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Lavorano e pagano i contributi: perché gli albanesi hanno diritto a una pensione in Italia


Lavorare una vita e non avere diritto a una pensione: È quanto accade a moltissimi immigrati albanesi che vivono in Italia, i quali, pur versando soldi alle casse dell’INPS, non ricevono la pensione perché i contributi versati in Albania e quelli versati in Italia non si possono sommare sotto nessun tipo di coefficiente di conversione. “Un’ingiustizia sociale” che danneggia anche i lavoratori italiani in Albania e che il Senatore Tommaso Nannicini vuole risolvere. I dati del resto parlano chiaro: i lavoratori immigrati ogni anno “regalano” miliardi all’INPS, ricevendo in cambio meno del dovuto in termini di pensioni o altre prestazioni sociali.

Lavorare una vita e non avere diritto a una pensione. È quanto accade alla stragrande maggioranza degli immigrati albanesi che vivono in Italia, i quali, pur versando soldi alle casse dell’INPS, non ricevono la pensione perché i contributi versati in Albania e quelli versati in Italia non si possono sommare sotto nessun tipo di coefficiente di conversione.

Di fatto, il cittadino perde i contributi sia in Albania, sia in Italia, perché mancano gli accordi. Un buco legislativo che stupisce visti i rapporti commerciali e l’amicizia che lega i due Paesi da decenni, anzi, secoli, da ben prima del fascismo. L’Italia ha stipulato convenzioni bilaterali in materia di sicurezza sociale che tutelano i diritti dei lavoratori stranieri provenienti da moltissimi Paesi extra Ue, Argentina, Canada, Tunisia, Israele, Turchia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia e Serbia, solo per citarne alcuni. Assente, l’Albania. Perché?

“Bella domanda”, risponde il Senatore Tommaso Nannicini raggiunto al telefono da Fanpage.it, “spero che l’emendamento che ho presentato al decreto ristori in Senato ponga la parola fine a questa storia di diritti negati, non è solo una battaglia per la comunità albanese, ma per la giustizia sociale del nostro sistema previdenziale”.

Più volte Nannicini ha affrontato il tema alla Camera, ma l’argomento non suscita interesse, forse perché di scarso appeal elettorale: assai più interessanti le strette di mano con il presidente albanese Edi Rama in momenti cruciali. E lo stesso vale a parti invertite: assai più interessanti i discorsi in favore di telecamera, come quello in occasione dei 30 medici e infermieri albanesi accorsi in Italia in piena crisi sanitaria, “fratelli, siamo fratelli e sorelle” si è detto. La verità è che ricevere contributi e non restituirli o restituirli in minima parte fa comodo a entrambi i Paesi, infatti da febbraio 2019, da quando cioè Nannicini ha impegnato con un Odg il precedente Governo all’attivazione di una Convenzione bilaterale con l’Albania, assai poco è stato fatto. Intanto si continua a “penalizzare gli immigrati di prima generazione, proprio coloro che si sono sacrificati per quella integrazione che permette oggi ai giovani italo-albanesi di essere così ben inseriti in Italia” commenta l’attivista di origini albanesi Geri Ballo, che ha rivolto premier Conte la petizione “La pensione è un diritto. Sosteniamo l’accordo Italia-Albania” raccogliendo già più di 10 mila adesioni. Del resto, sottolinea Ballo, “trovare un accordo bilaterale aiuterebbe anche le migliaia di italiani che sono lavoratori dipendenti in Albania e ugualmente subiscono quest’ingiustizia previdenziale”.

Quella di Nannicini è però una battaglia sociale senza campanilismi, perché, come ricorda lui stesso citando Filippo Turati, “le libertà sono tutte solidali, non ne offendi una senza offenderle tutte”, infatti ad aderire alla campagna di sensibilizzazione e a firmare la petizione non ci sono soltanto lavoratori albanesi e italiani, ma associazioni, sindacati, e personaggi pubblici come il regista Jesus Garces Lambert, lo scrittore Marco Omizzolo e il sindacalista Aboubakar Soumahoro.

Quanti sono gli albanesi e quanto valgono per le casse dello Stato

Secondo i dati raccolti nell’Idos 2019, l’annuale dossier statistico che la Fondazione Moressa prepara per Istat in materia di immigrazione, gli albanesi residenti in Italia al 1°gennaio 2019 risultano essere 441.027, l’8,4% del totale degli stranieri nel Paese. Di questi albanesi, 302.909 sono soggiornanti di lungo periodo e più di 200 mila hanno la cittadinanza italiana.

In quanti lavorano? È presto detto: facendo riferimento ai dati relativi al 2018, il tasso di occupazione supera la metà (lavora il 53,8% e solo gli imprenditori sono 44.687 vale a dire il 6,3% del totale degli stranieri in Italia). E ancora: i contribuenti nati in Albania sono 286.773, i redditi dichiarati sono 4 miliardi di euro, l’Irpef versata è pari a 435 milioni di euro, la media del reddito pro-capite è di 13.980 euro, e le rimesse sono 138.803 euro.

13,9 miliardi di “regalo” dai migranti agli italiani

Stando al report Caritas-Migrantes pubblicato nel 2019, in Italia nel 2018 il contributo dei migranti al PIL è stato di 139 miliardi di euro, pari al 9% del totale. I circa 2,3 milioni di contribuenti stranieri hanno dichiarato 27,4 miliardi di redditi, versando 13,9 miliardi di contributi e ricevendo in cambio, in termini di pensioni o altre prestazioni sociali, poco più di 3 miliardi. 

Ogni anno, quindi, a riprova del “potenziale economico dell’immigrazione”, gli immigrati “regalano” all’INPS miliardi. Un tesoretto forse destinato a ridimensionarsi: Se fino a un decennio fa l’aumento della popolazione straniera seguiva un ritmo significativo, da qualche anno il trend è in diminuzione (dal 2018 al 2019 appena 47 mila residenti e 2.500 titolari di permesso di soggiorno in più) e accompagnato da segnali ‘negativi’, come la diminuzione delle nascite (da 67.933 nel 2017 a 62.944 nel 2019) e le minori acquisizioni di cittadinanza (passate da 146 mila nel 2017 a 127 mila del 2019).

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