piu’ “garantito” dagli equilibri faticosamente negoziati in Parlamento.

Ancora una volta la storia della politica albanese si ripete, chi sta in posizione di vantaggio vuole usare questo vantaggio non per governare, ma per stravincere e annullare l’avversario. E chi sta sotto e’ costretto a soccombere, o a rovesciare il tavolo.

La situazione e’ di fatto bloccata, perche’ Basha si e’ tagliato le vie della possibile ritirata: o ottiene il governo tecnico o sia lui che il suo partito resteranno cancellati per sempre.

Rama intanto e’ costretto a prendere caffe’ con Aqif Rakipi e a chiedere l’intervento dei suoi amici internazionali, ma questi cominciano a capire cosa e’ realmente successo e sono ormai scocciati di essere stati usati fino a lasciare malamente nei guai i loro rappresentanti, che alla fine da soli rischiano di pagarne il conto.

Ma proprio Rama, per difendersi dalla minacciata crisi di governo in Parlamento, sta usando (e consumando) il principale argomento che avrebbe contro Basha e la sua richiesta di “tregua elettorale”, coinvogendo la Commissione Elettorale (che dovrebbe essere il garante delle libere elezioni) in una strenua (e illegale) resistenza contro la decriminalizzazione del parlamento attuale.

Se la Commissione Elettorale riuscira’ a bloccare la revoca del mandato di alcuni parlamentari manifestamente coinvolti con storie criminali, contemporaneamente si dimostrera’ che ha ragione Basha, e cioe’ che le elezioni non possono affatto essere garantite da un organo dello stato che volutamente ignora la legge per aiutare il premier. E saremmo daccapo.

Ma se il governo (per nascondersi dietro agli internazionali) insiste sul vetting, e Basha insiste sul governo tecnico, il risultato finale potra’ essere solo una grottesca elezione con il partito unico, con una spaccatura di tutti i presupposti democratici e il paese lanciato in una spirale di instabilita’. E Rama, anche se avra’ vinto le elezioni, non vincera’ niente e sara’ pure riconosciuto da tutti come il principale responsabile della disastrosa situazione creata.

Ma anche Rama, come abbiamo visto per Basha, potrebbe giocare utilmente la mossa del sacrificio.

In definitiva mancano quattro mesi alle elezioni, e il suo governo in questa situazione non puo’ piu’ raggiungere nessun traguardo politico, mentre se sacrificasse il suo posto da Primo Ministro, dimettendosi per garantire al paese libere elezioni, si metterebbe nella condizione privilegiata sia per determinare nei dettagli il governo tecnico, che per addebitare ad altri le evidenti lacune del suo governo, che per incassare un risultato elettorale apprezzabile. Infatti in questo modo difficilmente potrebbe essergli ancora avanzata la principale contestazione che tutto il popolo (inclusa gran parte del suo partito) gli muove: quella di essere arrogante.

E in pochi mesi potrebbe essere di nuovo dove sta ora.

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