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Bonino cresce e agita il Pd

Di Stefano Rizzi

La leader radicale piace alla gente che (si) piace, soprattutto a chi vuole votare centrosinistra ma non sopporta Renzi. Se +Europa supera il 3% “ruba” seggi ai democratici. L’endorsement della Fornero però rischia di far perdere consensi “popolari”

Nel Pd la paura non fa più 90, ma 3. Perché è proprio la soglia del 3% cui è data in costante avvicinamento la lista +Europa di Emma Bonino a far scattare l’allarme, seppur ovviamente non dichiarato, dello stato maggiore democrat in più di una regione, Piemonte compreso. Il superamento del quorum porterebbe la formazione della storica esponente radicale a incassare, a livello nazionale, dai 18 ai 19 parlamentari in più rispetto a quelli concordati con il Nazareno nella spartizione dei collegi sicuri.

Insomma, da alleato in grado di apportare un valore aggiunto, ma – nei piani di Matteo Renzi – da tenere a bada nell’ambito della forcella tra l’1% (percentuale sotto la quale i voti vanno persi) e appena sotto il 3, +Europa adesso cambia abito e si presenta con quello sgradito di chi potrebbe portare via seggi a un Partito Democratico che già deve mettere in conto di ridimensionare parecchio la sua presenza parlamentare. E segnali di una crescita in Piemonte, particolarmente a Torino ma non solo, ci sono. Talvolta anche eclatanti e per alcuni versi sorprendenti. Non è sfuggita, per esempio, la scelta dello storico e più stretto collaboratore di Sergio Chiamparino, il fidatissimo Carlo Bongiovanni, di utilizzare il simbolo della lista della Bonino come copertina della sua pagina facebook. Solo un gesto di simpatia quello di “Bongio” o qualcosa di più come lascia intendere il suo impegno diretto nel promuovere un aperitivo elettorale a sostegno della candidata radicale alla Camera nel collegio Torino 2 (Barriera di Milano) Silvja Manzi? Chi vuole leggere in controluce questo endorsement ricorda pure la più che calorosa accoglienza riservata dallo stesso Chiamparino alla Bonino in un recente incontro.

Il governatore, nei giorni passati, intervenendo al circolo Adelaide Aglietta aveva ribadito come “i problemi si risolvono con più Europa, non con meno Europa. Per questo abbiamo al nostro fianco la formazione che ha scelto come nome +Europa. E se il consenso per questo gruppo sta crescendo ne siamo ovviamente contenti” aggiungendo poi che “noi stiamo lavorando perché vinca la nostra coalizione”.

Coalizione in cui la presenza della lista “europeista” sostenuta a livello nazionale da un nutrito cartello di intellettuali e personalità, così come destinataria del non ininfluente sostegno del ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, nei piani del Nazareno declinati a livello territoriale sarebbe dovuta servire (anche) da ripiego per chi avrebbe difficoltà a votare il Pd per via di Renzi. Che tra il segretario e la storica leader radicale non ci sia quel ch si dice un feeling è cosa nota: quando Giorgio Napolitano cercò di convincere l’allora neopremier a riconfermarla alla Farnesina lui oppose un secco rifiuto. Ed Emma non tornò alla Farnesina. Lei del segretario dem, tra l’altro, ha detto: “Renzi non sarà mai un avversario, ma essere alleati non significa rinunciare alle nostre battaglie radicali, come sui migranti o lo Ius soli”.

La stessa impronta europeista è una carta che può valere tanto o poco a seconda di su quale tavolo la si giochi. Per non dire delle questioni legate all’economia e al lavoro, incominciando dal caso Embraco. Ma +Europa sembra comunque far breccia in una parte di elettorato progressista, attrezzato e riflessivo, che sotto la Mole pare poter annoverare anche una parte della vecchia intellighenzia che diede vita all’Alleanza per Torino di Valentino Castellani. Lui ha detto che voterà Pd (anche se si vanta di aver convertito alla causa radicale un nipote orientato a votare LeU), ma ambienti attorno a Luigi Brossa vengono dati molto attratti dall’idea. Poi rimane sempre la variabile della soluzione iniziale di un voto alla coalizione senza per questo dover votare il Pd di Renzi, con lo spettro che questo porti a oltrepassare la soglia del 3%. Voti, la Bonino, potrebbe eroderne anche in quella sinistra indecisa se andare verso LeU o restare nell’ambito della coalizione. Non è un caso che ieri, dalla Boldrini a Fratoianni, proprio la lista di Pietro Grasso abbia attaccato con un fuoco di fila l’ex ministro degli Esteri del Governo Letta: “Nel suo programma ci sono cose che con la sinistra non hanno nulla a che vedere. C’è scritto che le va bene la Buona scuola, è d’accordo con il Jobs act e la legge Fornero non si tocca”. E proprio Elsa Fornero, con la quale oggi gli esponenti radicali terranno un incontro a Torino, potrebbe fare quella differenza che lo stato maggiore democrat neppur troppo nascostamente auspica: l’ex ministro del Governo Monti con il fardello, spesso più pesante del dovuto, che si trascina dietro per una parte dell’elettorato non è certo quel che si dice il miglior testimonial. Stavolta anziché gli esodati, a preoccupare i democrat che guardano alla Bonino c’è un pericoloso esodo di voti./http://lospiffero.com

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