I 20 mesi di proteste contro la demolizione del Teatro Nazionale riflettono non solo la necessità di proteggere il patrimonio storico e culturale comune del paese, ma anche la richiesta dei cittadini di ulteriore democratizzazione dell’Albania
Di Gentiola Madhi, Osservatori sui Balcani
L’occupazione del Teatro Nazionale è cominciata lo scorso 24 luglio, dopo il tentativo da parte della polizia di assumere il controllo dello storico edificio nel centro di Tirana. Da quel momento artisti, architetti, attivisti e cittadini stanno facendo turni 24 ore su 24, 7 giorni su 7 per proteggere questo bene pubblico dagli interessi privati. Questa lunga e pacifica occupazione non è l’unica iniziativa civica attualmente in corso nel paese, in quanto vi è un diffuso malcontento per la situazione interna in generale.
Lo scontro politico
La vicenda della demolizione del Teatro è cominciata nel 2018, quando si è saputo che il governo stava per approvare una legge speciale che avrebbe aperto al partenariato pubblico-privato e permesso ad un’impresa di costruzioni di edificare un centro commerciale e diverse torri in quella zona. I tentativi iniziali di convincere il governo a ritirare il progetto hanno avuto scarso successo. All’inizio di quest’anno, è stato chiesto alla Commissione europea di valutare in che misura la legge speciale violasse gli obblighi derivanti dall’Accordo di stabilizzazione e di associazione nel campo del diritto della concorrenza, visto che si trattava essenzialmente di un progetto di costruzione non messo a bando. Tuttavia, la risposta ufficiale della Commissione è stata piuttosto ambigua e ha portato il governo a fare solo alcune modifiche cosmetiche alla legge. In una recente comunicazione con un portale web (Exit.al ), la Commissione ha dichiarato che rendere pubblica la sua relazione interna sulla questione potrebbe causare un incidente diplomatico, lasciando la questione alla magistratura nazionale.
Di fatto, con la riforma giudiziaria in corso, la Corte costituzionale è ancora paralizzata e non esistono meccanismi interni per affrontare il problema, lasciando così il destino del Teatro Nazionale in sospeso e gli attivisti perplessi in attesa delle prossime mosse del governo. L’attivista dell’Alleanza Lindita Komani ha dichiarato che “la questione del teatro è una questione di alienazione della proprietà pubblica senza l’espressione della volontà dei cittadini”. “Non si tratta degli artisti, come il governo cerca di presentare la questione. Riguarda tutti i cittadini”, ha aggiunto.
La situazione politica polarizzata non aiuta a trovare un compromesso. Le proteste sono state utilizzate da entrambe le parti dello spettro politico per i propri calcoli e guadagni politici, con diversi tentativi di manipolazione al fine di distogliere l’attenzione e dividere l’opinione pubblica sul destino del Teatro.
Il teatro come luogo sociale
L’occupazione ha creato un nuovo spazio civico per i cittadini, trasformando il teatro in un luogo sociale gestito dall’Alleanza, dove le persone possono incontrarsi e discutere questioni di interesse pubblico come lo stato attuale della democrazia, l’integrazione europea, i progressi delle riforme e così via. Questi incontri pomeridiani sono serviti a scuotere l’apatia generale della società, esprimere la frustrazione dei cittadini nei confronti dell’establishment politico e mettere in discussione l’attuale forma della democrazia.
“Tutti i cittadini interessati a questo problema, non solo nella comunità artistica, hanno trovato nelle proteste del Teatro Nazionale dei motivi forti, perché questa è una protesta per la democrazia in Albania”, ha spiegato Komani.
Denunciando la riduzione della libertà dei media in Albania, gli attivisti dell’Alleanza hanno sottolineato che gli sviluppi del Teatro sono stati quasi ignorati dai media nazionali, in quanto “in una certa misura i media sono catturati dallo stato”. Un attivista che ha richiesto l’anonimato ha affermato che i giornalisti sostengono il teatro a livello personale, ma non sono autorizzati a coprire la vicenda. A livello internazionale, le proteste sono state riprese da media prestigiosi e hanno trovato espressioni di sostegno da parte di personalità come la premio Nobel austriaca Elfriede Jelinek o l’attore Michele Placido.
Dal 27 luglio è in corso anche un “Festival per la protezione del teatro”, che porta a Tirana artisti dalla regione e dall’UE a esibirsi sul palco e/o esporre la loro arte. In media 2-3 eventi artistici a settimana, accessibili a tutti, hanno ulteriormente arricchito la vita culturale della città.
Dopo il terremoto del 26 novembre, la sede del Teatro si è inoltre trasformata in un luogo di solidarietà e raccolta di cibo e vestiti. Tramite i suoi social media, l’Alleanza ha fornito un aiuto immediato alle famiglie colpite dal sisma e ha coordinato i canali di sostegno, riunendo coloro che erano disposti a fare volontariato.
Una speranza dall’Europa
Negli ultimi due anni, gli attivisti dell’Alleanza hanno cercato sostegno a diversi livelli per proteggere questo storico edificio. Ad esempio, hanno fatto domanda per includere il Teatro Nazionale nell’elenco dei 7 siti del patrimonio europeo più minacciati per il 2020, un programma gestito da Europa Nostra (un’organizzazione europea a tutela del patrimonio) e finanziato dall’Unione europea.
Sulla base del proprio valore storico e culturale e dell’imminente minaccia di demolizione, il Teatro Nazionale Albanese è entrato nella shortlist per far parte di questo programma e i risultati finali usciranno entro marzo 2020.