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Spontanea riflessione su quante piccole “Notre-Dame” abbia rasato al suolo il regime dittatoriale in Albania…

Di Adela Kolea

Leggende o verità di cui fonte: la saggezza popolare albanese

Quando la dittatura impartì l’ordine di rasare al suolo chiese e moschee ed oggetti di culto, una parte di esse la risparmiarono non distruggendola completamente, ma dopo averle svuotate dalla ricchezza e dalla peculiarità dei loro interni in opere ed oggetti preziosi, quali pitture, sculture, icone ecc, le trasformo in centri culturali o istituzioni statali adibiti a biblioteche, sale di conferenze, palazzetti dello sport come la grande Cattedrale di Scutari ecc.

Ricordo che mia nonna mi raccontò che in un piccolo paesino vicino a Durazzo, c’era una vecchia chiesetta. Questa chiesetta e tutto il luogo intorno ad essa erano stati venerati per anni dalla generazione di mia nonna, generazione che preservava la fede dentro di sé di nascosto ormai durante la dittatura.

Quel luogo era stato considerato da loro un vero e proprio santuario e la nonna diceva che quando lei era stata giovane, in quel posto, nella data precisa della ricorrenza del santo del luogo, centinaia di persone, intere famiglie di credenti andavano a riunirsi ed a trascorrere tutta la notte a dormire fuori nel cortile antistante la chiesetta in segno di fede e per poter godere della benedizione del santo.

Diceva che fuori dalla chiesetta c’era un enorme sasso il quale, era sempre lucido, bagnato, mai asciutto e come se “sudasse”. In continuazione, il sasso emanava non dell’acqua, in modo da pensare che scorgesse da qualche sorgente vicina, ma dell’olio. Era unto…

Quell’olio, la gente lo considerava sacro e i fedeli si ungevano facendo il segno della croce.

La nonna raccontava che quel luogo ha visto effettuarsi dei miracoli. Dei disabili e dei paralizzati li hanno visti giungere alla chiesetta in braccio ai propri parenti, impossibilitati a camminare, per poi tornare a casa con le proprie gambe dopo essersi fermati lì per un’intera notte!

Lei queste cose le raccontava emozionata e con le lacrime agli occhi e lasciava intendere che non erano invenzioni, ma cose realmente accadute.

Poi di certo, la suscettibilità delle persone o la predisposizione della gente a credere o meno a confessioni del genere è relativa.

-Da Chiesa, diventa ospedale …

Dopo il 1967, quella chiesetta era stata svestita dal suo funzionamento da luogo di culto e trasformata in un ospedale, o meglio, in un padiglione di maternità e reparto di ostetricia e ginecologia.

Le donne gravide vi trascorrevano il travaglio del parto accudite dal personale. Stranamente però, quando arrivavano le doglie, le povere donne impazzivano dal dolore, il loro utero si contraeva ritmicamente, ma loro non riuscivano a partorire, l’espulsione del feto non avveniva.

I medici erano diventati molto preoccupati, non sapevano a cosa attribuire questo fatto scientificamente. Anche perché quello che accadeva non era un caso isolato che succedeva ad una sola donna, ma un fenomeno verificatosi su tutte.

Finché non arrivò una donna anziana, la quale raccontò loro che secondo lei, essendo che l’ospedale era stato costruito su un luogo sacro abbattuto e preso a picconate, violato e profanato, a quel punto, la difficoltà delle donne gravide a partorire lei la riconduceva unicamente a questa correlazione, al grave peccato commesso con la profanazione di un tale luogo sacro di culto!

Chi ha voluto dare credito a quella donna, le ha creduto, chi non le ha voluto dare retta, si è ribellato, ma alla fine, volente o nolente si è seguito il suo consiglio: le donne gravide in procinto di partorire sono state trasportate d’urgenza nell’altro ospedale vicino, in cui, appena arrivate, hanno dato alla luce dei bellissimi bambini e hanno partorito senza nessuna ulteriore complicazione.

Queste sono voci del popolo – indipendentemente che siano verità, aneddoti o leggende – sono voci che mia nonna tramandava a noi di nascosto, perché naturalmente anche racconti di questo genere potevano avere delle ripercussioni sotto dittatura per la famiglia.

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