E’ un giornalista italiano, l’erede al trono del paese delle aquile, ed il punto di riferimento simbolico delle popolazioni albanesi
di Carlo Traggia di Baio, Affari Italiani.it
Loris Castriota Skanderbegh è conosciuto ed apprezzato, a Milano come in tutta Italia, come giornalista (occupandosi, da tanti anni, di cultura, sport e cronaca su giornali, radio e tv) e docente di giornalismo, come appassionato ricercatore storico e studioso di genealogia e araldica, oltre che volto noto della comunicazione in Puglia, essendo stato addetto stampa di due diversi sindaci di Foggia e di diverse associazioni culturali e squadre sportive. Pochi sanno che questo omone tutto di un pezzo, educatissimo e molto cordiale, ma anche molto schivo e riservato, è anche un vero principe, esattamente principe di Albania, con il trattamento di Altezza Serenissima, membro di diversi sodalizi nobiliari e vice presidente della associazione culturale internazionale Aristocrazia Europea, punto di riferimento delle istituzioni albanesi in Italia e delle comunità italiane di origine albanese, e rappresentante del mito fondante della nazione albanese.
D: Come “principe d’Albania” lei è molto seguito ed apprezzato sia dalla patria di origine che dalla numerosa comunità italiana di origine albanese. Come vive questa identità e doppia appartenenza?
D: Cosa ritiene debbano fare di più le istituzioni nazionali ed europee per tutelare le varie minoranze etnico linguistiche presenti in Italia?
D: Lei è un giornalista professionista, che giudizio dà sulla qualità e correttezza della informazione in Italia?
D: Si è anche occupato di turismo culturale ed enogastronomico, cosa bisognerebbe fare per sfruttare le potenzialità di questa ricchezza italiana?
R: L’Italia, sotto questo profilo, non avrebbe bisogno di troppi sforzi, dato che –senza tema di smentite- è il Paese che può vantare la migliore cucina al mondo e alcuni tra i migliori vini del pianeta. Al di là della capacità di promuovere questa offerta di altissima qualità, resta fondamentale curare l’accoglienza, la “cornice” delle località con queste vocazioni, le infrastrutture utili a portare alla meta i visitatori. Ci sono zone rurali dell’Italia del Centro-Sud che farebbero la gioia di ogni buongustaio alla ricerca di prodotti genuini e pregiati ma che sono collegate poco e male con i maggiori centri vicini: in questo modo, i grandi numeri che sono necessari a rendere proficuo il turismo enogastronomico restano solo un miraggio lontano.
D: Lei è appassionato studioso di storia, genealogia e araldica, ed anche vice presidente della associazione culturale internazionale Aristocrazia Europea. Cosa ne pensa del proliferare di tanti finti nobili e di ordini cavallereschi fasulli? E cosa vuol dire, per lei, essere nobili nel 2020?
R: É un fenomeno francamente squallido, che parte dalla brama di visibilità e di “promozione sociale”. A parte il fatto che resta discutibile ritenersi “socialmente promossi” se si vantano titoli nobiliari senza comportarsi di conseguenza, essere nobili non significa affatto ostentare presunte ricchezze o stereotipi che sono di solito abbinati all’aristocrazia: adottare una parlata cadenzata in maniera ridicola, usare termini desueti, trattare con spocchia il prossimo e vantare titoli che non si possiedono -come l’avvilente finta marchesa di tanti programmi trash italiani- è solo una farsa grottesca che può colpire gli ignoranti. Essere nobili significa comportarsi come tali, rispettare valori fondamentali per la convivenza civile come la solidarietà, l’altruismo, il rispetto, l’educazione, la capacità di sacrificarsi per ideali superiori. Per molti, si tratta di risibili reliquie di un passato lontano. Per chi non si ferma alla superficie dell’analisi, risultano le uniche isole di salvezza in un mare di relativismo e individualismo esasperato che sta minando alle fondamenta le società cosiddette “avanzate” contemporanee.
Quanto ai finti titoli e ai falsi ordini cavallereschi, distribuiti a piene mani –e, di solito, dietro lauto compenso- da truffatori che non hanno alcun diritto di conferirli, sono manifestazioni della diffusa ignoranza della storia delle famiglie e della legislazione nobiliare italiana, comunque abolita, per lo Stato italiano, dalla proclamazione della repubblica. Chi vuole la certezza di appartenere ad un casato storico italiano non può affidarsi ad un foglio di carta stampato in uno stand fieristico, ma deve riferirsi a pubblicazioni e ad istituzioni –come la stessa “Aristocrazia Europea”- che studiano in modo competente e documentato le genealogie e le vicende delle famiglie notabili. Non è una ricostruzione facile e comporta costi importanti per la necessità di svolgere ricerche negli archivi civili e religiosi di diversi territori. Tra l’altro, pagare non significa ottenere la certezza di avere antenati illustri: si deve essere disposti ad accettare anche i verdetti negativi. Bisogna essere orgogliosi del proprio retaggio familiare, non rinnegare il proprio cognome e le persone care che lo hanno portato per attribuirsene un altro senza averne diritto.
Finita l’intervista, il principe Loris ci ringrazia e saluta molto cordialmente. Da fonti certe, sappiamo che, dal centrodestra, gli sono state proposte sia candidature alle prossime elezioni politiche ed europee, che importanti incarichi istituzionali in materia di relazioni internazionali e commercio estero, ma lui, almeno per ora, preferisce continuare ad occuparsi di giornalismo, comunicazione e cultura./AffariItaliani.it