Data la sua posizione geografica Baku, più di Astana o Ankara o Istanbul, può giocare un ruolo chiave nel processo di integrazione eurasiatica attraverso la via turcica e, pertanto, la collaborazione tra i popoli turchi.
di Lorenzo Trufolo*
Dal collasso della superpotenza comunista e, conseguentemente, dall’indipendenza delle repubbliche che ne erano membri, nei Paesi post-sovietici è in atto un processo di importante crescita economica nonché di risveglio culturale soprattutto nella cosiddetta area turcica, comprendente i seguenti Stati: Azerbaijan, Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan e Kirghizistan. Questo forte sviluppo economico è stato sugellato con la nascita, nel 2009, del Consiglio Turco di cui fanno parte sia la Turchia, partner che detiene la leadership economica, sia tutte le repubbliche citate, eccetto i governi di Tashkent e Ashgabat, possibili partner futuri. Tale organizzazione internazionale si pone innanzitutto l’ambizioso obiettivo, siglato nel Nakhchivan Agreement, di unire i popoli turcofoni attraverso una forte collaborazione in materia economico-politica al fine di: attuare strategie di sviluppo condivise, raggiungere un elevato livello di benessere economico, trovare soluzioni uniche ai problemi comuni, tra cui il terrorismo jihadista. Progetto chiave insieme alla SCO e alla UEE per la creazione di un imponente e dinamico spazio economico eurasiatico, il Turk Shurasi è inoltre fondamentale per la costruzione della stessa Eurasia che, inevitabilmente, prescinde dai popoli turcofoni (140 milioni di individui) e dalla loro coesione, agognata in primis dall’Azerbaijan ma anche da altri Paesi nelle cui società l’influenza panturchista è ancora molto forte e sentita. Sogno, quello di unire tutti i turchi sotto il vessillo della mezzaluna e della stella, in continuo crescendo fin dal crollo della dittatura sovietica e che viene custodito al giorno d’oggi soprattutto da Baku. Se la Turchia, per via della sua forza economica e militare, rappresenta l’azionista di maggioranza in questo contesto e il Kazakistan, invece, è il secondo per ricchezza nazionale non bisogna scordarsi dell’Azerbaijan che, seppur economicamente meno forte degli altri due per ovvi motivi geografici, può giocare un ruolo chiave in questo processo data la notevole ricchezza di materie prime, il rapido e impetuoso sviluppo economico avuto in questi anni, la stabilità politica di cui gode e la favorevolissima posizione geografica, che permette alla Repubblica Azera di essere allo stesso tempo: punto cruciale della rotta iraniano-russa, parte del cosiddetto “grande corridoio Nord-Sud” da New Delhi a Mosca, uno dei cuori economici eurasiatici; testa di ponte per il ricchissimo e strategico Heartland eurasiatico attraverso il Mar Caspio, su cui la splendida Baku si affaccia e spicca sugli altri hub grazie al suo porto moderno di Alyat; attore di primo piano della regione caucasica nel settore energetico per via delle ingenti risorse di cui dispone e, grazie alla presenza del gasdotto Baku-Tbilisi-Ceyhan, poi TANAP e infine TAP (da notare anche la vocazione europea che l’Azerbaijan detiene, grazie all’esportazione di gas); crocevia naturale della ferrovia Baku-Tbilisi-Kars, collegamento fondamentale che permette di ridurre drasticamente i tempi di trasporto sia dalla Cina orientale all’Europa che dall’India al continente europeo stesso e potenziare notevolmente la rete infrastrutturale ed economica eurasiatica.
Come già affermato, è possibile costruire concretamente l’Eurasia se e solo se c’è una comunità di intenti tra i popoli turcofoni, che popolano prevalentemente l’Heartland della placca eurasiatica, cuore energetico di questo grande spazio politico-economico per la quantità enorme di materie prime, in primis il gas, da vendere agli industrializzati Ovest-europeo ed Est-cinese. Snodo strategico di questa comunità sovranazionale, quella turcofona, e dell’integrazione economica eurasiatica è la stessa Baku, grazie alla sua posizione geografica favorevolissima lungo l’OBOR, che mette in comunicazione tutto lo spazio turcico, da Istanbul passando per Tbilisi (importantissimo partner regionale, ma non turco) fino a Turkmenbashi giungendo infine a Urumqi e Karamay, nel Turkestan cinese, in pieno sviluppo grazie sia allo sfruttamento dei giacimenti di petrolio, minerali e gas sia ai finanziamenti di Pechino data la posizione strategica che la regione autonoma ricopre lungo il gasdotto che dal Kazakistan giunge fino alla Cina occidentale, quindi Shanghai. Essendo perciò un porto sul Mar Caspio, cerniera tra l’Europa e l’Asia, è possibile capire quanto Baku possa giocare un key role nel processo d’integrazione eurasiatica più delle altre alleate-concorrenti Turkmenbashi, Aqtau e Atyrau, attraverso ovviamente la fondamentale via turcica.
Posizione di netto predominio quando si parla ovviamente di geopolitica del gas, nella quale la stessa capitale azera si trova metaforicamente in mezzo a due fuochi, ovvero tra l’Unione Europea, che allo stesso tempo è un grande acquirente di gas ma cerca di essere meno dipendente dai soliti attori energetici (Russia e Norvegia, extra UE), e il cuore dell’Asia, ricchissimo di gas e bisognoso di venderlo per continuare la crescita economica impetuosa iniziata da ormai più di due decenni (in primis il Kazakistan, con il Turkmenistan e l’Uzbekistan sullo sfondo). In tal caso, laddove Ankara stringe rapporti economici sempre più forti con Astana comprando gas kazako, grazie allo stesso Azerbaijan riesce a importarlo, attraverso il Baku-Tbilisi-Erzurum-Ceyhan corridor (BTC pipeline), aggirando così la Russia, potenza capace di rompere il sogno turco (nemmeno tanto proibito) di grandissimo hub energetico. Kazakistan, Azerbaijan e Turchia sono i protagonisti del Great Game. E tutti, ovviamente, turcofoni.
Ultimo progetto, ancora in fase di studio però, in cui Baku e l’Azerbaijan potrebbero avere un ruolo di primo piano è quello del Trans-Caspian pipeline, condotta sottomarina che parte da Turkmenbashi e giunge al Terminal Sangachal, proprio sulla costa azera, per poi dirigersi verso la Russia (Makhackhala) e la Georgia (Tbilisi), poi Turchia. Esportatore di gas sarebbe ovviamente il Turkmenistan insieme al Kazakistan, col giacimento onshore di Tengiz che vi confluisce, e Ashgabat si ritroverebbe a vendere gas sia ad Ankara che a Bruxelles, sempre in cerca di vie alternative a quella russa, tagliata fuori come quella iraniana. Baku, in questo caso, non ricoprirebbe il ruolo di produttore e venditore energetico bensì come POC verso la Turchia e, infine, l’UE, che considera tale gasdotto come parte del grande progetto Southern Gas Corridor, vitale per il fabbisogno energetico del Vecchio Continente. Il progetto è ancora in alto mare per i seguenti motivi: in primis Mosca e Teheran, palesemente estromessi, considerano questo progetto relativamente inammissibile per l’inquinamento che potrebbe apportare al Mar Caspio e illegale in virtù di un trattato firmato in epoca sovietica secondo il quale, per approvare questi, occorre il consenso di tutti gli Stati che si affacciano sul mare che, ovviamente, Teheran non concede se non coinvolta; in secundis ci sono diverse dispute tra Azerbaijan e Turkmenistan riguardo la sovranità delle acque nel mare e, di conseguenza, dei giacimenti offshore, che bloccano ulteriormente l’inizio dei lavori.
Il gasdotto, dunque, è per ora bloccato e quindi non arriva gas da Turkmenbashi ma, qualora dovesse sbloccarsi, Baku sarà pronta a giocare un ruolo fondamentale e contribuire, ancora una volta, a portare avanti il processo di integrazione economica eurasiatica lungo la via turcica, vitale come quella slava per la costruzione dell’Eurasia. Concludendo, per le leggi della geopolitica, geopolitica del gas in questo caso, è possibile ammettere che l’Azerbaijan è destinato a diventare un attore geopolitico e geostrategico di primo piano nella prospettiva eurasiatica e che, quindi, va osservato attentamente e tenuto in grande considerazione, anche per gli equilibri politico-energetici europei e per i rapporti politico-diplomatici che l’UE intrattiene sia con Mosca che con Ankara.
* Studente presso Liceo Classico Adone Zoli di Atri (TE) e Political Analyst dell’Associazione “Amici Dell’Azerbaijan Centro Sud Italia”