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Andi Seferi: “L’Albania è una società oramai aperta, ma il nostro cuore tifa ancora Italia”.

Di Alessandro Zorgniotti

“L’Albania oramai è una società aperta, parlo anche dal punto di vista linguistico, ma il nostro cuore tifa ancora Italia”. Questo nella sostanza è il messaggio espresso da Andi Seferi, Vice Sindaco di Tirana, intervistato per la rubrica Albania Italianofona dal corrispondente di Radio Radicale Artur Nura.

Un lungo interessante colloquio nel quale il numero due dell’Amministrazione municipale della Capitale albanese spiega le ragioni – “culturali e affettive” – che lo hanno portato a privilegiare una formazione di tipo “italianista” rispetto alla via, che sarebbe stata più semplice per luogo di nascita, di una maturazione più orientata alla Germania e alla cultura austrotedesca.

Già, perché Andi Seferi è nato a Vienna nel 1971, da famiglia originaria di Tirana, ma fin da ragazzo – grazie al contributo di giornali e soprattutto tv e moda – le sue preferenze e le sue volontà di conoscenza sono andate decisamente a favore della lingua e della tradizione Italiane.

Un percorso che, subito dopo la fine del regime comunista in Albania, lo ha portato nel 1992 a visitare e conoscere direttamente per la prima volta il Belpaese aiutando i propri Connazionali a inserirsi nel tessuto sociale e lavorativo dell’Italia “una realtà bellissima che ho avuto modo di conoscere in lungo e in largo, prestando assistenza ai miei Concittadini e iniziando una collaborazione bellissima, proseguita fino al 2011, con la Comunità di Sant’Egidio a Roma, una realtà davvero impegnata nella cooperazione e nell’aiuto umanitario e che peraltro nella nostra Tirana è attiva fin dal 1991”.

Una “italianità” estesa alla famiglia, se si considera che il fratello di Andi, Arsen, è un medico chirurgo molto apprezzato e con formazione alla Sapienza di Roma.

Tuttavia una domanda più generale si pone, se è vero che per il Vice Sindaco Seferi il cammino di alfabetizzazione è stato agevolato da quei mass media che ora trasmettono programmi turchi, a fronte di investimenti di parte italiana non altrettanto “aggressivi” o efficaci.

“La scelta degli Albanesi verso la lingua Turca, così come verso altri lingue straniere, è una conseguenza della fine dell’isolamento nazionale dopo il 1991, e la tendenza al pluralismo era per certi versi inevitabile, ma con l’Italia e con le sue Istituzioni e realtà professionali stiamo continuando a lavorare con profitto.

Penso alle collaborazioni in atto con l’Istituto italiano di Cultura e con l’Ambasciata, nel solco di quello che fu l’evento a me più caro svoltosi alcuni anni fa dal titolo “Due Popoli, un Mare, un’Amicizia”. Parole in cui si trova riassunto “il principio ispiratore delle nostre azioni di rapporto con il Paese di fronte, più vicino a noi per fattori non soltanto geografici”.

La prova ulterioriore? “Esattamente quasi un secolo dopo, la Città di Tirana si affida nuovamente a un professionista italiano, l’architetto Boeri, per riscrivere il proprio assetto urbanistico e architettonico, e su settori come la Smart City e la Città Sostenibile le principali collaborazioni sono in atto con realtà italiane.

Intese che possono crescere ora che Tirana, grazie alla Riforma territoriale che ha accorpato molti ex Comuni limitrofi, è diventata un’area metropolitana pari a un terzo dell’intera Albania in grado di offrire ampi spazi e margini per interventi e investimenti. Inoltre – prosegue Seferi – la Municipalità di Tirana sta lavorando su progetti di gemellaggio con realtà territoriali e comunali del Belpaese di origine albanese e Arbereshe, che permettono la riscoperta di secolari radici comuni ai nostri due Paesi”.

Il prossimo viaggio in Italia? “A Bologna, a titolo strettamente privato, con la Comunità di Sant’Egidio a pregare per la Pace”.

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