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Aiutateci per vivere in Albania da cittadini europei e non in Europa da emigranti

Di Agron Gjekmarkaj, Osservatore Romano

Oggi in Albania esiste soltanto un potere quasi assoluto: quello del premier Edi Rama. Le istituzioni principali dello Stato sono nelle sue mani. Con la scusa della riforma giudiziaria, i Tribunali sono tali solo di nome: non c’è più differenza tra poliziotto, procuratore e giudice. Mi dispiace avere un atteggiamento critico verso il mio Paese soprattutto parlandone ad un’agenzia estera, ma la verità ci rende liberi… forse.

In sei anni di governo socialista, l’Albania è diventata la repubblica verde della cannabis, divenendo, di fatto, il Paese al centro dei vari narcotraffici, spesso legati a personaggi molto in vista.

Noi siamo una popolazione di 4,2 milioni di abitanti, di questi, dagli anni Novanta, 1,5 milioni sono quelli emigrati in altri Paesi. Altri 300mila se ne sono andati dal 2015, portando così il numero degli espatriati a 1,8 milioni. Per un Paese così piccolo questo è un suicidio demografico. Gli ultimi sondaggi offrono una panoramica spaventosa, dove il 60% della popolazione rimasta vuole andare via.

La gente oggi soffre per la povertà, la disoccupazione, la criminalità, la corruzione diffusissima e, soprattutto, la mancanza di uno Stato di diritto.

Solo poco tempo fa è stato reso pubblico un dossier di intercettazioni telefoniche tra gli esponenti politici vicini al premier Edi Rama e appartenenti alla criminalità organizzata: in queste telefonate si parlava apertamente di voti venduti o comprati durante l’ultimo processo elettorale colpendo così duramente la legittimità del governo. A questo si aggiunge la vicenda degli appalti stradali, gestiti da anni solo da persone vicine al premier, che suscita rabbia e scalpore nell’opinione pubblica.

Ultimamente proprio la reazione dei cittadini e dell’opposizione ha fatto annullare un appalto da 30 milioni di euro: era stato affidato a una ditta fantasma che contava su un capitale depositato di soli 80 centesimi.

Da due mesi gli studenti e i professori delle università pubbliche sono in stato di agitazione permanente: protestano per i vari problemi che pesano nella loro vita quotidiana. Edi Rama, sfruttando questo momento, e senza soddisfare le richieste del mondo dell’università, ha cambiato l’80% dei ministri, peggiorando ulteriormente la qualità del governo.

Il 16 febbraio scorso l’opposizione ha chiamato in piazza i suoi sostenitori e la novità è che erano in tanti, più di 60mila in un’Albania dalla popolazione quasi dimezzata, scappata da un bel Paese cui hanno ucciso le speranze tra arroganza del potere e corruzione. Alla protesta ha fatto seguito la decisione del gruppo parlamentare del Partito democratico, principale formazione dell’opposizione albanese di centro destra guidata da Lulzim Basha, di non fare più parte dell’Assemblea nazionale. E già si guarda a giovedì prossimo, giorno in cui ci sarà una nuova protesta di piazza. Insomma, il quadro è alquanto complesso.

E se le democrazie europee non interverranno per garantire la libertà di scelta politica, per garantire il funzionamento dello stato di diritto, per garantire che la società albanese sconfigga la corruzione del governo, si creerà di nuovo il “caso Albania” alle porte dell’Italia e dell’Europa e saremo noi i prossimi profughi.

Ci serve l’aiuto vero dell’Europa per vivere in Albania da cittadini europei e non in Europa da emigranti, carne per le bocche elettorali dei nuovi populisti. Siamo europei, non i gatti neri d’Europa. Aiutateci a ottenere la libertà dagli ultimi Pascià ottomani che ci governano, rubano e deridono.

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