Home Approccio Italo Albanese UN LEK TROPPO FORTE SULL’EURO PENALIZZA L’ECONOMIA LOCALE:

UN LEK TROPPO FORTE SULL’EURO PENALIZZA L’ECONOMIA LOCALE:

PROPRIO PERCHE’ SIAMO IN TRANSIZIONE, E PROPRIO PERCHE’ LE RIFORME TARDANO, BISOGNA PARTIRE DALL’INTERVENTO SULLA MONETA!

Replica di Alessansdro Zorgniotti ad articolo di Elvis Zaimi

Non posso che essere felice di avere cominciato un dibattito con i Lettori di questo giornale on line dedicato ai punti di vista italo-albanesi nei vari settori della vita politica economica e sociale delle nostre due Nazioni.

Questa mattina, lunedì 19, vedendo di nuovo sui principali siti internet specializzati l’andamento dei tassi di cambio fra le diverse monete nazionali, ho avuto conferma di come oramai l’euro si muova stabilmente fra i 130 e i 131 leke. TROPPO PENALIZZANTE per l’economia reale albanese.

Proprio perché – come è stato sottolineato in alcune risposte al mio primo articolo sulla questione – l’Albania si qualifica attualmente ancora come “economia in transizione”, e come tale non paragonabile a economie mature o sature come quella italiana, una moneta eccessivamente forte rischia di penalizzare ancora di più questa transizione, e questo soprattutto in una fase nella quale – per espressa dichiarazione del Governo di Tirana – le priorità sono quelle di incentivare il turismo e di sostenere l’arrivo degli investitori industriali. Questi ultimi, se sceglieranno l’Albania, sarà come piattaforma strategica per fare produzione finalizzata alle esportazioni. Quindi i conti non tornano con una moneta locale la cui forza non riflette le reali necessità economiche del Paese.

Del resto, basta consultare la rassegna stampa più recente per rendersi conto, dalla viva voce anche di autorevoli esperti e commentatori economisti del Paese delle Aquile, che il rafforzamento del Lek nei confronti dell’Euro avrà delle conseguenze sulle esportazioni e sul turismo occidentale che, recandosi in un qualunque punto di exchange, cambiando Euro o Dollari in moneta locale si ritroverà con meno Leke in tasca. A meno che non si voglia di fatto anticipare l’integrazione dell’Albania nell’Unione Europea con un processo di sostituzione strisciante della moneta, ma questo non mi sembra né opportuno né, per fortuna, nelle intenzioni del Governatore della Banca centrale di Tirana determinato a cercare il modo di scoraggiare la circolazione in eccesso dell’Euro a favore di una maggiore liquidità in Leke.

Se in una economia in transizione l’export e il turismo vengono penalizzati dal tasso di cambio, la prospettiva non è quella di far costare meno le materie prime da importare per i processi di produzione delle aziende in Albania, bensì è quella di rendere più conveniente l’acquisto di merci e di beni finiti provenienti dai mercati esteri occidentali. Condannando i produttori locali, soprattutto quelli piccoli, a continuare a vivere sulla soglia della sopravvivenza e a vedere ridotto il proprio potenziale esportativo.

Del resto, sono le analisi statistiche dello stesso ICE – Istituto per il Commercio Estero a mettere in evidenza che – con la sola eccezione dell’Italia dove le due grandezze vanno in pari – l’Albania importa più di quanto esporta. Intendiamoci, se l’Occidente e l’Unione Europea trovano nell’Albania la possibilità di un mercato di destinazione commerciale per collocare i propri prodotti, questo entro certi valori è anche positivo, perché indica che in terra albanese si sta formando, per quanto ancora piccola nei numeri, una “classe media” che può spendere e comprare; ma diventa un boomerang se il saldo commerciale va in negativo, poiché significa che gli acquisti si estendono a quei beni e servizi che potrebbero essere prodotti direttamente sul posto, cioè in Albania.

Anche sul mercato immobiliare esiste sempre di più la tendenza, quando si fa un contratto per l’affitto o per l’acquisto di una casa, a pretendere che i pagamenti avvengano in euro, e questo – unito a cause di natura fiscale e alla circostanza che molti crediti all’edilizia vengono erogati in moneta unica europea – sta facendo salire, soprattutto nella capitale Tirana, i prezzi per la compravendita degli immobili residenziali e gli affitti degli esercizi commerciali. Aumenti nettamente superiori all’andamento della ricchezza generale del Paese, il PIL, e dei salari locali.

Con il paradosso beffa che circolano più euro ma i prezzi salgono di più del potere d’acquisto dei redditi medi in valuta albanese. E che coloro che hanno depositi o risparmi in Leke sono invogliati a convertirli in Euro per avere più liquidità da spendere fuori dall’Albania o nell’acquisto di beni e servizi in arrivo in surplus dall’Eurozona.

In sintesi conclusiva: concordo sul fatto che parliamo di economie in transizione non paragonabili con quelle mature e che i problemi dell’Albania sarebbero legati ai ritardi nell’attuazione delle riforme amministrative, burocratiche e giudiziarie. Questo però non impedisce, DA SUBITO, essendo ancora quello Albanese uno Stato SOVRANO dal punto di vista monetario, di adottare tutti quegli accorgimenti necessari a far sì che aumenti la competitività delle esportazioni a danno delle importazioni; e che i turisti in arrivo a Tirana o in altre località del Paese delle Aquile, al momento del cambio di valuta, si possano trovare nelle tasche più Leke anziché di meno.

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