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Rama: Unione Albania-Kosovo se UE chiude le porte

Di Maria Ermelinda Marino, Affari Europei

“L’unico modo per mantenere la pace nei Balcani è tenere quello di tenere chiare e vive le prospettive di adesione all’UE. Altrimenti l’Europa potrebbe affrontare un incubo: se non ci fosse speranza di aderire a una grande unione, unioni più piccole potrebbero avere luogo”

Così si è espresso di recente il premier albanese Edi Rama durante un’intervista rilasciata di recente ad un quotidiano americano, riferendosi in particolare alla fattibilità di un’unione tra l’Albania ed il Kosovo.

Polemiche

Non sono mancate le critiche contro questa dichiarazione, che deve essere comunque inserita in un discorso più ampio, teso a richiamare l’attenzione sulla necessità di non bloccare l’integrazione dei Paesi dei Balcani occidentali nell’UE. Rama, quindi, ha fatto riferimento alla possibilità dell’Unione Kosovo-Albania come una sorta di “extrema ratio”. Ad alimentare la polemica ha però contribuito il Presidente del Kosovo, Hashim Thaçi, che ha aggiunto: “L’ho già detto nel 2013 e lo ripeto ora: se la UE chiude la porta al Kosovo, tutti i cittadini albanesi vivranno nello stesso spazio, per poi integrarsi in una famiglia europea”.

La Serbia, naturalmente, ha colto in maniera negativa e provocatoria le dichiarazioni di Rama e Thaçi. Ivica Dačić, Ministro degli Esteri serbo, ha infatti affermato che dietro tali affermazioni non si nasconde altro che il progetto, mai abbandonato, della Grande Albania. “Mutatis mutandis”, il Ministro serbo ha fatto un esempio opposto, dichiarando che se fosse stata solo lontanamente prospettata un’unione tra la Serbia e la Repubblica serba di Bosnia-Erzegovina (Republika Srpska), la comunità internazionale non avrebbe di certo esitato a condannare l’ipotesi.

Bruxelles, Washinghton, Mosca

A Bruxelles tuttavia, la dichiarazione di Rama non è stata ignorata. Maja Kocijančič, portavoce dell’Alto Rappresentante per la Politica Estera Europea, ha sottolineato come tale dichiarazione si collochi in una regione già fortemente problematica per via delle numerose tensioni tra Paesi. Ha poi aggiunto che in una prospettiva di integrazione, i Paesi dei Balcani occidentali dovrebbero cooperare affinché si instauri la tanto agognata riconciliazione e si giunga a delle buone relazioni tra Paesi vicini.

Dura è stata anche la condanna dell’Ambasciatore USA in Albania che ha affermato: “L’Amministrazione USA supporta la sovranità del Kosovo e dell’Albania. Siamo contrari a qualsiasi discorso di fusione”. La chiusura più netta è però arrivata dal Ministero degli Affari Esteri di Mosca: “la comunità internazionale dovrebbe mostrare in modo congiunto ai politici di Tirana e agli albanesi, così come agli altri stati dei Balcani, che è inaccettabile promuovere modifiche territoriali e discutere della revisione dei confini nella regione”. Mosca ha poi invitato i partner occidentali “a rispettare il diritto internazionale e il buon senso, ma non con i soliti doppi standard che usano d’abitudine”.

Elezioni alle porte

In generale, è irrealistico pensare che la dichiarazione di Rama sia nata in maniera del tutto scevra da collegamenti con le prossime elezioni politiche del 18 giugno. Il progetto di un’Unione Albania-Kosovo è infatti un cavallo di battaglia dei movimenti nazionalisti, ma potrebbe rivelarsi anche un’arma vincente per racimolare consensi. Volendo invece spezzare una lancia a favore del premier albanese si potrebbe sottolineare come, nella stessa intervista, abbia sottolineato anche, positivamente, i passi da gigante compiuti da Albania e Serbia, sia dal punto di vista economico-commerciale che dal punto di vista politico e diplomatico.

Ed è proprio da questi passi avanti che si dovrebbe partire, tralasciando le dichiarazioni incendiarie che non giovano a nessuno dei Paesi coinvolti. La marcia dei Paesi balcanici verso l’UE è lenta, difficile, ma non per questo impossibile. In quest’ottica, evitare dichiarazioni provocatorie spesso dettate da logiche di consenso ed esigenze politiche interne più che da reali prese di posizione, dovrebbe costituire un buon punto di partenza. Malgrado far leva sul nazionalismo, soprattutto in certe zone, si riveli ancora una strategia elettorale facile e redditizia.

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