Home Approccio Italo Albanese Da Srebrenica all’Ucraina. E dopo? Di Roberto Spagnoli

Da Srebrenica all’Ucraina. E dopo? Di Roberto Spagnoli

L’11 luglio del 1995, le truppe serbo-bosniache al comando di Ratko Mladić conquistarono la cittadina della Bosnia che era stata dichiarata “area protetta” dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU e affidata ai Caschi blu. A Potočari, a pochi chilometri da Srebrenica, si trovavano migliaia di bosgnacchi (bosniaci musulmani) che dopo aver abbandonato i loro villaggi per sfuggire alla pulizia etnica avevano cercato rifugio nella base del contingente olandese delle truppe Onu. I militari, peraltro lasciati soli, invece di proteggerli, li consegnarono nelle mani di Mladic.

I maschi vennero separati dalle femmine, deportati, uccisi e sepolti in fosse comuni. I resti furono quindi spostati in altre fosse e poi in altre ancora per nascondere le prove e impedire il riconoscimento delle vittime. Secondo le cifre ufficiali i morti furono 8372 (ma altre stime danno cifre maggiori): tutti bosgnacchi, tutti maschi, adolescenti, giovani, adulti, anziani. A Srebrenica, alla metà di luglio del 1995, si consumò il peggiore crimine di guerra compiuto in Europa dalla fine del secondo conflitto mondiale: un’azione di sterminio che la giustizia internazionale ha definito come genocidio e per il quale Ratko Mladic, dopo anni e anni di latitanza dorata e protetta, venne infine arrestato, processato, giudicato colpevole e condannato all’ergastolo in primo grado dal Tribunale per l’ex Jugoslavia per genocidio e crimini contro l’umanità. Condanna poi confermata in appello.

Chi, fuori della Bosnia, in Italia e in Europa sa cosa è Srebrenica? Di fronte alla guerra scatenata da Putin contro l’Ucraina – dopo i conflitti in Cecenia e in Georgia e l’annessione illegale della Crimea – faremmo bene a non sottovalutare quanto accadde nei Balcani, nel cuore dell’Europa, tra il 1991 e il 1999. Le guerre jugoslave e i massacri che le segnarono non accaddero per caso. Quegli orrori erano cominciati prima, quando degli esseri umani erano stati stigmatizzati per la loro etnia o per la loro religione. Nel discorso pubblico, nella politica, sui giornali, in televisione erano stati disumanizzarli, indicati come diversi e inferiori.

Dalle parole si passò alle azioni deliberate per distruggere anche fisicamente coloro che venivano additati come altro da sé e perciò come nemici da eliminare. Il buco nero balcanico cominciò ad aprirsi all’indomani della morte di Tito, continuò ad allargarsi nel corso degli anni (anche per colpa di una Comunità Europea che costringeva la Jugoslavia nell’illusione nazionale) fino a spalancarsi del tutto sull’orrore delle pulizie etniche, degli stupri, delle deportazioni, dei massacri, degli interessi politico-mafiosi fioriti all’ombra dei conflitti. La fine sanguinosa della Jugoslavia (che avrebbe potuto essere impedita o spenta sul nascere) ha mostrato la debolezza delle democrazie europee, l’opportunismo delle loro classi politiche, l’inadeguatezza dell’intellighentsia (tranne poche voci, grandissime, ma inascoltate).

La rinascita dei nazionalismi, dei particolarismi, la demagogia del “prima i nostri”, la retorica della difesa “dei valori tradizionali”, avrebbero dovuto metterci in guardia sul futuro delle nostre società. Proprio noi europei dovremmo sapere (e volere) fare i conti fino in fondo con la nostra storia e imparare dal nostro passato. Da questo punto di vista le guerre jugoslave degli anni Novanta, i crimini che vi furono commessi e Srebrenica in particolare rappresentano una cartina di tornasole. Occorre comprendere in maniera autentica e profonda cosa è stato quel massacro e cosa sono stati quei conflitti. Il genocidio di Srebrenica ha un significato che va ben oltre i confini del territorio in cui è stato commesso e il conflitto all’interno del quale si è svolto.

Srebrenica è un monito: ci avverte che se accettiamo, dimentichiamo o facciamo finta di non vedere gli attacchi diretti contro determinati gruppi di persone, le nostre società forniranno terreno fertile per far crescere i semi dell’odio ed allevare le uova del serpente. Chi è Putin c’era chi lo aveva capito fin da subito e ha continuato a denunciarlo fino a pagare con la vita il proprio impegno. La Cecenia e la Georgia avrebbero dovuto rappresentare un allarme. L’annessione illegale della Crimea abbiamo lasciato che diventasse un punto di non ritorno. Adesso siamo alle prese con una guerra sanguinaria e genocida. Pensare che si possa concludere con la presa del Donbass da parte dei russi è solo un illusione.

Share: