Parla un uomo nato in Albania ma in Italia da quando aveva tre anni: “Casa mia è qui, dove ho gli affetti”
ROMA. “Mi sento tradito, soprattutto pensando che al governo c’è la sinistra, c’è il mio partito”. Bruno Leka ha 20 anni ed è tra i fondatori del movimento “Italiani senza cittadinanza”. È arrivato nel nostro Paese con la madre albanese, quando ne aveva appena tre. Oggi studia giurisprudenza a Firenze, è portavoce pistoiese della Federazione degli studenti ed è iscritto al Pd. Ma per la legge non è italiano.
Lo ius soli è sparito dal calendario di settembre dei lavori del Senato, ve l’aspettavate?
“Purtroppo temevamo l’ennesimo slittamento, ma oggi la riforma è addirittura sparita dal calendario. Ora la paura è davvero di non farcela per la fine della legislatura e se lo ius soli non viene approvato ora, figuriamoci con un’altra maggioranza. Purtroppo il clima si è fatto più ostile”.
A cosa si riferisce?
“A primavera si andrà ad elezioni e questa è diventata una legge scomoda, che rischia di far perdere voti. Gli italiani oggi sono confusi, impauriti, mentre due anni fa i sondaggi davano la maggioranza nettamente a favore dello ius soli”.
Cos’è cambiato in due anni?
“La propaganda di destra ha spostato l’opinione pubblica, mettendo tutto assieme: cittadinanza, emergenza profughi, terrorismo”.
E invece?
“Invece va detto con chiarezza che lo ius soli temperato e lo ius culturae con le ondate di profughi non c’entrano nulla. Basta leggere la legge, ma la propaganda è più forte della verità”.
Il movimento “Italiani senza cittadinanza” si arrende?
“No, proseguiremo con i sit-in in tutta Italia. Ma oggi mi sento tradito, visto che il mio partito, il Pd, è al governo, e penso che lo ius soli dovrebbe essere come il pane per una forza di sinistra”.
Cosa spera?
“Mi sento più italiano che albanese. Qui sono
cresciuto ed è questo il Paese di cui conosco profondamente lingua, cultura, che chiamo casa e dove ho amici e affetti. Per questo, mi auguro di essere finalmente cittadino della mia Italia e di vedere riconosciuti i miei diritti, e chiaramente anche i doveri, di italiano”./Repubblica.it