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Clima teso tra Serbia e Kosovo per arresto ex comandante Uck

Di nuovo clima teso tra Serbia e Kosovo, dopo l’arresto, pochi giorni fa, di Ramush Haradìnaj, ex premier di Pristina nonché ex comandante dell’Uck, l’Esercito di Liberazione del Kosovo.

L’uomo è stato arrestato in Francia su mandato di cattura internazionale emesso dalla Serbia anni fa, con l’accusa di omicidio e di crimini di guerra commessi durante il conflitto del 1998-1999.

Haradinaj, oggi leader del partito di opposizione Alleanza per il Futuro del Kosovo, è stato processato e prosciolto due volte dal Tribunale Penale Internazionale per l’Ex Jugoslavia. La sua cattura rischia di aggravare le già forti tensioni tra Pristina e Belgrado.

Francesca Sabatinelli di Radio Vaticana ha intervistato Francesco Martino, esperto dell’area di Osservatorio Balcani e Caucaso.

R. – Difficile capire come possa evolvere la situazione: ricordiamo che Haradìnaj era già stato arrestato una volta nel 2015 in Slovenia, per poi essere liberato. L’arresto è arrivato in seguito a una richiesta della procura serba che, appunto, accusa Ramush Haradìnaj di crimini contro l’umanità: almeno 63 omicidi. Un’accusa che risale al 2004, quindi diciamo che sono accuse abbastanza vecchie, per così dire; nel frattempo, Haradìnaj è stato giudicato non una ma due volte dal Tribunale internazionale per l’ex Jugoslavia, venendo assolto entrambe le volte. Ricordiamo, però, che è stata un’assoluzione che ha fatto molto discutere. Haradìnaj è l’unico degli accusati al Tribunale dell’Aja che è stato giudicato due volte, visto che la prima volta c’erano stati grossi dubbi sulla regolarità del processo: moltissimi testimoni erano stati intimiditi e quindi la prima sentenza è stata ricusata dallo stesso Tribunale.

D. – Questo che cosa significa? Che a oggi ci sono ancora dei dubbi sulla possibile innocenza di Haradìnaj?

R. – Ma … dubbi … sicuramente per la procura serba ci sono dubbi molto pesanti; per quanto riguarda il Tribunale dell’Aja – ripetiamo – ci sono state due assoluzioni piene alla fine di tutto il percorso giuridico. Per la Serbia, però, questo vale poco: per la Serbia, Haradìnaj – che prima di entrare in politica era stato uno dei leader militari dell’Uck – avrebbe commesso gravissimi crimini di guerra, crimini contro l’umanità e proprio per tali crimini è stato spiccato questo mandato di cattura internazionale a cui le autorità francesi hanno deciso di rispondere.

D. – Il ministero degli Esteri di Pristina ha definito inaccettabile la vicenda, che fa pensare comunque a come le tensioni covino sempre sotto le ceneri, e neanche tanto sotto. Questo è soltanto uno dei tanti aspetti che lo mette in luce. La situazione nei rapporti tra Kosovo e Serbia, qual è?

R. – Sono due Paesi che continuano a essere indissolubilmente legati, anche – ad esempio – per l’aspetto dell’avvicinamento all’Unione Europea, che rimane oggi uno degli obiettivi fissati da entrambe le leadership. La Serbia è stata vincolata – per quanto riguarda la possibilità di entrare nell’Ue – alla sua capacità di risolvere i suoi rapporti con il Kosovo che per la Serbia continua a essere una sua provincia, anche se ha dichiarato l’indipendenza nel 2008. Lo stesso vale per il Kosovo. Sono quindi due Paesi impegnati in un difficile processo di normalizzazione dei rapporti, che ha raggiunto il culmine nel 2013 con la firma di importanti accordi a Bruxelles; però questo processo è ancora in corso, in divenire, lontano da una soluzione. Non si è ancora capito se l’Unione Europea pretenderà dalla Serbia il riconoscimento del Kosovo per potere entrare nella famiglia dell’Unione Europea, oppure se si troverà una strada terza. Al momento questo non è chiaro, però sicuramente si chiedono sforzi importanti a entrambe le parti per poter normalizzare i rapporti reciproci.

D. – E’ stato lanciato recentemente per l’Albania l’allarme sulle tante bandiere dell’Is che vengono esposte in diversi villaggi; in Kosovo, la situazione com’è?

R. – In Kosovo sono sicuramente alcune centinaia le persone, soprattutto giovani, che sono partite per il Medio Oriente per combattere nelle fila dello Stato islamico e di altre organizzazioni, di altri gruppi armati attivi soprattutto in Siria e in Iraq. Quindi è evidente un processo di radicalizzazione, forse in qualche modo iperesposto nei media, ma che comunque c’è e che desta preoccupazione e che molto spesso viene legato, da chi osserva quest’area, al permanere di una situazione sociale ed economica estremamente penalizzante, soprattutto per i tanti giovani. Quindi, mentre l’indipendenza del Kosovo ha almeno parzialmente risolto il problema politico dei rapporti tra Serbia e Kosovo, non ha però risolto minimamente la questione sociale ed economica: c’è tantissima povertà, tantissima disoccupazione, sicuramente terreno fertile per fenomeni quali la radicalizzazione islamica./Radio Vaticana

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