Quelle del lago di Ocrida, tra Albania e Macedonia del Nord, che sono sempre meno
Al confine tra l’Albania orientale e la Macedonia del Nord c’è uno dei laghi più antichi del mondo, il lago di Ocrida, che assieme all’omonima città macedone fa parte dei siti patrimonio dell’Umanità UNESCO, sia per la sua ricchezza naturale che per la sua importanza culturale. Tra le centinaia di specie endemiche che vivono solo in questo lago c’è anche una trota (Salmo letnica) che è considerata una prelibatezza nella cucina locale, ma la cui popolazione è sempre meno numerosa. Da tempo i due paesi cercano di stimolarne la crescita attraverso la fertilizzazione artificiale, con l’obiettivo di preservare la specie e sostenere il settore della pesca.
Si stima che il lago di Ocrida si sia formato tra 4 e 10 milioni di anni fa. È così ricco di specie che non si trovano da nessun’altra parte da essere stato definito “le Galapagos d’Europa”, in riferimento all’arcipelago dell’Ecuador famoso per le osservazioni di Charles Darwin: ci si trovano 212 specie di piante e animali che vivono solo lì, tra cui otto specie di pesci. È circondato da località pittoresche ed è anche un luogo sacro per i cristiani ortodossi: si racconta che anticamente a Ocrida ci fossero addirittura 365 chiese, una per ciascun giorno dell’anno.
L’economia della zona intorno al lago si basa per lo più sul turismo e sulla pesca, in particolare quella della trota, che è molto apprezzata dalla gente del posto e solitamente viene cucinata alla griglia o al forno. Ma se negli anni Novanta nel lago si pescavano circa 120 tonnellate di trote all’anno, tra il 2012 e il 2018 la media annua è stata di 61 tonnellate. Lo racconta un articolo di BBC Future dedicato al lago, che cita un pescatore della cittadina albanese di Lin, secondo cui trent’anni fa «con cinque reti si pescavano 30 chili» di pesce, mentre oggi «con 100 ami se ne pescano a malapena 3 chili».
Per provare a ripopolare la zona, gli esperti dell’Istituto idrobiologico di Ocrida e altri scienziati albanesi stanno ricorrendo alla fertilizzazione artificiale con la collaborazione dei pescatori, che vengono compensati per il loro lavoro.
I pescatori albanesi vengono pagati per catturare le trote e ottenerne lo sperma e le uova senza ucciderle, poi mescolano insieme uova e sperma in contenitori pieni d’acqua perché avvenga la fecondazione. Le uova fecondate vengono quindi portate in strutture attrezzate per l’allevamento dei pesci, dove vengono fatte crescere in apposite incubatrici per 10 mesi, dopodiché i piccoli pesci che ne nascono vengono ridistribuiti nelle acque del lago, sempre dai pescatori. In Macedonia del Nord invece i pescatori sono pagati soltanto per catturare le trote e a portarle ai ricercatori, che si occupano del resto delle operazioni.
Contemporaneamente, negli ultimi anni sono state introdotte norme più stringenti sulla pesca, che è consentita soltanto se si è in possesso di una licenza e se si è membri di un’associazione locale di pescatori. La pesca commerciale delle trote nel lago è vietata da dicembre a marzo, il periodo di deposizione delle uova, e al momento in Macedonia è proibita del tutto in attesa che vengano raccolti dati più precisi sulla salute della specie.
Uno scienziato dell’Istituto idrobiologico di Ocrida esamina le uova di trota fertilizzate artificialmente (EPA/ Georgi Licovski via ANSA)
Il professore dell’Università dell’Agricoltura di Tirana Spase Shumka, esperto di idrobiologia, ha spiegato a BBC Future che il lago di Ocrida è oligotrofo, ovvero povero di nutrienti. Se da un lato questo rende la sua acqua cristallina e sicura sia da bere che per farci il bagno, dall’altro significa che i pesci hanno molto meno nutrimento e pertanto si riproducono molto più lentamente rispetto ad altri laghi.
La trota del lago di Ocrida può raggiungere la lunghezza di 75 centimetri e pesa fino a 6,5 chili; impiega dai cinque ai sei anni per raggiungere la maturità sessuale e produce circa 2.000-2.500 uova per ogni chilo del suo peso. Per fare un confronto, una carpa adulta – che mediamente ha la stessa lunghezza e pesa tra i 2 e i 15 chili – ne produce 500mila. Inoltre questa trota è un animale molto vulnerabile ai cambiamenti e la sua sopravvivenza è legata agli alti livelli di ossigeno e alle basse temperature dell’acqua del lago (non sopravvive con una temperatura dell’acqua superiore ai 15,6 °C).
I primi progetti per preservare la popolazione di queste trote risalgono al 1935 e si devono in particolare al limnologo Sinisha Stankovic, esperto di acque locali della Macedonia del Nord.
Stankovic aveva notato che le trote venivano catturate attraverso la pesca a strascico durante la stagione della riproduzione, una cosa che metteva molto a rischio la loro popolazione. Per questo contribuì a introdurre un sistema secondo cui i pescatori locali dovevano raccogliere le uova e lo sperma dei pesci prima di venderli sul mercato. Fu lui che fondò l’Istituto idrobiologico di Ocrida, dove iniziò a fecondare le uova e far crescere le giovani trote.
Se i rischi per la popolazione della trota erano già stati osservati all’inizio del secolo scorso, la situazione è peggiorata in particolare nei primi anni Novanta, con la caduta del comunismo e la dissoluzione della ex Jugoslavia. Dopo la Seconda guerra mondiale, infatti, la pesca delle trote del lago era controllata, ed esclusiva delle aziende ittiche controllate dallo stato, sia in Albania che in Macedonia del Nord, che allora faceva parte della ex Jugoslavia. Con la caduta del comunismo, però, l’assenza delle vecchie regole, la crescente povertà e i controlli più lassi da parte delle autorità locali avevano favorito la pesca incontrollata, che ha finito col danneggiare la popolazione della specie.
A questi problemi si aggiungono anche l’inquinamento e la crescita del turismo, che, in particolare negli ultimi dieci anni, ha accelerato lo sviluppo edilizio, oltre a quello della pesca illegale. Per mantenere il delicato equilibrio della sua biodiversità, nel 2019 era stato proposto di inserire il lago di Ocrida nella lista dei siti UNESCO a rischio.
Tecnicamente la struttura di Lin ha la capacità di allevare fino a un milione di giovani pesci ogni anno, mentre le strutture in Macedonia possono produrne altri 2,5 milioni.
Secondo gli scienziati, il processo di fertilizzazione artificiale sta aiutando a migliorare la condizione delle trote nel lago, ma per ora non ci sono dati sufficienti per capire quanti dei pesci cresciuti in questo modo sopravvivano. Shumka aveva pensato per esempio di inserire un filo d’argento nel muso del 5 per cento dei pesci nati dalla fertilizzazione artificiale in modo da poter rintracciare con un metal detector quelli che sopravvivono e farsi un’idea del contributo di queste tecniche, ma il progetto non è mai partito per mancanza di fondi.
L’esperta che gestisce la struttura di Lin, Celnike Shegani, ha detto che con questi metodi e i controlli introdotti negli ultimi anni la situazione sta migliorando, ma la maggior parte degli scienziati è d’accordo sul fatto che servirebbero ulteriori restrizioni e bisognerebbe impedire la pesca degli esemplari che non hanno ancora raggiunto la maturità sessuale./IlPost.it