Home Approccio Italo Albanese L’ALTERNATIVA ALLE NOSTRE NUOVE LINEE MAGINOT: UN ESERCITO EUROPEO COMUNE

L’ALTERNATIVA ALLE NOSTRE NUOVE LINEE MAGINOT: UN ESERCITO EUROPEO COMUNE

Di Olivier Dupuis, gia europarlamentare

Inizieremo, senza svilupparle qui, dalle seguenti costatazioni:

1) La coesione dell’Unione è oggi gravemente minacciata in ragione di fattori interni ed esterni e dalle connessioni tra i primi e i secondi;

2) Più ancora che ricettacoli di inquietudini e di paure diverse, i movimenti sovranisti e nazionalisti rappresentano oggi la più importante minaccia interna in quanto costituiscono il veicolo di considerevoli forze di conservazione che se ne servono per salvaguardare le proprie rendite di posizione e i privilegi che sarebbero direttamente minacciati da potenziali ulteriori progressi nel processo di integrazione europea;

3) Fra le minacce esterne, il regime putiniano costituisce quella più grave e più immediata per alcuni Stati vicini dell’Unione, per alcuni Stati membri e per l’Unione in quanto tale;

4) L’aumento della potenza militare della Repubblica Popolare Cinese che si accompagna al proseguirsi della sua mutazione sistemica costituisce a medio termine una minaccia per l’Unione, anche sotto forma di possibili occupazioni sul modello sperimentato nell’arcipelago delle Spratleys, di territori dipendenti da uno Stato membro (un esempio tra altri: le isole Eparses);

5) L’instabilità di parti importanti delle regioni del Maghreb-Sahel e del Medio-Oriente richiederà delle risposte politiche forti dell’Unione;

6) La politica di soft power dell’Unione, per quanto importante sia, ha mostrato, in modo parossistico nel dossier siriano, i suoi limiti;

7) Non ci può essere una reale politica estera dell’Unione senza una politica di difesa comune, ossia una politica in grado di difendere, in ultima ratio, i valori e i principi sui quali si fondano l’Unione e i suoi Stati membri, ivi compresa quindi l’integrità delle persone che li portano e dei territori sui quali si dispiegano;

8) Come dimostrato da numerosi precedenti storici, l’affermazione nei Trattati dell’obbligo di mutua assistenza tra Stati membri dell’Unione (Art. 42 § 7 del Trattato sull’Unione europea[1]), senza reale incarnazione politica e militare comune costituisce una illusione pericolosa;

9) Non ci può essere una reale politica di difesa europea comune senza un comune strumento – un esercito europeo comune;

10) Con la Brexit, l’Unione europea perde l’unico oppositore dichiarato a qualsiasi ipotesi di costruzione di una difesa europea comune e, di conseguenza, di un esercito europeo comune.

Prima di affrontare gli scenari politici e giuridici di costruzione hic et nunc di un esercito europeo comune e comunitario, può essere utile, onde evitare di ricadere nei guai di iniziative passate che non hanno avuto alcun sostanziale seguito (UEO, Eurocorpo, brigata franco-tedesca, …), precisare le caratteristiche principali di un esercito europeo comune.

Le caratteristiche essenziali d’un esercito europeo comune

Analogamente alle altre istituzioni dell’Unione, l’esercito comune e comunitario è composto da ufficiali e da soldati che dipendono direttamente da queste. In altri termini, non si tratta di un esercito che raggruppa dei contingenti nazionali ma di un esercito composto di ufficiali e di soldati europei. Si tratta di una condizione indispensabile, in particolare, per evitare qualsiasi possibilità di pressione esterna su uno Stato membro o di pressione impropria di un Stato membro sull’insieme.

Anche se l’esercito europeo comune non sarà chiamato a riprodurre meccanicamente l’insieme delle missioni che gli eserciti nazionali dei Paesi membri devono assicurare, è imperativo, al fine di creare le condizioni di rispetto reciproco tra l’esercito comune e gli eserciti nazionali dei Paesi partecipanti, che il bilancio dell’esercito europeo sia dello stesso ordine di grandezza di quello degli eserciti nazionali più importanti dell’Unione (Germania, Francia, Italia, …). Nell’ipotesi di una cooperazione a 19 membri [2], e sulla base di un contributo degli Stati membri partecipanti pari al 0,3% del loro PIB, il bilancio annuo dell’esercito comune ammonterebbe a 30 miliardi di euro circa, una cifra dello stesso ordine dei bilanci della difesa della Germania, della Francia o dell’Italia [3].

L’integrazione nella Nato dell’esercito europeo comune non può lasciare spazio al minimo dubbio senza che ciò impedisca la definizione di un statuto ad hoc che rispecchi la sua particolare configurazione.

La costituzione dell’esercito comune dovrebbe anche rappresentare l’occasione e il mezzo per favorire la creazione di gruppi industriali europei dell’armamento, anche attraverso l’inserimento per l’acquisto di armamenti, di una clausola preferenziale a favore delle imprese effettivamente europee.

La concentrazione delle industrie degli armamenti nei «grandi» Paesi dell’Unione dovrebbe essere, compatibilmente con considerazioni di ordine strategico, controbilanciata dall’istallazione delle base militari dell’esercito comune nei «piccoli» Paesi partecipanti.

Tre scenari istituzionali che consentono l’istituzione d’un esercito europeo comune sono oggi possibili: uno scenario al di fuori dei Trattati e due scenari che si iscrivono nei Trattati senza richiedere una revisione preventiva di questo per essere attuati.

Un accordo fuori trattato di tipo Schengen

Come per l’Accordo di libera circolazione detto di Schengen proposto dai tre Paesi del Benelux alla Germania dell’Ovest e alla Francia nel 1985, uno o più fra i 27 Stati membri potrebbero proporre la conclusione di un accordo fuori dal trattato che abbia come finalità la creazione di un esercito comune europeo. A tale fine, oggi come allora, i firmatari di un tale accordo non potrebbero prevalersi delle istituzioni europee.

Spetterebbe a questi Stati volontari di mettersi d’accordo per stabilire l’insieme delle regole di funzionamento istituzionale e operativo dell’iniziativa comune. Oltre a questo carattere di estraneità rispetto alle istituzioni dell’Unione, un tale scenario patirebbe inoltre di un deficit di leggibilità presso i cittadini europei in un ambito dove la chiarezza è fondamentale. Ma, soprattutto, presterebbe il fianco a reazioni di diffidenza da parte degli Stati membri che non auspicassero di essere parte dell’accordo in quanto ne verrebbero completamente esclusi. Un argomento che, a contrario, potrebbe portarli a non contrastare un scenario istituzionale iscritto nel trattato.

Una Cooperazione Strutturata Permanente

A prima vista una Cooperazione Strutturata Permanente sembrerebbe la più idonea per attuare un’iniziativa quale la creazione ex nihilo di un esercito europeo comune e comunitario.

La Cooperazione Strutturata Permanente pone tuttavia due problemi rilevanti. Il primo è che essa non consente di coinvolgere gli Stati membri dell’Unione che decidessero deciso di non parteciparvi. Inoltre, le sue regole di funzionamento prevedono che tutte le decisioni diverse da quelle che riguardano l’entrata o l’uscita dal «club» siano prese all’unanimità (Art. 46 § 6 TUE [4]). Anche se il processo di costruzione dell’esercito comune può eventualmente accomodarsi di un funzionamento con questi presupposti, la gestione politica dell’esercito comune necessiterà inevitabilmente una procedura di voto a maggioranza. Questo limite che risulta dal trattato e che riguarda anche la cooperazione rafforzata potrebbe essere superato attraverso una revisione puntuale del trattato, revisione che potrebbe essere portata a termine durante la fase di costruzione dell’esercito comune.

Una Cooperazione rafforzata

Non c’è alcun dubbio che gli Stati desiderosi di dotarsi di un esercito comune debbano potersi avvalersi dello strumento della cooperazione rafforzata. Sono diversi gli elementi a sostegno di questa lettura del trattato. L’Art. 329 § 2 primo comma del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea [5] è specificatamente dedicato alle cooperazioni rafforzate nel campo della politica estera e di sicurezza. Il trattato specifica inoltre che la politica di difesa e di sicurezza è parte integrante della politica estera e di sicurezza (Art. 42 § 1 TUE [6]). Infine, come sottolineano François Xavier Priollaud e David Siritzky [7] «la ‘clausola passerella’ è applicabile nel quadro di queste cooperazioni, fatto salvo per le decisioni con implicazioni militari oppure nel campo della difesa [8]. Questa restrizione dimostra al contrario che le altre disposizioni applicabili alle cooperazioni rafforzate nel campo della PESC sono applicabili alla difesa.»

Se la Cooperazione rafforzata richiede una decisione unanime del Consiglio per essere attuata (Art. 329 § 2 secondo comma TFUE [9]), questa difficoltà può anche costituire un vantaggio in quanto la Cooperazione rafforzata consente, a differenza di un accordo fuori trattato o di una Cooperazione Strutturata Permanente, l’implicazione degli Stati membri non partecipanti. In effetti questi possono «partecipare alle deliberazioni» (Art. 20 § 3 TUE [10]). Si potrebbero in questo modo creare le basi per l’istaurazione di un rapporto di fiducia tra gli Stati partecipanti e gli Stati non partecipanti poiché questi ultimi sarebbero coinvolti in tutte le deliberazioni a eccezione delle procedure di voto. Sarebbero quindi non solo «al corrente», ma potrebbero addirittura difendere la propria posizione nei confronti di una piuttosto che di un’altra questione affrontata nel quadro della cooperazione rafforzata.

Come la Cooperazione Strutturata Permanente, anche la Cooperazione Rafforzata consente ad uno Stato membro che non vi partecipi inizialmente di diventarne membro in seguito.

L’astensione costruttiva

Alcuni Stati membri potrebbero, per delle ragioni molto diverse, non voler aderire a questa cooperazione rafforzata. Si può fare l’ipotesi di tre gruppi di Paesi che per vari motivi potrebbero non aderire: il primo comprende Finlandia, Svezia, Irlanda e Austria, il secondo è rappresentato dalla Danimarca (opting out in materia di difesa) e il terzo da Polonia, Ungheria e, forse, Repubblica ceca.

Tre vie di cui due iscritte nei Trattati consentono quindi ad un gruppo di Stati membri di creare ex nihilo un esercito europeo comune. Una di queste vie – la Cooperazione Rafforzata – consente l’implicazione dell’insieme degli Stati membri, ragione per la quale ci sembra la più opportuna. Due questioni rimangono aperte: da una parte quella dell’esistenza tutta da verificare da parte di un numero consistente di Stati membri di una volontà politica forte e, dall’altra, quella dell’esistenza di una giusta e opportuna valutazione politica da parte degli Stati membri che non volessero partecipare alla cooperazione rafforzata che li porterebbe a non contrastarla. Come lo prevedono i Trattati (Art. 238 § 4 TFUE [11]), tali Stati potrebbero ricorrere all’astensione costruttiva e consentire in questo modo alla Cooperazione rafforzata di essere istituita.

Le basi di un accordo a 27

Pur senza costituire una precondizione sospensiva all’attuazione della Cooperazione Rafforzata, l’Accordo globale tra Stati membri partecipanti e Stati membri non partecipanti dovrebbe, al fine di renderla più funzionale e più democratica (decisione alla maggioranza, maggiore chiarezza per quanto riguarda il ruolo del Presidente della Commissione e quello del PE, …), prevedere una revisione circoscritta dei Trattati che introduca:

– la responsabilità del Presidente della Commissione europea come capo dell’esercito comune;
– la figura di un commissario ad hoc responsabile dell’organizzazione dell’esercito comune, comprese le responsabilità di bilancio;
– la creazione in seno al Consiglio europeo di una formazione «Consiglio europeo di Sicurezza» abilitato ad autorizzare su proposta del Presidente della Commissione l’ingaggio dell’esercito comune, formazione alla quale parteciperebbero anche (senza diritto di voto) i capi di Stato e di Governo dei paesi non partecipanti alla cooperazione rafforzata;
– l’introduzione della procedura di codecisione (Consiglio e Parlamento europeo) per tutte le questioni relative all’organizzazione e al finanziamento dell’esercito comune;
– la soppressione dell’Art. 333 § 3 del TFUE al fine di consentire la partecipazione alla Cooperazione Rafforzata di nuovi membri su base di un voto a maggioranza dei membri già partecipanti;
– la modifica dell’Art. 331 § 2 ultimo alinea TFUE [12] al fine di consentire al Consiglio di decidere alla maggioranza qualificata.

Nella misura in cui si tratterebbe di modifiche volte ad adattare le disposizioni esistenti nei Trattati per renderle, nel solo campo delle cooperazioni rafforzate, più conformi allo spirito generale dei Trattati, i 27 potrebbero avvalersi della procedura di revisione ordinaria prevista all’Art. 48 § 3 secondo comma del TUE [13].

Una responsabilità comune

Sulla base delle posizioni politiche dei 27 membri dell’Unione europea, l’ipotesi di 18 o 19 Stati membri [14] suscettibili di partecipare a una tale Cooperazione Rafforzata non sembra irrealista. Fra questi, è evidente, il coinvolgimento di due Stati, la Germania e la Francia, è fondamentale. L’intransigenza del Regno-Unito rendeva finora l’idea stessa di una Cooperazione Rafforzata di questo tipo impraticabile. Venendo meno questo ostacolo, vorranno, potranno questi 18 o 19 Stati e la Germania e la Francia in particolare, prendersi le loro responsabilità? O al contrario daranno ragione a quelli che sostenevano che l’opposizione del Regno-Unito costituiva anche un comodo paravento alle reticenze di alcuni altri Stati?

Se molto dipende ovviamente da Parigi e Berlino, ciò non esonera comunque gli altri Stati membri dal prendersi le proprie responsabilità, compreso l’associarsi intorno ad una proposta comune. L’alternativa esiste. È quella del comodo conforto intellettuale delle nostre nuove lignes Maginot, reali o potenziali, ciascuno valuterà. Hanno oggi per nome «dissuasione nucleare», «articolo 5 del Trattato dell’Atlantico Nord», «articolo 42 § 7 del Trattato sull’Unione europea», …


Note al testo:

[1] Art. 42 § 7 TUE «Qualora uno Stato membro subisca un’aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso (…).»

[2] Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna.

[3] Germania: 37,0; Francia: 32,7; Italia: 20,2 (in miliardi di euro, dati 2017, Eurostat)

[4] Art. 46 § 6 TUE : « Le decisioni e le raccomandazioni del Consiglio prese nel quadro della cooperazione strutturata permanente, diverse da quelle previste ai paragrafi da 2 a 5, sono adottate all’unanimità. Ai fini del presente paragrafo l’unanimità è costituita dai voti dei soli rappresentanti degli Stati membri partecipanti.”»

[5] Art. 329 § 2 primo comma TFUE «La richiesta degli Stati membri che desiderano instaurare tra loro una cooperazione rafforzata nel quadro della politica estera e di sicurezza comune è presentata al Consiglio. Essa è trasmessa all’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che esprime un parere sulla coerenza della cooperazione rafforzata prevista con la politica estera e di sicurezza comune dell’Unione, e alla Commissione, che esprime un parere, in particolare, sulla coerenza della cooperazione rafforzata prevista con le altre politiche dell’Unione. Essa è inoltre trasmessa per conoscenza al Parlamento europeo.»

[6] Art. 42 § 1 TUE «La politica di sicurezza e di difesa comune costituisce parte integrante della politica estera e di sicurezza comune. (…) ».

[7] Le Traité de Lisbonne, texte et commentaire article par article des nouveaux traités européens (TUE – TFUE), François-Xavier Priollaud, David Siritzky, La documentation française, 2008, p. 395, la traduzione è nostra

[8] Art. 333 § 3 (clausola passerella) «I paragrafi 1 e 2 non si applicano alle decisioni che hanno implicazioni militari o che rientrano nel settore della difesa».

[9] Art. 329 § 2 secondo comma: «L’autorizzazione di procedere a una cooperazione rafforzata è concessa con una decisione del Consiglio, che delibera all’unanimità.»

[10] rt. 20 § 3 TUE: «Tutti i membri del Consiglio possono partecipare alle sue deliberazioni, ma solo i membri del Consiglio che rappresentano gli Stati membri partecipanti ad una cooperazione rafforzata prendono parte al voto. Le modalità di voto sono previste all’articolo 330 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.»

[11] Art. 238 § 4 TFUE «Le astensioni dei membri presenti o rappresentati non ostano all’adozione delle deliberazioni del Consiglio per le quali è richiesta l’unanimità.»

[12] Art. 331 § 2 ultimo comma TFUE: «Ai fini del presente paragrafo, il Consiglio statue all’unanimità e conformemente all’articolo 330.»

[13] Art. 48 § 3 secondo comma TUE: «Il Consiglio europeo può decidere a maggioranza semplice, previa approvazione del Parlamento europeo, di non convocare una convenzione qualora l’entità delle modifiche non lo giustifichi. In questo caso, il Consiglio europeo definisce il mandato per una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri.»

[14] Diverse prese di posizione dell’attuale governo italiano rendono difficile qualsiasi previsione su ciò che potrebbe essere la posizione attuale in merito di questo Paese fondatore.

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