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Italia in crisi di governo permanente: quali rischi per la cooperazione con l’Albania?

Di Alessandro Zorgniotti

L’Italia, il vicino di casa più importante dell’Albania, si avvia a essere governata da un Esecutivo tecnico e di minoranza parlamentare di breve durata.

Dopo il fallimento del tentativo di Lega e Movimento 5 Stelle di formare una maggioranza parlamentare autosufficiente nei numeri, con il professor Conte nel ruolo di premier e con i due capi politici Salvini e Di Maio in veste di vicepremier e ministri pesanti (Interno e Sviluppo economico), il “no” categorico del capo dello Stato Mattarella alla candidatura​ del professor Savona a super ministro dell’economia – con orientamento critico alla moneta unica Euro e all’Unione Europea – ha riaperto la crisi politica e istituzionale dell’Italia.

La scelta, caduta sulla figura di Cottarelli, economista del Fondo monetario internazionale, crea le condizioni di uno strappo istituzionale dove i 5 stelle chiedono la messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica Mattarella e la Lega di Salvini si prepara alle elezioni politiche anticipate con il vento popolare favorevole. Tanto che anche i settori più moderati del centro-destra, con a capo Berlusconi e forza Italia, per non perdere il treno elettorale, e per evitare di essere definitivamente assorbiti da Salvini, annunciano il “no” al futuro governo Cottarelli. Il quale si appresta a nascere con i soli voti favorevoli del centrosinistra di Renzi e Martina, oramai in caduta libera in tutti i sondaggi anche se il capo dello Stato Mattarella proviene da quell’area politica.

C’è evidente preoccupazione anche all’estero per quanto succede in Italia. Anche in Albania ci si interroga da più parti sulle prospettive della cooperazione fra i due Paesi, anche se va detto che essa si basa più sulle iniziative dei cittadini che non delle amministrazioni pubbliche. La storia degli ultimi venti anni insegna che anche con governi di indirizzo politico diverso in Italia e in Albania la collaborazione è sempre andata avanti.

Certamente sono oramai lontanissimi e preistorici i tempi – era il 2014 – in cui in visita a Torino il premier Edi Rama invitava gli albanesi residenti in Italia a votare per Renzi e per il centrosinistra.

Il governo italiano si presenterà quindi dimissionario a giugno quando Bruxelles dovrà decidere in via definitiva sulla candidatura dell’Albania a Stato membro dell’Unione Europea: una situazione che non dovrebbe però pregiudicare un destino oramai più in mano a francesi, tedeschi e Fondo monetario internazionale.

Comunque vada, però, non sarà un successo, né per l’Italia né per l’Albania. Senza dubbio, la paura di nuove o maggiori tasse in Italia spingerà ancora più italiani, imprenditori e pensionati, a imboccare la rotta Adriatica verso Tirana per mettere al riparo redditi e risparmi. Ma l’assenza di un ministero degli esteri davvero politico a Roma, in grado di dettare le linee di una più forte e incisiva cooperazione nei confronti di uno degli Stati in assoluto più filo italiani, ossia l’Albania, avrà purtroppo tutta una serie di rischi geopolitici molto importanti.

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