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Una donna albanese, arrivata col barcone in Italia, spiega perché Salvini ha fatto bene a chiudere i porti alla Aquarius

“Io, arrivata in Italia col barcone vi dico perché Salvini ha fatto bene”

Di  Il Giornali It

“Al rientro a casa ascolto qualche altro notiziario, guardo sul web qualche titolo online e con una certa soddisfazione mi dico: ‘Ha fatto bene Salvini'”.

A parlare, in una lettera firmata pubblicata su Tempi, è una donna arrivata dall’Albania con un barcone. Le sue parole fanno riflettere e sembrano un’accusa, senza appello, a chi parla di accoglienza indiscriminata a tutti i costi.

“Se sei una ex sbarcata, non puoi pensarla come Salvini, non puoi diventare così razzista – scrive la donna – Proprio tu che sei arrivata in un porto non puoi essere per la chiusura dei porti. Perché in Italia, se sei straniero, puoi pensarla solo in un certo modo; devi pensarla “solo” in un certo modo, altrimenti “sei diventato razzista, proprio tu”. Eppure io continuo a dire, a volte con profonda convinzione, a volte con molte perplessità, che in questo momento l’Italia non ha alternative”.

Ecco: le alternative. Se potessimo accogliere tutti, è il ragionamento, dovremmo farlo. Ma ogni Stato vive con delle risorse limitate. Che deve dunque distribuire tra i cittadini e chi, invece, viene da fuori. “L’Italia – spiega la donna – non ha più risorse adeguate per gestire questa immigrazione incontrollata cui assistiamo da cinque, sei anni. Per fattori che vanno anche un po’ oltre al famigerato razzismo, è necessaria una presa di posizione netta e chiara”. E la decisione “netta e chiara” è quella che ha preso Matteo Salvini chiudendo i porti all’Aquarius e chiedendo all’Europa di dimostrarsi solidale con l’Italia nella gestione dei flussi migratori.

La donna, arrivata col barcone dall’Albania, riconosce che oggi le migrazioni sono diventate “un business sulla pelle di disperati che, a lungo andare, ha innescato una guerra tra poveri che non giova a nessuno”. L’immigrazione va fermata, dunque. E non lo pensa solo Salvini. Lo pensano anche diversi immigrati, oggi regolari, che lavorano e faticano in Italia. E che capiscono come “questo traffico umano deve essere fermato il prima possibile: la schiavitù, spacciata per lavoro e accoglienza”. E se i migranti finiscono a lavorare a pochi euro l’ora, non puoi chiamarla conquista. “È ovvio che se lo schiavizzi, lo chiami “risorsa” – continua la donna – ti frutta così tanto che è quasi un bene che sia arrivato qui. E questi sono solo la punta dell’iceberg”.

Riconoscendo a Salvini di aver fatto quello che ha promesso in campagna elettorale, “io sono contenta che vengano chiusi i porti e se si continuerà con il pugno di ferro credo che il messaggio arriverà inequivocabile sia all’Europa sia ai fautori di questo traffico umano, di cui gli scafisti sono solo una minima parte”.

Certo. Pur condividendo “politicamente” la posizione di Salvini, la donna non nasconde che “sull’aspetto umano, invece, la ingoio con una certa difficoltà questa decisione dei porti chiusi”. “Io – spiega – sono arrivata in Italia nel 1999, nel periodo in cui c’era il “blocco navale” con la dirimpettaia Albania (li chiudevano anche i buonissimi della sinistra i porti – proprio perché la situazione era inaffrontabile – non solo questi “razzisti” della Lega). Eppure, i miei genitori erano come quei 629 poveri cristi sull’Aquarius: scappavano da qualcosa di così brutto da ritenere che valesse la pena rischiare di morire in mare, perché sulla costa di là sembrava ci fosse il paradiso”.

E così è stato. Ma il paradiso che l’ha accolta, dice, non è quello di chi ha “visioni tipicamente boldriniane in materia di immigrazione”, ma persone “che mi hanno accolta, vestita, sfamata perché ero straniera; persone poco inclini al dilagante buonismo attuale, ma capaci di farsi in mille per aiutarmi”. La differenza sembra impercettibile, ma c’è. “È proprio questo – conclude la donna nella lettera firmata pubblicata da Tempi – che desidero io: essere come quegli amici, liberi di avere posizioni politiche più o meno discutibili, ma pronti a essere compagni di cammino, anche per te che eri l’ultima sbarcata”.

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