Di Sonila Alushi
Ambientato in Sicilia, sotto una luce incredibile che solo l’isola possiede, tra stradine bianche, vociare di pescatori, silenzi dei palazzi di giustizia, questo romanzo basato su fatti realmente accaduti e su ricerche e interviste raccolte in 6 anni che Gaetano Pecoraro ha scritto in un anno, sotto forma di fiction, io ho letto in 1 giorno tutto d’un fiato.
Siciliano d’origine, per Gaetano, che di mafia si è occupato molto spesso nella sua carriera giornalistica, indagare riguardo a questa piaga italiana, “è una questione personale”. Nato è cresciuto a Palermo, una città dove durante la sua infanzia c’era il coprifuoco e veniva paragonata a Beirut, ricorda perfettamente dov’era quando è esplosa la bomba a Capaci. “Sentii il boato in cucina, e anche quando c’è stato l’attentato a Borsellino. Quei fatti hanno spezzato i nostri sogni e la nostra quotidianità: siamo cresciuti più in fretta. E per quanto mi riguarda hanno condizionato tutte le mie scelte.”
Una terra meravigliosa, la sua, crocevia di genti e culture, spesso teatro di orrendi fatti di sangue, ancora lacerata da ferite aperte.
Ma questo è un romanzo, una storia della Sicilia quanto dell’Italia e degli italiani. Di una Italia che a volte, non poche, sembra impotente di fronte alla mafia; abitata da uomini e donne in perenne contraddizione con ciò che è e che non dovrebbe essere e di ciò che non è e che dovrebbe essere; sfiduciati nel sistema giudiziario, giustizialisti, mediocri, ma anche giusti, retti, leali.
Uno di questi ultimi è il protagonista della storia, Mimmo Bosso, un magistrato che si era trasferito a studiare e lavorare al nord, ma che per uno strano colpo del destino, si trova a tornare nella propria terra per diventare un kamikaze che si getta a picco nella missione di Giovanni Falcone, IL GIUDICE. Un uomo che dedicherà la sua vita a questa ricerca per fermare il latitante numero 1 in Italia e tra i più pericolosi e ricercati del mondo, Matteo Messina Denaro.
Sicuramente questa è la storia di un fantasma che, dopo 30 anni di latitanza, quasi quasi eravamo arrivati al punto di non credere più della sua esistenza. L’uomo sanguinario come pochi, che sognava un paese sotto terrore e sotto torchio, pare avesse un tallone d’Achille che più volte lo aveva avvicinato alla cattura: la sua passione per le donne, i passi falsi per rimanere in contatto con le sue amanti, compromettevano anche la sua reputazione da leader autorevole e coerente. Quindi crudele e superficiale; disumano e ridicolo. Un mafioso che aveva cambiato le carte in tavola alla stessa organizzazione che aveva ereditato da suo padre Don Ciccio e Totò Riina, due tra i più feroci capi di Cosa Nostra.
Ma per me è anche e sopratutto la storia di un magistrato, che esiste davvero, il quale ha dedicato più di 10 anni della sua vita alla cattura di MMD facendogli terra bruciata spolpando la sua organizzazione pezzo dopo pezzo. Senza perdere di vista un fatto tanto impressionante quanto doloroso che, come scrive Gaetano, nel nostro Paese la mafia è “come una palla di fango messa dietro al ventilatore che non sporca tutto ma sporca dappertutto”, questa è la storia del magistrato Mimmo, ma anche del giornalista e autore Gaetano, due uomini che non cessano di cercare la verità.
Grazie Gaetano per il tuo coraggioso lavoro! Questa forma di racconto/informazione lo trovo il migliore dei modi per avvicinare le persone a capire di più sulla mafia la quale non è di certo solo una piaga del sud. Capisco il tuo senso di dovere verso la tua terra e so molto bene cosa significa crescere in fretta…
Lo sai che ti stimo molto, ma lo voglio ribadire.
Che questo romanzo/documento sia il primo di una lunga serie. Ad maiora semper!