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La scelta dell’ultimo pasto…

Di Maria Antonietta Farina

Non so perché; ma oggi che è la Giornata mondiale della salute mentale, i miei pensieri vanno all’ultimo pasto del condannato a morte.
Pensate, che c’è uno chef, si chiama Henry Hargreaves, che ha avuto l’idea di fotografare e catalogare gli ultimi pasti di tanti condannati a morte, convinto – e forse non a torto – che in questo modo si aprisse una sorta di finestra sulle menti dei condannati.

La cosa che più lo ha colpito, è che la maggior parte delle persone chiedeva sostanziosi pasti fritti, quelli che vengono comunemente chiamati comfort food. Insomma, nei loro ultimi momenti di vita, quelle persone volevano un po’ di conforto e lo cercavano in quel particolare tipo di cibo.

Per esempio, uno ha voluto una torta di noci, ma ha preteso che una fetta venisse conservata “per dopo”. E si potrà dire che quella persona probabilmente, era un malato mentale. In questo caso non avrebbe dovuto essere giustiziato, invece lo hanno ucciso ugualmente. Ma la cosa, indubbiamente, avrebbe dovuto far riflettere: quella persona pensava davvero che avrebbe potuto mangiarla più tardi, o non si rendeva conto di che cosa stava accadendo?

O giocava l’ultima, estrema carta, quella di simulare una follia? C’è un detenuto che ha chiesto una singola oliva: che significato aveva quella sola oliva? La purezza dell’olio, il voler fare ammenda, oppure l’estrema beffa: “Scelgo qualcosa di strano e la gente ci vedrà chissà cosa dietro questa scelta”? La scelta dell’ultimo pasto, insomma, può essere intesa anche come una sorta di dichiarazione finale, con l’ultimo desiderio cerco di dire qualcosa che sia una sorta di ultima dichiarazione, che abbia un significato per qualcuno?

Quanti fili si possono tirare, da una cosa apparentemente banale come la scelta dell’ultimo pasto di un condannato a morte. Giustiziato nel giugno del 2001, per la strage di Oklahoma City che provocò la morte di 168 persone. Come ultimo pasto ha chiesto mezzo chilo di gelato alla menta con scaglie di cioccolato.

Un paio di psichiatri hanno letto in questa richiesta una sorta di dichiarazione: “Ho ucciso un sacco di persone, con questa richiesta vi mando tutti a quel paese”. Può sembrare una sciocchezza, ma credo che l’ultimo desiderio di una persona possa dire molto del suo carattere, del suo essere, di quello che è diventato.

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