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ANCHE LA FARNESINA LO CERTIFICA: NEI SUD BALCANI ITALIA ASSENTE DAI GRANDI SETTORI, DOVE DOMINANO ALTRI PAESI UE

Se in Albania prevale la Grecia, in Macedonia la Germania si è accaparrata tutto l’automotive

Redazionale

Per quanto la stessa Unione Europea indichi i passi che le Nazioni balcaniche devono ancora compiere in vista della piena adesione, ciò non toglie un problema culturale di parte italiana che non considera ancora industrialmente strategiche queste destinazioni. Le questioni denunciate dall’Italia non hanno impedito ad altri Paesi atlantici di accaparrarsi i settori fondamentali

Lo dice la Farnesina, attraverso il proprio portale Infomercatiesteri dedicato alla Diplomazia economica dell’Italia nel Mondo per orientare gli Investitori del Belpaese sui mercati internazionali. Il portale internet di informazione del Ministero degli Esteri, dedicato al mondo delle imprese, alle voci “Albania” e “Macedonia” – che stiamo approfondendo attraverso degli speciali reportages – parla piuttosto chiaramente: questi due Paesi, candidati all’Unione Europea e che nel giugno del prossimo anno dovranno affrontare la fase dei negoziati di adesione vera e propria – rischiano di rappresentare due clamorose occasioni mancate per il Made in Italy industriale, sotto il profilo degli investimenti produttivi.

Partiamo naturalmente dal Paese delle Aquile: qui è indubbio che l’Italia si confermi, sul piano dell’import-export e quindi del commercio estero, il primo partner economico dell’Albania, ma quando il capitolo si sposta dalle vendite agli investimenti, ecco spuntare (classifica della Banca centrale albanese) la Grecia in cima alla classifica, seguita da altri Paesi come Svizzera e Austria, che hanno compreso fin dall’inizio il potenziale degli investimenti concentrati nei settori fondamentali per qualsiasi economia, dalle telecomunicazioni alle infrastrutture energetiche fino alle assicurazioni, dove la presenza italiana è purtroppo mancante.

Questo ha rappresentato un indubbio freno a mano tirato, e tale da limitare il salto di qualità agli investitori industriali italiani negli altri segmenti dell’economia reale albanese, dove siamo sì esistenti ma nettamente (detto e ripetuto tre volte) al di sotto delle effettive possibilità di espansione.

Questo fa sì che la presenza, soprattutto commerciale, dell’Italia sia ancorata principalmente agli ambiti tradizionali del Made in Italy, dal food al design, dal tessile a qualche tipologia di macchinario per l’automazione industriale. Non disponendo però dei settori strategici, quelli che permettono di aprire le porte principali di tutti gli altri, questo fa sì che dobbiamo faticare più degli altri per cercare quanto meno di non arretrare e di non adagiarci sui dati storici.

Leggiamo il report di Infomercatiesteri con riferimento a questo specifico passo: “Senza dubbio penalizzante per la piena efficacia della nostra azione economica è l’assenza degli operatori italiani dai grandi settori strategici del Paese Albania (per esempio telecomunicazioni e assicurazioni) e di conseguenza, nonostante il ruolo di primo partner economico di riferimento svolto dall’Italia per anni, la scarsa presenza dei grandi gruppi, alcuni dei quali peraltro hanno manifestato interesse per questo mercato, ma sono stati finora scoraggiati dall’incertezza sui diritti di proprietà immobiliare, dalla diffusa corruzione e dalla carenza di infrastrutture”.

Ora, nessuno anche in questa sede giornalistica ha mai negato l’esistenza di problemi simili, anzi li ha sottoposti alle competenti autorità di Governo che, con senso di responsabilità, hanno fornito prime risposte. Però, come esistono per noi, così in linea di massima dovrebbero esistere anche per gli investitori di altre nazionalità, quindi anche per Greci, Svizzeri, Austriaci, Tedeschi. Quindi, la conclusione è che esiste ancora un problema culturale, di parte italiana, a considerare i Balcani del Sud, in particolare Albania e Macedonia, una destinazione destinata a diventare sempre più centrale come base di produzione e come rampa di esportazione.

Altrimenti non si spiegherebbe la ragione di un’assenza colmata da altri Stati che immagino si saranno posti lo stesso problema. O no?

Quanto si dice a proposito dell’Albania trova triste (per l’Italia) conferma con riferimento alla Macedonia, oggetto di un nostro recente reportage sul posto a Skopje.

Leggiamo il report della Farnesina a tale riguardo: “La presenza italiana in Macedonia è ancora sotto il potenziale del mercato. La Macedonia risulta ancora sconosciuta tra le imprese italiane e non fa parte delle destinazioni tradizionali degli investimenti italiani. Inoltre è modesta la presenza dei grandi gruppi italiani (anche qui!, ndr) in ritardo rispetto ai concorrenti tedeschi. La Germania risulta al primo posto per gli investimenti esteri diretti in Macedonia negli ultimi 2-3 anni, quasi tutti esclusivamente del settore automotive”.

Dunque: in uno dei settori che rappresenta il fiore all’occhiello della tecnologia italiana nel mondo, e che permetterebbe grazie alla piattaforma albanese e macedone di arrivare a tutte le maggiori Case produttrici del Pianeta, la Germania ha conquistato una posizione dominante assoluta.

Questo pone una sfida enorme alle Istituzioni pubbliche e commerciali dell’Italia in questi due Paesi – chiave, e – in coerenza con quanto auspicato dal Sottosegretario agli Esteri Ricardo Merlo – la collaborazione della stampa italiana all’estero, in Albania così come in Macedonia, non mancherà a partire da noi.

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