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La nuova strategia di allargamento UE che sembra tanto un ultimatum ai Balcani

La Commissione europea ha presentato il 6 febbraio scorso la sua nuova strategiasull’allargamento dell’UE. Nello stabilire le priorità in cui intervenire e un percorso ben definito con una prospettiva chiara di integrazione, la Commissione mette nelle mani dei sei paesi dei Balcani occidentali le chiavi per il successo o il fallimento della loro adesione.

Di fatto, sin dal suo insediamento nel 2014, la Commissione presieduta da Jean-Claude Juncker aveva raffreddato le prospettive di allargamento, puntando sul consolidamento dell’Unione. A sorpresa, lo scorso settembre, nel suo discorso sullo stato dell’UnioneJuncker ha rilanciato l’allargamento ai Balcani occidentali ventilando la possibilità di integrare la Serbia e il Montenegro per il 2025. La Commissione ha quindi presentato la sua nuova strategia, mentre a fine mese Juncker visiterà i paesi dell’area balcanica non ancora membri dell’UE.

Le priorità: stato di diritto ed economia

La nuova strategia conferma la prospettiva europea per i Balcani occidentali e mette in risalto le priorità da perseguire. In primo luogo, la Commissione rileva che diverse questioni – quali l’indipendenza della magistratura, la corruzione, la poca trasparenza, la politicizzazione degli apparati amministrativi e gli attacchi all’indipendenza dei media – pongono ancora seri dubbi sul consolidamento dello stato di diritto in tutti i paesi dell’area. In questo frangente, viene reiterato l’impegno strategico ad aprire come primi, i capitoli negoziali (23 e 24) riguardanti la giustizia e i diritti fondamentali.

In secondo luogo, preoccupano le economie della regione, definite non-competitive e inadatte alle pressioni del mercato unico europeo. Infine, la Commissione sottolinea la necessità della riconciliazione nella regione. Memore dell’errore commesso con la disputa territoriale sul golfo di Pirano tra Slovenia e Croazia, la Commissione avverte i paesi dell’area – con particolare riferimento alla normalizzazione dei rapporti tra Pristina e Belgrado – che ogni disputa bilaterale dovrà essere risolta in maniera definitiva e vincolante prima dell’adesione all’UE.

La Commissione intende sostenere gli sforzi dei paesi candidati attraverso un incremento dei fondi degli Strumenti di pre-Adesione (IPA), l’aumento della partecipazione dei paesi dei Balcani occidentali alle politiche dell’UE e lo sviluppo di sei iniziative specifiche riguardanti il rafforzamento dello stato di diritto; un più stretta cooperazione in termini di sicurezza e migrazione; un maggiore sostegno allo sviluppo economico; l’incremento della connettività inter-balcanica e con l’UE; l’avvio di un’agenda digitale regionale; e infine, un forte sostegno alla riconciliazione. Tra i progetti più interessanti, si prevedono delle missioni di consulenza e di monitoraggio in materia giudiziaria, il raddoppio dei fondi Erasmus+, la riduzione dei costi di roaming e l’estensione della banda larga.

La Commissione conferisce a Serbia e Montenegro, i due che hanno già cominciato a negoziare l’adesione, il ruolo di capofila, ventilando l’ambiziosa possibilità di integrarli nell’UE per il 2025. Il percorso dei due dovrà servire da punto di riferimento per gli altri stati dell’area che, impegnandosi, avranno la possibilità di raggiungerli. L’identificazione di una supposta data di adesione ha l’obiettivo di stimolare i progressi dei governi e fornire una sponda alle forze politiche che dichiarano di voler realizzare gli obbiettivi tracciati dalla Commissione. Oltre a Serbia e Montenegro, Albania e Macedonia sono paesi candidati, mentre l’UE sta valutando la candidatura della Bosnia-Erzegovina, e il Kosovo ha ratificato l’accordo di associazione.

La dimensione interna e le ragioni della nuova strategia sull’allargamento dell’UE

Per sostenere l’integrazione dei Balcani, la Commissione accenna anche a una strategia rivolta all’interno dell’UE, ben conscia che il sostegno all’allargamento non è unanime tra gli stati membri e che un 47% dei cittadini dell’UE vi sono contrari. Per queste ragioni, la Commissione sottolinea più volte i vantaggi economici e gli interessi geopolitici e di sicurezza legati all’integrazione dei Balcani occidentali. Le ragioni geopolitiche e la volontà di rispondere alla crescente influenza russa, turca e cinese emergono chiaramente nella strategia, tanto che la Commissione richiede ai futuri stati membri “un’allineamento totale alla politica estera e di sicurezza comune”.

Inoltre, la Commissione punta ad approvare due nuove iniziative che preparino l’Unione all’integrazione di nuovi membri. In particolare, la prima vorrebbe aumentare le aree di politica estera in cui sarebbe possibile prendere decisioni alla maggioranza qualificata degli stati membri, onde evitare possibili veti. Mentre la seconda, con chiara riferimento alla situazione in Polonia, intende semplificare il ricorso all’articolo 7 TUE in caso di minaccia allo stato di diritto in uno stato membro. Quest’ultime proposte sono legate al più ampio processo di consolidamento e rafforzamento dell’UE post-Brexit. In quest’ottica, la politica d’allargamento viene sfruttata dalla Commissione per forzare l’unità tra gli stati membri, l’unicità della politica estera e aumentare il potere della commissione nel rispetto dei valori fondamentali dell’Unione.

Allo stesso modo, nel dichiarare che “unirsi all’UE è una scelta generazionale, basata sui valori fondamentali che ogni stato deve abbracciare in maniera molto più attiva, dalla propria politica estera e regionale fino a ciò che viene insegnato a scuola ai bambini”, la nuova strategia della Commissione intende spazzare via ogni ipocrisia e inchiodare alle proprie responsabilità gli stati dei Balcani occidentali. Messa in questi termini, la nuova strategia sull’allargamento dell’UE, più che una proposta per una scelta chiara e coraggiosa, rischia di essere interpretata come un ultimatum.

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