Da Roberto Laera
Contrasto alle delocalizzazioni dei call center e regole che tengono il costo del lavoro fuori dal computo dell’offerta di gara. Nella notte è stato approvato l’emendamento al ddl Stabilità – norme in materia di localizzazione e svolgimento dei servizi dei call center – che rende operativa la legge 24 bis del 2012.
Si tratta dell’art. 24-bis del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 (convertito nella Legge 7 agosto 2012, n. 134) recante «Misure a sostegno della tutela dei dati personali, della sicurezza nazionale, della concorrenza e dell’occupazione nelle attività svolte da call center».
La norma persegue l’astratta finalità di tutela dei lavoratori dei call center e della concorrenza di settore (e addirittura mira a sostenere «la sicurezza nazionale»…) avverso il fenomeno sempre più frequente di delocalizzazione di servizi in Paesi esteri che consente alle imprese un risparmio di costi, introducendo vincoli organizzativi, operativi e gestionali a carico delle aziende che impiegano call center che abbiano almeno venti dipendenti e siano localizzati all’estero.
L’articolo 35 bis stabilisce che “qualora un operatore economico decida di localizzare, anche mediante affidamento a terzi, l’attività di call center fuori dal territorio nazionale in un Paese che non sia membro dell’Unione europea, deve darne comunicazione, almeno trenta giorni prima del trasferimento al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonché all’ispettorato nazionale del Lavoro, al Ministero dello sviluppo economico, indicando le numerazioni telefoniche messe a disposizione del pubblico ed utilizzate per i suddetti servizi delocalizzati e al Garante per la protezione dei dati personali”.
In attesa di procedere alla ridefinizione del sistema degli incentivi all’occupazione nei settore dei call center, qualunque tipologia di beneficio, anche fiscale o previdenziale non può essere erogato ad operatori economici che, prima dell’entrata in vigore delle nuove norme, abbiano delocalizzato in Paesi extra-Ue.
Ma bisogna tenere conto che le aziende in generale e di call centre in particolare che delocalizzano, lo fanno costituendo un newco, cioè, ex novo una società estera che poi fornirà il servizio a quella italiana, senza che vi sia alcuna implicazione tra le due.
Inoltre quando un cittadino effettua una chiamata ad un call center deve essere informato preliminarmente sul Paese in cui l’operatore con cui parla è fisicamente collocato e, in caso della localizzazione dell’operatore in un Paese che non sia membro dell’Unione europea, della possibilità di richiedere che il servizio sia reso tramite un operatore collocato nel territorio nazionale o dell’Unione europea.
Questo già avviene e comunque non sarà un ostacolo per i call centre presenti all’estero in quanto tutti noi sappiamo e percepiamo che le telefonate ricevute o inviate verso il servizio clienti, anche di grandi compagnie, valicano i confini nazionali.
La omessa o tardiva comunicazione delle localizzazione extra-Ue delle attività è punita con una multa pari a 150mila euro per ogni comunicazione omessa o tardiva.
Come anticipato per il primo punto, questa eventualità è e sarà superata, con la costituzione di una società di diritto estero.
Il comma 10 invece mira a contrastare il fenomeno delle gare al massimo ribasso. Si stabilisce infatti che per le amministrazioni aggiudicatrici e gli enti aggiudicatori che procedono ad affidamenti di servizi ad operatori di call center l’offerta migliore sia determinata al netto delle spese relative al costo del personale.
Questa, a mio modesto parere, è l’unica norma degna di nota e che riporta il rispetto del compenso del lavoratore ai livelli stabiliti per legge, equi ed etici.
Oltretutto risolve il paradosso che ha visto gare bandite da amministrazioni pubbliche o dallo stesso governo, al ribasso, che andavano al di sotto del costo del lavoro, stabilito dal Governo stesso e dai contratti di lavoro.
La misura non è sicuramente esaustiva dei problemi del settore ma comunque un punto di partenza chiaro. Contrastare le gare al ribasso sotto i minimi contrattuali e dare ai tanti lavoratori dei Call center un minimo di certezza sul proprio futuro occupazionale.
Questo è possibile se come in questo caso i lavoratori, il Governo e le Istituzioni tutte lavorano per gli interessi dei cittadini.
PS: Questo articolo e’ stato pubblicato come replica all’articolo: Il parlamento italiano approva la legge contro i Call Center fuori dell’unione Europea a rischio il settore in Albania.