Da Centro Studi La Runa
Negli ultimi anni, come conseguenza degli avvenimenti d’attualità sotto gli occhi di tutti, in Italia e nell’Europa occidentale in generale, si fa sovente riferimento ai periodi passati durante i quali i valori tradizionali europei sono stati maggiormente messi a repentaglio. Si menziona solitamente la battaglia di Poitiers (732), nella quale i Franchi con Carlo Martello sconfissero l’esercito arabo-berbero di al-Andalus; così come la battaglia di Lepanto (1571), tra la Lega Santa guidata da Don Giovanni d’Austria e la flotta ottomana guidata da Mehmet Alì Pascià. Più raramente, si ricorda la battaglia di Kulikovo (1380) nella quale i russi, capeggiati da Dmitrij Ivanovič di Russia, Granduca di Vladimir, sconfissero le forze tataro-mongole dell’Orda d’Oro, capeggiate da Mamaj, Orda che venne poi nuovamente sconfitta un secolo dopo nel fronteggiamento sul fiume Ugra (1480) da parte delle forze russe guidate da Ivan III di Mosca; o ancora, la battaglia di Vienna (1683) con la quale l’esercito polacco-austro-tedesco, in una novella Lega Santa, sotto la guida del re polacco Jan II Sobieski, pose fine all’assedio ottomano, e fu un momento determinante delle guerre austro-turche.
Vi furono tuttavia altri momenti della storia europea che furono non meno importanti e cruciali nella fermata dell’avanzare ottomano verso l’Europa occidentale, pensiamo all’assedio di Belgrado (1717) con la vittoria delle truppe del Principe Eugenio di Savoia, la guerra d’indipendenza greca (1821-1832) per finire con la guerra russo-turca (1877-1878) voluta dallo Zar Alessandro II. Ma vi furono anche sacche di resistenza localizzate nei Balcani: pensiamo ad esempio alla prima battaglia del Kosovo (1389), nella quale si affrontarono le forze cristiane guidate dal principe Lazar Hrebeljanović e quelle ottomane guidate dal Sultano Murad I, ed alla seconda battaglia del Kosovo (1448), dove si posero di fronte le truppe guidate dall’ungherese Hunyadi e quelle ottomane guidate da Murad II. È in questi anni che si erse, sempre nei Balcani e come figura anti-ottomana, quello che sarebbe poi divenuto l’eroe della storia albanese: Gjergj Kastrioti, detto Skanderbeg, dal nome Iskander (Alessandro) che i turchi ottomani gli diedero, paragonando probabilmente le sue doti militari a quelle del macedone Alessandro Magno.
In Albania l’avanzata ottomana nei Balcani di quegli anni dovette fermarsi già dal 1432, grazie all’intraprendenza di valorosi indipendentisti quali Andrea Thopia e successivamente Gjergj Arianiti, la cui figlia Donika diverrà poi la moglie di Skanderbeg. Fu in quel contesto che emerse la figura di Kastrioti, che Papa Callisto III definirà poi Atleta di Cristo e Difensore della Fede. Da ricordare, nell’attività di Kastrioti, è in particolare l’organizzazione da parte sua della Lega di Lezha (1444), città quest’ultima al tempo ancora veneziana, un’alleanza difensiva di principi albanesi formatasi per contrastare l’avanzata dell’Impero Ottomano nei Balcani. Fu nella battaglia di Torvioll (1444), vinta contro gli ottomani del generale Ali Pasha, e dopo aver Kastrioti servito lo stesso Impero Ottomano per vent’anni (1423-1443), che Skanderbeg si ribellò contro il dominio turco facendo emergere le sue doti di condottiero; fu quella una battaglia che anticipò altri successi nella resistenza albanese contro l’avanzare turco.
Questi successi crearono tuttavia, nel tempo, frizioni con Venezia, la quale sebbene avesse inizialmente supportato la stessa Lega di Lezha (Lezha era territorio veneziano), vide poi nei successi locali di Kastrioti un pericolo per il territorio della stessa Repubblica veneziana, il che portò allo scontro nella guerra albanese-veneziana (1447-1448) che terminò con un trattato di pace nel ’48. Fu solo dopo la caduta di Costantinopoli (1453), tuttavia, che le forze albanesi ebbero un qualche supporto finanziario da altre forze cristiane, nello specifico da Napoli, Venezia e dal papato.
Kastrioti nacque probabilmente nel 1405 in un luogo imprecisato nel Principato della nobile famiglia Kastrioti, Principato fondato nel 1389 dal padre del nostro condottiero, Gjon Kastrioti, e che durò fino al 1468, anno della morte di Skanderbeg. Tale territorio si estendeva in un’area compresa tra l’attuale Albania e l’attuale Repubblica di Macedonia.
Per oltre vent’anni, dal 1443 al 1468, le sue truppe composte da circa 15.000 uomini di etnia albanese ma composte anche da altri slavi, da greci e da valacchi, ottennero numerose vittorie in difesa della sovranità del territorio locale, contro le truppe ottomane. Nel 1451, come forma di protezione, riconobbe la sovranità del Regno di Napoli, nel Trattato di Gaeta con il Re Alfonso V d’Aragona, e tuttavia mantenne sempre una certa indipendenza; venne tuttavia in aiuto del Re Ferdinando d’Aragona, figlio di Alfonso V, quando ne chiese il supporto a causa della ribellione del principe di Taranto, Giovanni Antonio Orsini (1460-1462). Supportò anche Venezia nella guerra veneziano-ottomana (1463-79) fino alla sua morte nel 1468, e nel 1463 divenne comandante delle forze crociate di Papa Pio II fino alla morte di quest’ultimo l’anno successivo.
Ferdinando fu così riconoscente verso Skanderbeg che donò alla sua discendenza il castello di Trani, e le proprietà di Monte Sant’Angelo e San Giovanni Rotondo. La sua discendenza è tuttora presente in Italia, con il nome di Castriota Scanderbeg (1). Anche numerosi leader albanesi del tempo si rifugiarono nel Regno di Napoli, dopo la morte di Skanderbeg, così come molta gente comune che scappava dall’invasore ottomano, dando vita alle comunità albanesi del sud Italia degli Arbëreshë, a tutt’oggi presenti nel territorio italiano.
La figura di Skanderbeg è vista dagli albanesi come un’immagine che rappresenta non solo la difesa dei valori tradizionali europei, ma anche la compresenza in sé di una tolleranza religiosa essendo egli cresciuto in ambiente islamico, convertitosi al cattolicesimo nel 1443, ma con madre ortodossa e padre prima cattolico, poi ortodosso ed infine musulmano. La sua fu una resistenza della sovranità locale, e non certo una questione prettamente religiosa, e nell’Albania multiculturale odierna è rispettato tanto dai musulmani, la prima religione albanese, quanto dagli ortodossi, dai cattolici e dai non credenti.