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La nave per l’Europa non passa da Bari

Di Carlo alberto Rossi, Exit.al

Molto spesso funzionari e politici baresi arrivano in Albania per cercare di agganciare qualche fondo europeo, con progetti che richiedono vari partner nazionali, tipo INTERREG o IPA ADRIATIC, girando per uffici e ministeri per raccolgiere le firme necessarie a presentare mirabolanti progetti che, quando malauguratamente finanziati dalla UE, si risolvono sempre in seminari, convegni, viaggi studio e l’immancabile sito internet.

Lo stesso facevano le truppe cammellate prima di Vendola e oggi di Emiliano per lobbare contro un progetto vitale per l’Albania, almeno da un punto di vista macroeconomico, come il TAP, o a favore di un progetto rischioso se non mortale per l’Albania come la tentata joint-venture dell’Acquedotto Pugliese.

Tutto questo con un presuntuoso quanto  insopportabile slogan echeggiante nello sfondo: “L’Albania per andare in Europa deve passare da Bari.”

Poi si rifugiano  in Ambasciata a lamentare la scarsa collaborazione delle autorita’ albanesi, e quando escono dall’Ambasciata scuotono la testa commentando sottovoce che in Albania l’Italia non conta piu’ nulla . . . forse e’ pure vero, ma nessuno vuole chiedersi il perche’?

Il giorno primo agosto, “Azzurra”, il traghetto  della tanto decantata Grandi Navi Veloci, doveva trasportare circa 400 auto e 2.000 passeggeri da Bai verso Durazzo, ma qualcosa non ha funzionato, e la nave e’ partita con quasi otto ore di ritardo rispetto al previsto. Fin qui, in questa stagione di punta, non ci sarebbe niente di straordinario, ma le cose, anche viste dalla banchina  del  porto di Bari, non sono cosi’ semplici.

Una nave, com’e’ ovvio, ogni tanto deve fare  rifornimento, e questa e’ una operazione  lunga e per certi versi rischiosa per motivi di sicurezza antincendio e antiinquinamento, e nelle medioevali norme italiane richiede firme di autorizzazione di tanti uffici, dell’Autorita’ Portuale, o dei Vigili del Fuoco, o della Dogana (perche’ le navi non pagano le tasse sul gasolio) e questa volta pare che l’autorizzazione sia stata rilasciata con molto ritardo, cosi’ la nave ha raggiunto il pontile d’imbarco solo alle 3 e mezza di notte. Nel frattempo passeggeri e mezzi carichi  di  bambini, di vecchi e di donne gravide, che avrebbero dovuto iniziare  ad imbarcare gia’ dalle 9 di sera, sono stati fatti entrare solo poco prima di mezzanotte ai controlli  di Polizia e da li’ nella zona franca e lasciati, senza comunicazioni, senza servizi, senza assistenza, addirittura senza poter uscire per cercare da bere o da mangiare, abbandonati per altre quasi quattro ore prima che arrivasse la nave.

In assenza di informazioni accreditate, muscolosi portuali addetti all’imbarco distribuivano  in dialetto barese sporadiche  e contraddittorie informazioni sui colpevoli della situazione, ora il Comandante della nave, ora la Compagnia, ora l’Autorita’ Portuale, ora i  Vigili del Fuoco, altrimenti la Dogana, oppure la Finanza, e queste, passando di bocca in bocca tra gli irritati passeggeri di diverse lingue e dialetti, diventavano sentenze sempre piu’ drastiche contro questo o contro quello, fino a provocare  assembramenti rumorosi che chiedevano un intervento dell’autorita’, una qualsiasi autorita’, che risolvesse il problema.

Ma le autorita’, a Bari, almeno di notte, evidentemente dormono, lasciando come massimo segno visibile un abbronzato e palestrato sovraintendente di Polizia col baffo stile Errol Flynn, e una casalinga con i gradi di assistente capo a guardia insormontabile degli unichi due varchi che consentissero la fuga alla ricerca di qualcosa da bere o da mangiare. Niente da fare, non si esce, dovete stare qui e aspettare.

Ma il popolo, nel  numero, ogni  tanto trova la forza di protestare, e qualcuno piu’ acculturato decide di reclamare i  suoi  diritti e presentare una denuncia, ma la  assistente capo dichiara che per via del suo grado  lei non puo’ ricevere nessuna denuncia, invitando i passeggeri a rivolgersi alla Questura, comunque precisando con molta professionalita’ che a quell’ora di notte la Questura e’ chiusa. Chiamata non si sa da chi’, arriva un’ambulanza a soccorrere qualcuno che si e’ sentito male, l’unico segno dello Stato con i lampeggianti blu.

Le discussioni inevitabilmente scarrocciano verso argomentazioni nazionalistico leghiste, con commenti “roba da terzo mondo”, “i negri invece li mandano in albergo” e risposte della sedicente autorita’ pubblica sul tipo “perche’ a casa vostra e’ meglio?”, “anche noi siamo qui fuori orario”, e il confronto diventa italiani contro albanesi, con poliziotti italiani claudicanti  in sintassi che accusano passeggeri perfettamente italofoni e sintatticamente lucidi di essere maleducati, scatenando l’ira di una varia umanita’ di molte nazionalita’ e ancora piu’ numerose cittadinanze.

La situazione sta per degenerare quando compare la nave, e lo schema magicamente si inverte, ma il  risultato non cambia. Infatti un gruppo di passeggeri ‘sindacalizzati” decide di improvvisare un blocco delle rampe della nave per reclamare dal malcapitato Comandante il rimborso del biglietto. Dopo un’ora di velleitari  scambi di minacce, la situazione si  sblocca e, mentre il cielo comincia ad albeggiare, comincia pure  il faticoso stivaggio di mezzi e passeggeri esausti, che terminera’ con il sole gia’ alto.

La nave, per niente appesantita da quelle disgraziate dodici autocisterne di gasolio caricate durante la notte, naviga a tutta forza verso Durazzo, ma le i disagi non sono finiti. Mentre i “sindacalizzati” assediano la reception per ritirare una inutile dichiarazione  di ritardo, solo risultato di tanto vociare notturno, i servizi di ristorazione della nave, con il personale strassato da troppe ore di lavoro ininterrotto, vanno completamente in tilt nonostante gli  sforzi di un elegante Commissario che sforna pizzette in soccorso della sua ciurma, multietnica ma comunque  suonata come un puglie all’ultima ripresa, che gira a vuoto contemporaneamente cercando di consolare, e a volte contestare, un pubblico ormai molto irritato e ancora piu’ affamato. Cosi’ si ascoltano storie  di uffici portuali baresi che intralciano l’assunzione di marittimi napoletani, di compagnie greche che hanno troppo ascolto in porto, e altre storie di malaffare portuale, di dispetti e di ricatti, mentre una  signora incapace di parlare una qualsiasi lingua conosciuta  pasticcia con il registratore di cassa del bar fino a bloccarlo definitivamente.

Niente scontrino, niente caffe’, qui siamo in Europa, qui ci sono le regole. Ma una melanconica pubblicita’ affissa, e forse dimenticata, all’interno degli  ascensori racconta  che Grandi Navi Veloci “ti offre il caffe’”.

Nella coda per l’afflusso ai garage per ritirare l’auto, un distinto signore di cui solo la moglie e la numerosa prole tradiscono l’origine albanese, in un italiano perfetto e tagliente e con un leggero accento toscano, quasi involontariamente chiosa tutta la storia: “Se vogliamo andare in Europa, non dobbiamo passare da Bari.”

La Gazzetta  del Mezzogiorno di Giovedi 3 agosto da’ un scarsissimo resoconto dell’accaduto, solidareggiando per il proprio porto, prudentemente riducendo il ritardo a due  ore, senza fornire una spiegazione dettagliata dei reali motivi del ritardo. Bari si autoassolve, e poi predica.

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