Di Adela Kolea
Nel 1991 mi trovavo a Bari, Italia, in cui ho soggiornato per un mese da turista.
Avevo chiesto il permesso al liceo in cui studiavo a Tirana, per questo periodo di assenza.
Alloggiavo dai parenti italiani di mio padre, dalla sua zia materna.
Eravamo a tavola in cucina, e a ora di pranzo iniziò il Tg.
La televisione era accesa e si è sentito nei titoli:
“Intervista ad Ismail Kadare, lo scrittore albanese, che da pochi mesi ha chiesto ed ottenuto asilo politico in Francia!” 😱
Ho consumato in fretta il primo e, nonostante non fosse mia abitudine influenzare oppure saltare il pasto per via della Tv, in quella occasione ho fatto un’eccezione!
Perché la mia curiosità su quella intervista era enorme, mi suggestionava molto l’impresa di per sé insolita: un gigante delle lettere albanese, tra l’altro, elogiato dal sistema totalitario, ora parlava dalle Tv straniere dalla posizione di un rifugiato politico!🤔
Mio zio italiano era a conoscenza del fatto e conosceva bene lo spessore dello scrittore, Kadare.
Lui pure, si è alzato dal tavolo in cui la famiglia pranzava e entrambi noi interessati, con il permesso degli altri presenti a pranzo, ci siamo messi accanto alla Tv per seguire il servizio del Tg su Kadare, profugo politico in Francia…!
Si era incuriosita pure la più anziana della famiglia, la sorella di mia nonna e mi aveva chiesto:
“Ma chi è? È il Moravia albanese?”
Lei aveva paragonato Kadare, al grande Alberto Moravia, il quale tra l’altro, era notizia fresca per l’Italia, nel ’90 aveva cambiato vita a Roma.
Insomma, oggi queste chicche sembrano scontate, ma l’inizio degli anni ’90 per l’Albania, che funge anche da preludio del grande esodo albanese verso le coste italiane, è stato per chi come noi lo ha vissuto sulla propria pelle, un periodo doloroso e delicato, carico di tensioni, di incertezze per il futuro e colmo di ombre del periodo buoio della dittatura.
Questo mi è venuto in mente oggi, mentre Kadare celebra il suo 83-esimo anniversario di nascita.
