Nga Carloalberto Rossi,
Secondo voci affidabili, l’ex premier Berisha, a Budapest per una visita privata ad un suo vecchio amico, il premier magiaro Orban (e che sta per assumere la presidenza di turno della UE), avrebbe rivelato che la strategia del PD prevederebbe una coalizione di governo solo con il partito che accettera’ un premier del Partito Democratico, cosa che renderebbe piu’ probabile una coalizione con l’LSI che non una con il PS, perche’ in tal caso sarebbe necessario convincere Rama a rinunciare al suo posto di capo dell’esecutivo per salvare la rappresentanza di governo del Partito Socialista.
Le voci e le speculazioni create dall’accordo Rama-Basha, e la possibilita’, data per certa da alcuni analisti come Mustafa Nano e Armand Shkullaku, che l’accordo comprenda una coalizione di governo PS – PD, stanno creando molto sconcerto nell’elettorato albanese.
Al pensiero di una coalizione PS – PD, gli elettori di entrambi i partiti principali sembrano attualmente molto confusi e irritati.
Dopo un quarto di secolo passato a criminalizzare l’avversario e a vivere una militanza armata contro il nemico politico, considerando ogni elezione come una battaglia finale per la liberta’, oggi l’elettorato socialista scopre che se votera’ per Rama mandera’ al governo anche l’odiato nemico Basha, mentre quello democratico scopre che se votera’ per Basha favorira’ l’odiato nemico Rama.
Questo rischia di essere la causa di una grande astensione o di impredibili travasi di voti ai partiti non coivolti nell’accordo, ma anche di una lacerazione politica all’interno dei partiti principali che potrebbe creare danni difficili da sanare.
Forse per questo Berisha, politico vecchio stile ma di grande esperienza, avrebbe cominciato a far filtrare la voce che qualsiasi accordo di governo sarebbe accettabile dal PD solo con un primo ministro del PD.
L’ipotesi della grande coalizione PS – PD, che in Italia si potrebbe chiamare “l’inciucio”, rimane al centro delle discussioni degli analisti, costituendo il criterio principale di valutazione della situazione e della campagna elettorale.
Il tentativo di realizzare una simile coalizione “contro natura” in Albania corrisponde agli stumenti normalmente messi in campo ovunque per risolvere le crisi piu’ gravi, quelle che comportano un elevato consenso politico nella presa delle decisioni e una elevata capacita’ da parte degli attori politici di resistere alle richieste della loro base, come lo stato di guerra o d’emergenza, le grandi crisi finanziarie, e cosi’ via, ma le recenti esperienze greca ed italiana, sia pure con qualche defezione e qualche asimmetria, dimostrano ancora una volta che le ricette che funzionano in mondi anglosassoni non sempre funzionano bene nei mondi mediterranei o in quelli balcanici.
In sostanza il rischio vero delle grandi coalizioni in paesi dove la politica e’ clientelare e clanica e’ che, invece di garantire forza al governo per realizzare obiettivi straodinari nell’interesse generale del paese, il fatto di dover accontentare tutti genera, al contrario, sia un aumento delle difficolta’ decisionali, che un clamoroso aumento della spesa pubblica.
Nel caso specifico dell’Albania i motivi dell’interesse nazionale sono riconoscibili solo nella riforma della giustizia e nella lotta alla droga, mentre l’apertura dei negoziati con l’Unione Europea, vista la generale situazione politica dell’Europa, sembrerebbe un misero pretesto demagogico. Ma la riforma della giustizia e’ gia’ stata approvata anche nei suoi dettagli piu’ piccoli, e un governo di grande coalizione finirebbe, all’opposto, per “coalizzare” tutti i partiti politici a difesa della categoria, e lo stesso avverrebbe con la lotta alla droga, visto che ognuno dei “coalizzati”, sia pure con differenti intensita’ e coinvolgimenti, avrebbe un suo passato da difendere, e non potendo usare l’azione contro la droga per acquisire un merito politico a spese della controparte, in fondo avrebbe convenienza a rinunciare ad una azione veramente incisiva e profonda.
All’opposto delle attese degli internazionali, una grande coalizione in Albania non sembra in grado di ottenere il risultato atteso in termini di miglioramento degli standard sociali e di rule of law, ma solo quello di ridurre la conflittualita’ politica interna, o piu’ semplicemente quello di cancellare il dibattito politico, ma al costo inevitabile di allargare il numero dei “beneficiari” della spesa pubblica, con una conseguente crescita della tassazione o del debito.
Nemmeno il presunto obiettivo di riportare la dialettica politica e il sistema parlamentare albanese al modello bipolare o addirittura bipartitico, con il tentativo di rendere impraticabile la vita parlamentare ai partiti piccoli, scongiurando la nascita dei nuovi e la loro crescita, sembra giustificare il ricorso alla grande coalizione, e tantomeno sembra che la grande coalizione possa ottenere questo risultato, a meno di non allontanare definitivamente i cittadini dalla politica.
Quello di dare la colpa degli insuccessi politici ai cittadini che non saprebbero votare, e’ un tipico comportamento dei politici mediocri e presuntuosi, ed e’ spesso la manifestazione della radice culturale delle dittature.