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La necessità di una strategia economica per moltiplicare i benefici economici tra Italia ed Albania. Parla l’editore di Exit.al

Artur Nura – Caro saluto agli ascoltatori di radio radicale a cui propongo un’intervista con Carlo Alberto Rossi un osservatore Regionale di economia e politica residente oramai da vent’anni in Albania. Grazie di aver accettato l’invito.

Carlo Alberto Rossi – Grazie a Te Artur, è sempre un piacere.

Artur Nura – Intanto Signor Rossi io vorrei avere la Sua considerazione nei confronti della realtà economica italo-albanese poiché ho dovuto pubblicare tramite la radio e la mia rivista “Approccio” delle considerazioni ottimiste nei confronti di quello che rappresenta l’Albania economicamente per un investitore italiano: come lo vede Lei?

Carlo Alberto Rossi – L’Albania rappresenta più un sogno che una realtà. Cioè è evidente che una situazione difficile sui mercati italiani spinge tante aziende a sfruttare quello che loro ritengono essere vantaggio linguistico dell’Albania, e cercare di vedere se possono fare qualcosa qua. Ma purtroppo la realtà locale non è esattamente quella che serve alla maggior parte degli imprenditori italiani. Ci sono molte situazioni in cui l’impresa non riesce a, come dire, a capitalizzare i propri investimenti, spende soldi, fa cose, ma non riesce a ottenere un risultato. Questo e’ dovuto principalmente ad una serie di cause locali che non dipendono dagli interventi esterni. Vale a dire che se i Governi albanesi si dedicassero a creare le condizioni, automaticamente otterrebbero anche l’attrazione di capitali, l’attrazione delle competenze, l’installazione di capacità produttive, la produzione di “economia”. Invece qui purtroppo c’è una cultura che prevede di andare a cercare i soldi, e riportare qui queii soldi, e poi vediamo cosa succede. Purtroppo abbiamo visto che il Governo albanese deve lavorare di piu’ sulla sua infrastruttura fisica a logica per consentire all’economia di svilupparsi.

Artur Nura – Intanto se parliamo della realtà che io vedo: vedo ogni tanto italiani che vengono a investire su ristoranti o in negozi piccoli e questi sono in tanti ed loro numero aumenta. Lei come la vede questa energia che arriva dall’Italia in Albania in confronto anche in relazione della volontà politica italiana, a parte i problemi del Governo locale, cioè il Governo albanese.

eat italians de biasiCarlo Alberto Rossi – Mah, il fatto che arrivino persone, individui, che sulla base di un progetto di vita loro, o di un’ aspettativa loro, vengono qui e fanno piccole cose come nel settore della ristorazione, del piccolo artigianato, o altre cose, è solo un segno della difficoltà italiana; non è un segno del . . come dire, della certezza ad un futuro albanese. Molte persone vengono espulse dal sistema produttivo italiano e dal sistema sociale italiano e pensano di poter trovare uno spazio qui per fare delle cose, e questo sicuramente è una cosa che all’Albania male non fa, nel senso che sono persone che normalmente portano anche piccoli capitali, entusiasmo, competenze, comunque migliorano, migliorano il mercato nel senso che aumentano il livello di offerta, aumentano nel loro piccolo la dimensione del mercato. Certamente però l’economia è un fenomeno molto più complesso, non si fa l’economia solo con pochi ristoranti; così come non si fà l’ economia soltanto con le pizzerie. Ci vuole anche dell’altro. Pensare di risolvere i problemi occupazionali e di sviluppo di un Paese soltanto con il piccolo artigianato e con l’azienda a conduzione familiare, dove il titolare è il lavoratore stesso, è molto riduttivo. Servono, perché questo Paese possa cominciare a correre, anche altre cose.

Artur Nura – A questo punto vorrei intervenire poiché tramite Radio Radicale con alcuni esperti laureati in Italia abbiamo proposto, se possiamo definirla una proposta, al Governo italiano, invece di operare in Albania tramite cooperazione italiana o l’ufficio ICE, l’istituto di cultura italiana, bisognerebbe spostare l’attenzione sulla SACE, che lei conosce cosa rappresenta dal punto di vista finanziario ed economico.

albania_STAR2bisCarlo Alberto Rossi – Ma il Governo italiano ha una serie di strumenti per il sostegno al commercio estero concepiti in un’altra epoca, dove l’idea era quella di aiutare le aziende italiane a vendere i loro prodotti o i loro servizi all’esterno del Paese. Questi strumenti poi, a volte sono finiti dimenticati, altre volte sono stati in qualche modo ristrutturati, ma normalmente quasi tutti agiscono anche in Albania.

Artur Nura – SACE, no?

Carlo Alberto Rossi – Ma SACE ha agito in Albania, ha fatto operazioni in Albania, la SACE però sta acquisendo tutta una serie di nuovi aspetti; in qualche modo vari strumenti del mediocredito, o che erano legati al Mediocredito e al Ministero dello Sviluppo Economico, sono stati in qualche modo assemblati dentro la SACE, come strumenti di finanziamento delle joint-venture come la Simest. Dentro la SACE, che faceva a suo tempo solo assicurazione del credito estero, quindi il credito all’export, sono stati riassemblati in qualche modo una serie di strumenti, insieme ad una serie di piccoli fondi di investimento gestiti di fatto al Governo, e questi strumenti di fatto operano in Albania, dove hanno operato anche negli anni scorsi. Dopo ci sono altre questioni, ci sono la volontà di creare strutture, di creare uffici, di avere una loro visibilità, una loro prevalenza, una loro autonomia, e questo rientra nell’ambito della difficoltà italiana a costruire una strategia, come dire, pervasiva.

sace italiaQuindi ogni ufficio fa un po’ la sua battaglia, il suo proselitismo, cerca di aprire altri uffici, di collocare parenti. Questo non è strategia. Cioè la SACE ha sempre operato appoggiandosi agli uffici dell’ICE e le Ambasciate, anche se non aveva un ufficio qua. Non credo che l’apertura di un ufficio in Albania sia significativa di qualcosa. Vero è che una delle difficoltà italiane è che l’insieme di questi strumenti di sostegno all’internazionalizzazione e’ ormai datato, mi spiego meglio: quello che una volta era visto come strategia, l’andare a vendere all’estero, oggi è visto in modo più complesso, cioè avere un’influenza dei mercati mondiali, quindi portare le aziende ad assumere compiti e ruoli anche fuori dall’Italia. E la sommatoria di questi vecchi strumenti ha un effetto abbastanza limitato. Ci sono strumenti antichi, obsoleti, come la Cooperazione allo Sviluppo, che è nata di fatto per portare il latte ai bambini africani, o se vogliamo dire così, le coperte ai rifugiati della guerra dei Balcani, e che fatica molto; in Albania, per esempio, la Cooperazione allo Sviluppo vanta alcuni strumenti da cui reale efficacia è pressoché nulla.

Artur Nura – Intanto c’è altro da discutere, da vedere, anche da parte governativa italiana, come la pensa. Comunque c’e’ una domanda che vorrei fare ad un osservatorio secondo me molto critico, e la sua critica vale, vale molto. C’è qualche, diciamo, impegno del Governo albanese al confronto con la Germania eclissando, così diciamo, lo strumento italiano più tradizionale da queste parti, economicamente e politicamente parlando?

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Carlo Alberto Rossi – Ma io non credo che sia la Germania ad eclissare l’Italia. Diciamo che la Germania ha un sistema economico che è basato sulla presenza di aziende molto organizzate e molto collegate fra di loro, e molto collegate con la propria rappresentanza politico o diplomatica. Queste aziende in Albania sono pochissime ma in qualche modo ben supportate, e hanno avuto comunque le loro vicissitudini, e anche i loro problemi, perché, nonostante il forte supporto che l’Ambasciata tedesca ha sempre garantito, non sono riusciti, come dire, a vivere tranquilli lo stesso. L’Italia ha invece un sistema diverso; noi abbiamo un sistema che è basato su un’imprenditorialità diffusa, che è molto più adatto culturalmente, come modello di sviluppo, alla Società albanese, che ovviamente soffre molto di più nelle congiunture negative perché non ha le stesse forze, le stesse capacità culturali e relazionali, ma che non trova nessun supporto nelle politiche pubbliche perché quasi mai raggiunge il livello della rappresentanza e la comunicazione dei propri problemi . Si tratta quasi sempre di interessi così frazionati, e spesso così divergenti fra di loro, che non trovano una risposta nelle istituzioni italiane, le quali preferiscono ragionare in qualche modo copiando, scimmiottando modelli come quello tedesco; cioe’ qui loro vogliono le grandi aziende, ma le grandi aziende non ce le abbiamo piu in Italia, nel senso che quelle che non le hanno comperate le abbiamo fatte fallire, e qui le grandi aziende non avrebbero niente da fare, perché questo e’ un mercato molto piccolo dove le grandi aziende potrebbero soltanto seppellire soldi in investimenti concessionari, con esiti a dir poco drammatici.

Artur Nura – un Paese molto piccolo, ma parliamo di una nazione che rappresenta più di sei milioni di abitanti nella regione, perché gli albanesi, come lei sa, sono in Albania, in Kosovo, Macedonia, Montenegro, anche in Grecia, il che significa che e’ un mercato da considerare.

il regno delle due sicilieCarlo Alberto Rossi – Sì e no, perché il mercato della nazione albanese è comunque un mercato che è diviso in quattro o cinque sistemi regolatori che non sono particolarmente omogenei in termini normativa alimentare, etc, e nemeno nel consumo culturale, che comunque è bassissimo, quindi voglio dire non è che un’impresa si muove in Albania perché gli albanesi sono in sei milioni, magari c’è ne un milione in Turchia . . .

Artur Nura  – Secondo un ex Presidente turco ci sono cinque milioni anche in Turchia.

Carlo Alberto Rossi – Ma ci sono anche sessanta milione di turchi.

Artur Nura – Di minoranze come lei sa che la società turca è multietnica comunque, anche essendo un regime.

Carlo Alberto Rossi – Comunque, voglio dire, nel mercato di consumo i prodotti italiani sono normalmente molto cari costosi e riferiti a nicchie elevate, e normalmente richiedono mercati dove c’è una cultura particolare anche per il prodotto italiano. Ma il mercato dei beni di consumo e’ solo una parte del problema, esiste un’altra parte dell’economia che si occupa di infrastrutture, che si occupa di attrezzature e macchinari, eccetera, e li’ evidentemente la nazione conta poco; conta il complesso organizzato nel territorio, con le sue norme e le sue possibilità, e in questo l’Albania, offrendo comunque poche possibilità di ripagamento degli investimenti fissi, è un Paese che non è particolarmente attrattivo, che so io, per fare opere pubbliche in concessione, o cose di questo tipo, anche perché il Governo, cambiando più volte le regole, ha creato un clima di instabilità e di sfiducia che difficilmente consente di montare un business plan con dei ritorni lunghi nel tempo. In più il livello economico interno è così basso, che molte cose che in un Paese, diciamo occidentale, normale, possono essere ripagate, in Albania attualmente non si vede come fare a pagarle. L’esempio sarebbe l’autostrada del Kosovo.

Artur Nura – Questo è l’ultima domanda; come la vede la prospettiva, sappiamo già che noi siamo davanti alle elezioni però anche in Italia e’ pressappoco la stessa situazione, la prospettiva economica e politica, per concludere?

sace datiCarlo Alberto Rossi – Si, solo quando avremo capito che ne sarà dalla globalizzazione potremmo fare delle previsioni. Non sono estremamente fiducioso sul futuro economico dell’Albania fintanto che la lotta politica e la incapacità di tenere l’economia produttiva fuori dal contenzioso politico-demagogico non consentirà di creare le condizioni per uno sviluppo stabile.

Cerco di spiegarmi meglio. Oggi sentiamo che c’è uno dei grandi partiti che offre elettoralmente una tassazione molto più bassa sulle imprese, mentre l’altro partito deve difendere, per motivi di bandiera, il partito oggi al Governo, una tassazione molto più alta; il rischio è che tutti continuino a mettere le mani nel sistema economico solo per finalità demagogiche senza creare una condizione sulla quale uno possa basare un progetto. Ma la tassazione non è l’unica parte del problema, anzi, la parte più paralizzante dell’economia albanese, la parte più limitante lo sviluppo economico albanese, è la carenza di applicazione delle regole.

financa e shtetitIl fatto e’ che una parte del sistema gioca con delle regole virtuali, e un’altra parte gioca con delle regole reali e applicate, a volte, anche in maniera eccessivamente severa. Voglio fare un esempio: soltanto due giorni fa avevamo operai che minacciavano di buttarsi dalle ciminiere di una raffineria di fatto dello Stato, ma gestita da un privato, il quale si permette di essere uno dei più grandi petrolieri del paese, di far girare cifre enormi, e si dimentica di pagare gli stipendi per mesi. Mentre abbiamo avuto nei mesi scorsi un piccolo imprenditore di un call center, un po’ sfortunato, che non avendo visto pagare le fatture dal suo cliente italiano, è finito in galera perché non pagava gli stipendi. Allora, uno era un piccolo straniero sicuramente colpevole, ed è stato messo in galera, mentre l’altro era un grasso ricco oligarca locale che sta sopra le leggi. Adesso, sono due settori diversi, ma la responsabilità dello Stato è la stessa, il dovere di tutelare i lavoratori lo stesso; siamo in un Paese che ha un livello di tutele sindacali ridicole, cioè nulle, ma almeno una tutela dovrebbe essere garantita all’operaio albanese. La mancanza di queste tutele produce sfiducia dell’impresa, ma anche sfiducia dei lavoratori, i quali capiscono che in questo modo non possono costruire nessun futuro. Quindi la prima cosa che dovrebbe fare la politica albanese, il Governo, ma anche l’opposizione, è cominciare a parlare di queste regole che possono servire a progettare un futuro per le famiglie, per le persone, ma anche per le imprese; e questa è una cosa che non deve venire da fuori, queste sono risorse naturali locali.

Artur Nura – La ringrazio di questa intervista molto tecnica e molto significativa.

Carlo Alberto Rossi – Grazie a voi e buon lavoro.

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