Di Alessandro Zorgniotti
In questi giorni, anche per effetto delle iniziative annunciate o avviate dalla banca centrale nazionale e dal suo governatore Genti Sejko per scoraggiare l’eccesso di diffusione dell’euro circolante in Albania, è in atto un dibattito sull’opportunità delle decisioni da assumere per restituire stabilità economica e finanziaria al Paese e competitività alla sua economia reale.
Chi scrive, sulla base anche della propria esperienza di giornalista economico in Italia prima dell’adozione della moneta unica europea tra la fine degli anni Novanta e gli inizi dei Duemila, non ha dubbi di sorta: la moneta nazionale Lek deve essere incoraggiata a svalutarsi e deprezzarsi se si intende agire in coerenza con quella che sembra essere la linea del Governo Rama, cioè incoraggiare il turismo, la residenzialità – sulle cui aspettative si è generato il boom edilizio in atto – e l’arrivo di attività produttive finalizzate alla creazione di beni e servizi destinati all’export.
Tutte circostanze non compatibili con la tendenza attuale al rafforzamento e apprezzamento del Lek nei confronti dell’euro, che incoraggia le importazioni a danno delle esportazioni e impedisce al turismo di diventare un fenomeno stabile nel corso di tutto l’arco dell’anno.
Più concretamente: se un potenziale turista arriva dall’unione Europea con gli euro in tasca, e li cambia in Leke al momento di arrivare in Albania, se la moneta nazionale albanese è troppo forte nei confronti di quella unica della Ue riceverà meno Leke e questo è un disincentivo a praticare turismo in Albania.
Analogamente, se un imprenditore italiano o della Ue è produttore agroalimentare, di fronte a un Lek forte sarà incoraggiato a considerare l’Albania alla pari di un mercato di consumatori, anziché come un’area geografica in cui poter aprire una vera e propria nuova attività industriale per trasformare l’abbondanza di materia prima ortofrutticola offerta dal clima e dalla generosa terra Albanese.
Nell’immaginario collettivo, si considera un euro uguale a 140 Leke, mentre allo stato attuale oscilla fra i 131 e i 132. Un apprezzamento che non trova nessuna giustificazione nel contesto attuale della macroeconomia e del livello di industrializzazione albanese che deve essere realizzato.
Chiaramente l’euro rimarrà un riferimento come valuta internazionale, ma non è immaginabile né sostenibile né pensabile che la sua diffusione cresca a danno del Lek. Occorre incoraggiare e sostenere ogni strategia che porti la moneta nazionale albanese a essere calamita per nuovi turisti e residenti e per imprenditori che vogliono avvicinarsi al mercato di Albania non solo come esportatori ma anche e anzitutto come produttori diretti di beni e servizi.
Qualcuno potrà obiettare che un Lek svalutato fa aumentare il costo delle importazioni: possiamo contro-obiettare che, in presenza di un cammino di industrializzazione in grado di trasformare la ricchezza di materie prime in ricchezza di lavoro, salari medi e utili d’impresa, è la migliore garanzia per ridurre la necessità di importare e per promuovere relazioni con gli altri Paesi europei e internazionali non solo sul piano commerciale ma sul versante, davvero centrale, dell’arrivo di nuove attività produttive e turistiche.
Chiaramente la politica monetaria filo Lek della banca centrale Albanese sarà solo uno degli strumenti. Il resto dovrà essere messo in campo dal governo attraverso un robusto piano di detassazioni e sconti fiscali in due o tre settori strategici – turismo, agrobusiness e nuove energie – e di lotta alla burocrazia amministrativa e giudiziaria.