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C’è uno status degli italiani all’estero, e c’è un problema degli italiani all’estero!

Di Salvatore Albelice, Bruxelles

Lo status dell’ italiano all’estero, parliamo del Belgio, ma ci si può riferire anche ad altri Paesi europei, è quello di una persona sola, isolata e distaccata dalle stesse istituzioni rappresentative dello Stato italiano: consolato, ambasciata, istituto di cultura, camera di commercio, e via dicendo. E’ la situazione di colui che spesso fa affidamento solo sulle sue capacità, che sono anche capacità di adattamento e di predisposizione al sacrificio; che è aperto e pronto a mille espedienti atti a capovolgere una esperienza vissuta a suo proprio favore, ovvero fargli attingere soluzioni del “vivere alla giornata” o del “tiramm a campà”. Il tutto condito da quell’ambrosia dolce/amara che è la nostalgia e l’amore per la terra natìa.

In questo prototipo non è riconducibile ovviamente il funzionario o agente che fa capo alle istituzioni diplomatico-consolari , alla Nato, all’UE, a società e banche private italiane.Per costoro vale un altro discorso.

Da questo status emerge il problema “italiano-all’estero” ,problema la cui metafora è una panca in un parco con sopra un mazzo di fiori che si sfilacciano al vento; qualcuno deve raccogliere e ricomporre questo bouquet.

Sin dai tempi passati, l’italiano all’estero ha sempre atteso da parte del Governo italiano un senso di protezione, un interesse per il suo operato, una guida e organizzazione delle energie; insomma una legislazione protettrice e garantista, che non lo facesse sentire completamente isolato e avulso dallo Stato italiano. E ciò vale ancora oggi nella società delle nuove tecnologie avanzate. I problemi che lo coinvolgono sono problemi che attengono alla realizzazione dignitosa della propria persona, alla sua integrazione nella comunità ospite -da cui chiede rispetto dei propri valori e della propria dignità- all’aspirazione al proprio benessere e alla propria felicità, senza arrivare a fare di essa aspirazione un principio costituzionale, come nella Carta americana..

La storia dell’emigrato italiano è per lo più la storia dell’abbandono da parte dello Stato italiano dei propri cittadini all’estero e della estraneità delle istituzioni consolari o diplomatiche, che gli emigrati hanno sempre e per lo più percepito come longa manu o guardiani del governo italiano che si manifestano soprattutto nei momenti in cui sorge il problema del servizio militare (problema che attualmente non sussiste più), o in occasione di altre operazioni di diversa natura. Giammai a pensare che è il Consolato che deve essere a disposizione del cittadino italiano e non viceversa.

In considerazione del loro operato e attraverso loro, la percezione dello Stato/Governo italiano da parte degli emigrati era (ed è in parte ancora vero) simile a quella dei cafoni di “Fontamara” di Silone, quando dicevano che essi vivevano la presenza dello Stato italiano solo in riferimento alle tasse sul tabacco e sulla luce.

La legge sul voto degli italiani all’estero è venuta tardi ed è stata la benvenuta, ma essa non a risolto da sola i problemi degli italiani all’estero. D’altra parte, se qualcuno si aspetta una elencazione precisa e dettagliata di questi problemi, rimarrà pure deluso, perché la maggior parte di essi, si sono ormai solidificati in espressioni di delusione e frustrazione, di senso di abbandono, disagio e umiliazione nel vissuto comunitario, nelle relazioni intra-sociali e inter-sociali. Insomma, come in un processo dialettico, i problemi sono divenuti status di disaffezione, estraneità e scoraggiamento, in una parola ethos attuale.

Contribuiscono ad alimentare questo senso di estraneità anche l’inerzia e la non efficacia della pletora di associazioni e l’operato dei patronati, percepito spesse volte come non consono ai principi deontologici che gli son propri, e gli stessi funzionari preposti senza volerli mai pensare come doganieri lesti al dazio per ogni pratica sociale risolta, dimentichi che la loro assistenza e consulenza sono ampiamente gratificate da regolari stipendi. Ma tant’è!

E’ appunto il bouquet di fiori della comunità italiana che si è scomposto e sfilacciato, perché abbandonato su una panca(-comunità) in un parco(-paese ospite).

La stessa legge Tremaglia sul voto degli italiani all’estero, operazione politica oltremodo positiva lungimirante e non di parte, è tuttavia recepita come un diritto/dovere ma anche come un’altra delle astrazioni giuridico-legislativo-sociale, avulsa appunto dalla soluzione dei loro problemi pratici, immediati o di lunga durata, e dal recupero delle originarie radici dell’italianità. E’, ripetiamo, l’Ethos degli italiani che si è sfilacciato e che va recuperato.

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