Home Approccio Italo Albanese Albanese, donna, progressista. Dopo gli insulti, rilancia: “C’è un’Italia migliore”

Albanese, donna, progressista. Dopo gli insulti, rilancia: “C’è un’Italia migliore”


Geri Ballo, candidata per il Pd alle elezioni europee, aveva consigliato al ministro Salvini di passare meno tempo sui social. Su di lei si è subito riversata una valanga di offese

di Gabriele De Giorgi 

LECCE – Italiana, ma nata in Albania. Cresciuta in Piemonte, oggi candidata nella circoscrizione Sud alle elezioni europee. Geri Ballo, 34 anni, è in provincia di Lecce per una serie di incontri in vista del voto di domenica prossima. Di lei si è molto discusso, nei giorni scorsi perché è stata bersaglio di insulti per aver suggerito al ministro Salvini di pensare più al suo incarico che a stare sui social. Tra un appuntamento e l’altro, l’abbiamo incontrata in redazione.

Cosa ha significato quel linguaggio contro il tuo essere donna, il tuo essere di origine albanese?

“Significa che questa candidatura riguarda anche il mio percorso, la mia biografia, che certe volte è bene far vedere. Io voglio dimostrare che esiste un’altra Italia, quella che accoglie. Gli albanesi negli anni 90 diedero agli italiani un cambio di prospettiva, da paese di emigranti a paese di immigrazione: non fu certo semplice per gli italiani, non lo fu per chi arrivò, ma certo resta quella che oggi si può definire una buona pratica. L’Italia non è quella di Salvini, dell’odio, della paura”.

“Io sono cresciuta nell’Italia Settentrionale dove la Lega, dopo aver insultato i meridionali, è passata agli albanesi e a tutti gli altri. C’è una storia bella, quella in cui gli italoalbanesi formano una comunità molto integrata, con studenti, imprenditori, tanti cittadini che danno il loro contributo. Oltretutto ora la stessa Lega da qualche tempo porta ed esempio l’integrazione degli albanesi. Ma chi non ha memoria dimentica cosa si diceva degli albanesi venti anni fa. Il fatto che io abbia fatto quella battuta ha scoperchiato un livore che gli albanesi non percepivano da un po’ perché ci sono altri target, più deboli e senza diritti”.

Pochi giorni addietro il segretario Zingaretti ha detto che le ragioni del populismo vanno comprese, anche perché durante i governi di centrosinistra, pur scongiurando le conseguenze peggiori della crisi, non si è riusciti a contenere la forbice delle disuguaglianze. Come può il Pd tornare a essere un partito veramente riformista?

“Parto dall’esperienza di questo mese in cui sto attraversando il Mezzogiorno soprattutto per incontrare le comunità. Il nostro popolo è rimasto in gran parte deluso, si è allontanato e manifesta disaffezione anche perché non comprende i continui contrasti interni alla sinistra quando invece si percepisce chiaramente che c’è una deriva alla quale reagire. Nei territori, oltretutto, queste divisioni prendono la forma di contrapposizione di potentati locali, non c’è un conflitto tra contenuti, tra idee diverse ma solo contrapposizione di truppe. Per questo molte persone che pur condividono i nostri valori, si tengono alla larga dal Pd. Un lavoro serio da fare, dunque, è quello di ascoltare le persone e far capire che vogliamo davvero un centrosinistra unito che abbia come obiettivo arginare la destra e offrire una visione realmente alternativa”.

Com’è avvenuto il tuo incontro col Pd?

“Seguo il Pd con il desiderio di farlo diventare il partito dei miei sogni. Non ho mai avuto la tessera, ma durante il mio lavoro nel settore diplomatico presso l’ambasciata di Albania è stato un interlocutore naturale per tutta la questione della diaspora albanese: certamente il Pd ha compreso molto di più degli altri. Non tutto è andato per il meglio: per esempio, sono rimasta molto delusa per la mancata approvazione della legge sulla cittadinanza come moltissimi altri nuovi italiani ma anche come molti italiani autoctoni. Questa era una battaglia di tutti e il Pd avrebbe dovuto portarla fino in fondo. Almeno il governo fosse caduto su una questione così importante, su un tema che ci facesse sentire una comunità di valori”.

Perché hai deciso di buttarti nella mischia proprio in un momento così difficile?

“Poco più di un anno fa, dopo le elezioni politiche, un amico giornalista mi disse: “Il Pd è morto” e io ho sentito come una chiamata. Io penso che proprio perché il momento è difficile io debba dare il mio contributo con questa candidatura che ha a che fare col mio vissuto ma anche perché voglio impedire la deriva nazionalista. Credo molto nella possibilità di esporci in prima persona proprio quando la proposta politica non ci soddisfa, altrimenti è difficile dire che non ci piace chi ci rappresenta e allo stesso tempo restare a guardare. Se tutte le persone lodevoli e meritevoli che io conosco, che si tengono alla larga dalla politica, dessero invece un contributo, tutte insieme, nello stesso momento, cambierebbe invece moltissimo”.

È in ballo il concetto stesso di Europa unita, ma certo è che la crisi economica ha creato conseguenze dirette sulla qualità di vita dei cittadini. Cosa ti aspetti dal voto del 26 maggio?

“Mi aspetto un’Europa per l’Europa, un voto di consapevolezza della scelta europeista fatta tanti decenni fa e non un voto che non abbia altra prospettiva di quella dei muri. Certo è che l’Europa di oggi è molto lontana da quella che veniva sognata a Ventotene, da quella che è stata costruita dalle generazioni successive: si è data troppa importanza ai mercati, dimenticandosi dei diritti sociali. La sinistra ha dimenticato di fare la sinistra negli ultimi anni e di questo bisogna prendere coscienza”.“

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