Di Marco Perduca
I fatti sono noti: Fabiano Antoniani, un dj dall’intensa vita spensierata e spericolata, anni fa ha un incidente che lo rende tetraplegico e che progressivamente gli toglie anche la vista. Dopo un’esistenza a mille, ritrovarsi in quelle condizioni di crescente dolore psico-fisico gli fa prendere una decisione: salutare madre e fidanzata e porre fine alla propria presenza su questa terra.
Da solo però non ce la fa e si rivolge a Marco Cappato, che con Mina Welby e Gustavo Fraticelli da anni s’è messo a disposizione di chi desidera guadagnare una morte opportuna per cessare una vita non più degna d’esser vissuta. Cappato non si tira indietro e, dopo averlo accompagnato in Svizzera all’inizio del 2017, si auto-denuncia ai carabinieri di Milano assumendosi la responsabilità di aver dato seguito ai desideri di Fabo. I pubblici ministeri, due donne, chiedono l’archiviazione perché, in qualche modo, la “dignità della vita” è un diritto da riconoscere nel bene e nel male. Il giudice non concorda e chiede l’imputazione coatta per Cappato ritenendo che, oltre ad aver aiutato Fabo, il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni abbia rafforzato la volontà suicida dell’ex Dj.
Il nostro codice penale, retaggio del regime fascista, all’articolo 580 prevede che “chiunque determina altri al suicidio o rafforza l’altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l’esecuzione, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni”. Nel suo libro Credere Disobbedire e Combattere, tra le altre cose, Cappato racconta la vicenda nel dettaglio. Oggi, 8 novembre, inizia il processo a suo carico.
Non esiste una legge italiana che parli di eutanasia, esistono, come abbiamo visto, il reato dell’aiuto e istigazione al suicidio (il codice Rocco prevedeva addirittura la penalizzazione del suicidio!) e l’omicidio del consenziente. Non esiste neanche una legge italiana che preveda la possibilità di fare un testamento in cui le “disposizioni anticipate di trattamento” siano vincolanti. Esiste, come spesso in Italia, una zona grigia molto scura in cui il dolore delle persone viene gestito come si può nella speranza di trovare qualcuno che si muova a compassione o chiuda un occhio.
Eppure la Costituzione, quella “più bella del mondo”, quella che “non si tocca” e che “difenderemo colla lotta”, all’articolo 32 prevede che “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.
Giuristi, accademici, avvocati – e cittadini – quando affrontano il tema sono, tutti a favore (almeno) di una regolamentazione che dia alle persone il diritto di essere libere di scegliere per se stesse fino alla fine. La Chiesa timidamente fa capolino sul fronte dei contrari ma senza eccessive convinzioni.
Ad aprile di quest’anno la Camera dei Deputati ha adottato a larga maggioranza un disegno di legge che regolamenta il cosiddetto “testamento biologico”. Non si fa menzione dell’eutanasia, ma sicuramente si tratta, anzi si tratterebbe, di un importante passo avanti rispetto al contesto attuale – tratterebbe perché la legge è ferma in Senato in attesa che si trovi una giornata tra le poche che restano di questa XVII Legislatura per concludere il tutto. Senza niente togliere a nessuno, la questione è stata affidata alla Commissione sanità e non a quella Affari Costituzionali…
A fine ottobre, l’Associazione Luca Coscioni aveva organizzato una giornata di dibattito sugli aspetti costituzionali del “Caso DJ Fabo” – che forse andrebbe ora chiamato “Caso Cappato”. In queste ore stanno arrivando sostegni da tutto il mondo all’azione di disobbedienza civile dell’ex eurodeputato Radicale a riconoscimento dell’importanza del suo operato e a favore della legalizzazione della libertà di scelta dei cittadini.
Nelle prossime settimane sono previste altre udienze del processo che, nel frattempo, visionerà altra documentazione.
Se il Senato concludesse l’iter sul testamento biologico, come gli chiedono, tra gli altri decine di sindaci, Cappato ne sarebbe sicuramente lieto ma la decisione non avrebbe ripercussioni dirette sul suo procedimento.
In attesa che la giustizia italiana faccia il suo corso, come si dice in questi casi, se il legislatore ne approfittasse per concludere l’iter sul “testamento biologico” gli italiani, specie quelli che soffrono le pene dell’inferno – per non parlare di quelli devoti della Costituzione – gliene sarebbero grati, sapendo che comunque occorre arrivare a regolamentare il fine vita in tutto e per tutto./huffingtonpost.it