“Io ho creduto nella magia delle parole sin da quando, in tenera etĂ , ho scoperto che alcune parole mi mettevano nei guai ed altre me ne tiravano fuori.”
-Dice Katherine Dunn, una scrittrice americana.
đ”Io e le mie compagne di viaggio, LE PAROLE”. đŁâ
Da quando io ero bambina – cosĂŹ come confessa anche una scrittrice americana – ho avuto un rapporto peculiare con le PAROLE.
Ecco, le parole per me sono sempre state come delle “entitĂ umane” viventi di per sĂ©.
Ma, non perché sono ovviamente pronunciate e scritte dagli esseri umani, ma perché io, le parole le ho sempre viste come compagne del mio viaggio di vita e le ho allineate sempre accanto alle persone, con cui interagivo, da collante quale fungono nelle interazioni sociali, volente o nolente.
Delle volte mi bastava solo una lettera – come ai musicisti basta una sola nota, per arrivare ad un brano – per spingermi a comporre io, da parte mia o architettare un intero testo in seguito.
A proposito di lemmi, la “A”, prima lettera dell’alfabeto.
Iniziale del mio nome, risaputo.
Iniziale di “Amore, Allegria ed Amicizia” ed ecco che la lettera “A”, ero – e sono – io per antonomasia!
La “B”, seconda lettera dell’alfabeto la associavo a “Babi” – “PapĂ ” in albanese. Per cui la “B” era rappresentata da mio padre.
E cosĂŹ via, la “M”, la accostavo a “Mamma”, anche perchĂ© il suo nome inizia pure con questa lettera, la “N” ai nonni, ecc.
La “K” rappresentava i miei cugini – “KushĂ«rinj” in albanese, a cui ero molto affezionata, iniziale del mio cognome pure.
E cosĂŹ continuavo la “cantilena delle lettere”, proiettandomi minimo in modo bilingue, vale a dire, focalizzandomi sia in termini, locuzioni, espressioni in albanese, che in italiano, data la famiglia mista d’origine.
Spesso capitava che mi dicessero dopo che raccontavo un episodio, un accaduto:
“Ma, sai che Ăš come se tu, avessi fatto installare delle ruote a quel pezzo lontano di terra, a cui narri una storia, delle ali a quella casa di cui parli, un’elica a quella determinata cittĂ di cui spesso ne discuti eccâŠtrasformando dei luoghi od oggetti lontani, in cose a noi talmente vicine, toccabili con mano, tangibili – una sorta di “teletrasporto” – talmente minuziosa e penetrante la tua descrizione, talmente efficaci le tue paroleâŠ
E dopo svariate puntualizzazioni o conferme del genere da parte delle persone, miei coetanei od adulti, pian piano mi sono convinta e impuntata sulla potenzialitĂ della Parola, specie quando se ne fa un uso magico e consono.
Ovviamente questa potenzialitĂ della Parola, nel costruire ponti o barriere, la ho avvertita fin da subito quando per la mia spontaneitĂ nell’esprimermi, il temperamento esplicito, e non solo:
Nell’esprimermi dettagliatamente in modo spassionato, di pancia, mi mettevo nei guai!
Ecco, nei guai seri per una sola ParolaâŠ!
La fonetica uditiva, anche essa, Ăš sempre stata accentuata in me, per cui quando andavo a scuola e sentivo dei miei compagni nella loro interrogazione alla lavagna, se sbagliavano una pronuncia in albanese, nostra lingua madre e specie in francese, correggevo subito, risultando inizialmente, antipatica!
Ma, in seguito chi mi conosceva bene, capiva che ero in buona fede e questa predisposizione all’Umanistica, sarebbe diventata un po’ anche una mia “deformazione professionale” al contempo.
Insomma, come in una Matrioska, alle Parole susseguono i fatti, dentro ai fatti siamo coinvolte semplicemente noi persone, per cui chi detiene il privilegio dell’uso della Parola in modo perspicace, nel senso, investendo nella parola non solo tutta la sua logica ed intelletto, ma anche tutta la sua magica creativitĂ peculiare e carismatica, un sottile discernimento, si puĂČ ritenere fortunato semplicemente per sĂ© e per la societĂ .
(Adela Kolea)