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Albania: diplomazia in un mondo che corre

Protagonismo in campo europeo, sostegno al Kosovo, acquisto di droni militari dalla Turchia, tensione con la Gran Bretagna sulla questione migranti. La fine del 2022 ha visto l’Albania impegnata su vari fronti

Di –  Gjergji Kajana, Osservatorio Balcani

Dopo aver raggiunto – insieme alla Macedonia del Nord – l’apertura dei negoziati di adesione con la Bruxelles comunitaria, il 6 dicembre 2022 l’Albania ha segnato un altro punto a favore nelle relazioni con l’Unione europea: lo svolgimento a Tirana, per la prima volta in una capitale della regione, del summit UE – Balcani Occidentali. Il governo albanese ha indicato il vertice come uno dei punti più alti della storia diplomatica del paese e, nelle parole del primo ministro in una intervista a Euractiv  , l’ha definito un “messaggio” di punta della rinnovata ambizione dell’UE di prendere di petto l’allargamento in seguito all’accettazione a giugno delle candidature di adesione di Ucraina e Moldavia. 

La dichiarazione  finale del summit si è concentrata sull’impegno di adesione per i paesi dei Balcani occidentali, un pacchetto di sostegno per l’energia tramite l’allocazione dei fondi IPA III e l’invito ad essi ad allinearsi alle sanzioni contro la Russia per la guerra in Ucraina. L’Albania ha già adottato  le misure richieste nei confronti di Mosca.

Tramite Rama, prima del summit di Tirana, l’Albania aveva partecipato a Praga il 6 ottobre scorso all’incontro costitutivo della Comunità Politica Europea (CPE)  , piattaforma di coordinamento tra tutti i paesi del Vecchio Continente che include anche i paesi europei non membri UE. Parlando alla stampa albanese il primo ministro ha giudicato l’era geopolitica segnata dalla guerra in Ucraina come una “epoca di rischio”. Nella sua visione, dispiegata in un editoriale  scritto con l’omologo olandese Mark Rutte, la CPE dovrebbe essere il forum dove si cercherà il più grande raccordo possibile sugli importanti temi della sicurezza energetica, alimentare, climatica e dei commerci. Oltre alla necessità di partecipare in un nuovo organismo paneuropeo e avere voce in capitolo sulle sfide alla sicurezza continentale, una delle ragioni del sostegno albanese alla CPE va ricercata nel timore del paese di essere escluso nel futuro da piani di aiuto europei di fronte alle emergenze simili al Covid-19, durante la quale Tirana si rifornì  di vaccini di produzione cinese tramite la Turchia.

Sostegno al Kosovo sulla crisi delle barricate 

Di fronte all’aumento della tensione nel Kosovo del nord Tirana si è schierata con Pristina. Tramite un primo tweet il ministro per l’Europa e gli Affari Esteri Olta Xhaçka ha qualificato “un grappolo di noti criminali” gli erettori degli sbarramenti sorti nelle aree del nord del Kosovo a maggioranza serba, appellandosi alla Serbia a non giustificarli e affermando che “il gioco con il fuoco costituisce una pessima idea per il futuro dei nostri figli”. Dopo che l’omologo di Belgrado Ivica Dačić gli aveva risposto  affermando che Pristina non stava rispettando obblighi internazionalmente assunti verso la minoranza serba nel paese, il 28 dicembre il ministro ha richiamato al dialogo bilaterale i leader di Kosovo e Serbia sotto l’egida di USA e UE, ribadendo la contrarietà  di Tirana alla situazione di tensione.

Le tensioni nel Kosovo del nord, negli ultimi due anni diventate endemiche, sono il seguito dell’insistenza kosovara di interrompere i legami burocratici dei serbi dell’area con Belgrado, mirando a portarli ad accettare la piena sovranità di Pristina dentro la giovane repubblica a maggioranza albanese. La Serbia non riconosce l’indipendenza proclamata nel 2008 dal Kosovo e “de jure” tratta la minoranza serba dentro di essa come parte della propria cittadinanza, mentre l’Albania – oltre ad averla riconosciuta – sostiene Pristina nell’ottenimento di nuovi riconoscimenti internazionali dai membri ONU.

Il difficile allineamento tra Ankara ed Atene

Il 20 dicembre Tirana ha finalizzato l’acquisto dalla Turchia di tre droni Bayraktar TB2, da affiancare ad elicotteri per far aumentare la sua forza militare aerea. Edi Rama ha informato che gli aeromobili entreranno al momento in azione a fini di polizia e protezione civile, localizzando piantagioni di stupefacenti e incendi. I TB2 costituiscono un arma gioiello dell’arsenale bellico di Ankara, che mira nei Balcani di fornirli anche a Serbia, Kosovo e agli alleati Nato Romania e Bulgaria dopo averli venduti nel 2021 alla Polonia.

L’accordo ha innescato reazioni ad Atene, rivale regionale della Turchia nel Mediterraneo orientale e in costante dialogo con il Paese delle aquile per mettere in campo relazioni di buon vicinato, rese non semplici dalla definizione delle zone economiche esclusive nel Mar Jonio e dalla richiesta greca a Tirana di rispettare i diritti di proprietà della minoranza ellenica a Himara. Il 21 dicembre il ministro degli Esteri greco Nikos Dendias si è recato in l’Albania, dove ha lanciato  un monito contro il “revisionismo turco” nella regione e ha invitato Tirana a determinare dei “parametri” di politica estera conseguenti alla scelta di aderire all’UE. Grecia e Turchia si contendono la sovranità su alcune isole del Mar Egeo (controllate da Atene), delimitazioni  marittime intorno a Creta e l’importante ruolo di hub energetico nel Mediterraneo orientale.

Il caso migranti illegali in Gran Bretagna

Secondo i dati dell’Home Office (il dipartimento governativo degli affari interni britannici) nei primi 9 mesi del 2022 sono arrivati illegalmente in Gran Bretagna 11.241 migranti albanesi rispetto agli 800 dell’intero 2021. Le cifre si riferiscono all’approdo  di coloro che attraversano  il Canale della Manica dalla Francia, paese dove possono arrivare senza bisogno di ottenere visti d’ingresso e ritenuto dalla polizia britannica nuovo perno della presenza di trafficanti albanesi. Nel Regno Unito la maggior parte degli arrivati richiedono asilo ma molti diventano clandestini permeabili allo sfruttamento della criminalità organizzata o nel lavoro nero. A favorire la concessione dell’asilo per molti richiedenti è l’applicazione del Modern Slavery Act  , atto legislativo che agevola il suo ottenimento in caso di sfruttamento a fini di traffico.

Il problema degli attraversamenti illegali ha innescato un confronto tra i due governi quando, polemizzando in Parlamento con l’opposizione, il 31 ottobre 2022 il Segretario degli Interni del governo Sunak Suella Braverman ha affermato: “Se il Partito Laburista fosse al potere permetterebbe a tutti i criminali albanesi di approdare in questo paese, permetterebbe a tutte le piccole imbarcazioni di approdare nel Regno Unito, aprirebbe le nostre frontiere e minerebbe la fiducia del popolo britannico nel controllo della nostra sovranità”. Le parole del Segretario hanno provocato la risposta via Twitter di Edi Rama, che ha scritto: “Il 70% dei 140.000 degli albanesi che si sono trasferiti nel Regno Unito vivevano in Italia e Grecia. 1.200 di loro sono imprenditori. Gli albanesi nel Regno Unito lavorano duro e pagano le tasse”. Il premier ha definito un “fallimento” le politiche britanniche di contenimento dell’immigrazione illegale, dando il via alla presa di posizione contro le parole di Braverman di esponenti intellettuali albanesi in Gran Bretagna (come l’accademica Lea Ypi  ) e una protesta  in piazza della comunità dei migranti.

Dal 2021 è in vigore tra Regno Unito e Albania un accordo bilaterale per il rimpatrio di migranti albanesi che hanno commesso reati. Il 13 dicembre, tramite un comunicato congiunto  , i due governi hanno annunciato l’istituzione di un gruppo di lavoro sul contrasto all’immigrazione illegale e criminalità organizzata. Nella nota si afferma che accelererà il riaccompagnamento in Albania dei maggiorenni albanesi in Gran Bretagna identificati dalle rispettive legislazioni come vittime di traffico. “Nostri ufficiali delle forze di frontiera saranno presenti all’aeroporto di Tirana, per la prima volta, contribuiranno alla disgregazione del crimine organizzato e allo stop degli arrivi illegali” ha altresì annunciato in Parlamento il premier britannico Rishi Sunak.

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