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La morte dolce di Marina Ripa di Meana…

Di Maria Antonietta Farina Coscioni, Il Dubbio

La morte dolce di Marina Ripa di Meana…#FalloSapere #FateloSapere

“Voce flebile, quasi un sospiro, un sibilo. Eppure, al tempo stesso, lucida, decisa, determinata. E quel “messaggio”, una sorta di testamento politico ed etico: “Fallo sapere, Fatelo sapere”.

Questo ha scelto, ha deciso di dirci, un anno fa Marina Ripa di Meana, prima di lasciarci: l’appello che ci ha affidato con Radio Radicale. Quale che sia il giudizio che si può dare sulle stravaganze, le bizzarrie, gli eccessi, le “follie” di Marina, indiscutibile personaggio del nostro tempo, è doveroso salutarla per come ha scelto di uscire di scena, per come ha saputo farlo: sente, “sa” che la fine è vicina. Ha pienamente vissuto la vita; dato e avuto tutto, percorso tutte le strade, le più impervie e strane. Soprattutto lo ha fatto a modo suo; e per questo probabilmente ha pochi rimpianti, ha affrontato e vinto sfide difficili e vinto pregiudizi e tabù… e lo ha fatto a modo suo: facendosi beffe del luogo comune e del pensiero “per bene”.
Lascia una grande lezione, lascia una grande responsabilità, riassunta il quel breve messaggio: “Fallo sapere, Fatelo sapere”.

In internet lo si trova facilmente: è un testo che ci ha affidato, prima di andarsene “altrove”. Un testo esemplare, che richiama tutti noi alle responsabilità che abbiamo, e di cui non ci si può liberare con una scrollata di spalle: il Governo, il Parlamento, i partiti, i politici, gli uomini e le donne di scienza e di cultura, chi fa informazione, e tutti.

Questa donna esuberante e piena di vita ci racconta quello che è accaduto a lei, ma accade ogni giorno a tantissime persone: “Dopo Natale le mie condizioni di salute sono precipitate. Il respiro, la parola, il mangiare, alzarmi: tutto, ormai, mi è difficile, mi procura dolore insopportabile: il tumore ormai si è impossessato del mio corpo. Ma non della mia mente, della mia coscienza”.

Marina Ripa di Meana poi racconta: “Ho chiamato Maria Antonietta Farina Coscioni, persona di cui mi fido e stimo per la sua storia personale, per comunicarle che il momento della fine è davvero giunto. Le ho chiesto di parlarle, lei è venuta. Le ho manifestato l`idea del suicidio assistito in Svizzera. Lei mi ha detto che potevo percorrere la via italiana delle cure palliatine con la sedazione profonda. Io che ho viaggiato con la mente e con il corpo per tutta la mia vita, non sapevo, non conoscevo questa via. Ora so che non devo andare in Svizzera. Vorrei dirlo a quanti pensano che per liberarsi per sempre dal male si sia costretti ad andare in Svizzera, come io credevo di dover fare”.

Qui c’è uno dei passaggi chiave del testo: “Non sapevo, non conoscevo questa via…”; che si può “percorrere la via italiana delle cure palliative con la sedazione profonda”.

E ancora: “Vorrei dirlo a quanti pensano che per liberarsi per sempre dal male si sia costretti ad andare in Svizzera”.

Marina Ripa di Meana lancia un messaggio preciso: “anche a casa propria, o in un ospedale, con un tumore, una persona deve sapere che può scegliere di tornare alla terra senza ulteriori e inutili sofferenze”. Infine, l’estremo, accorato appello: “Fallo sapere, fatelo sapere”.

Una invocazione, un richiamo perché si faccia sapere, conoscere. Quanti sono i sofferenti giunti allo stremo che sanno che è consentita, possibile, un’alternativa “dolce” al suicidio violento o al viaggio senza ritorno in Svizzera? Il ministero della Salute in altro appare impegnato, scarse e scarne le informazioni, nessuna campagna per garantire adeguata conoscenza; e i mezzi di comunicazione troppo spesso sono assenti, rinunciano a svolgere quel ruolo di informazione che dovrebbe essere elemento costitutivo della loro esistenza.

Con quel “Fallo sapere, fatelo sapere” Marina Ripa di Meana si è rivolta a tutti e a ciascuno di noi. Sappiamo, tutti, quello che andrebbe fatto. É un diritto, quello di sapere; un dovere, assicurare che lo sia.”

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