L’Albania comunista è nera, è notte senza luna, è cielo senza stelle. Si può sparire senza lasciare traccia, si può essere pubblicamente e severamente puniti solo per rimanere distanti dalle idee del paranoico presidente, caro compagno Enver Hohxa.
Il grande padre, quello a cui bisogna inneggiare, si chiama proprio così, Enver. Avanti con slogan, sorrisi e saluti, conditi dalla paura dettata dal “sospetto di essere sospettati”.
Perché basta poco al padre padrone, basta che lui abbia un minimo di sentore, dato dal suo malato sesto senso e arriva la punizione, che tanto dipende dalla sua bontà del momento. Fuori dal partito, sicuramente, e mandati pure al confino, perché no? Badate bene, questa decisione è destinata ai più fortunati.
In serbo per i più sfortunati, una fucilata in piena notte e via sottoterra, dove nessuno potrà mai piangere quella povera anima. Un esempio su tutti Beqir Balluku, Ministro della Difesa negli anni Settanta, generale fedelissimo a Hoxha poi, investito della pesantissima accusa di aver macchinato contro il partito.
Hoxha punta il dito contro di lui nel 1974 ed esattamente un anno dopo, l’ex generale viene fucilato e seppellito. Sarà ritrovato nel 1991, quando le sue spoglie vedranno la luce di una nuova appena nata Albania, patologicamente dipendente dalle conseguenze del totalitarismo.
Antonio Caiazza da giornalista e profondo conoscitore dell’Albania, narra in questo La notte dei vinti (Nutrimenti, 2014) la storia di un generale incappato nella pulizia messa in atto dal dittatore albanese, a specchio di tante altre storie, simili tra loro, perché durante il regime, passare da fedelissimi a traditori, è molto semplice.
Con una scrittura sin troppo impostata e uno stile lineare e asciutto, Caiazza racconta di quanto la vita degli uomini sia appesa al filo dei capricci di Enver. Non importa chi siano, non importa di chi si parli: generali, funzionari o semplici cittadini, non importa. Le elucubrazioni del dittatore decidono le loro sorti. Colpevoli. Di cosa? Non importa.
Un romanzo inchiesta questo di Caiazza, che con molta freddezza e lucidità, narra dell’importanza della memoria, perché permette a tutti i morti sconosciuti e anonimi di avere un nome. Racconta della pericolosità degli estremismi e del potere malato. Enver Hoxha ha seppellito corpi e anima, ma non ha potuto mettere sotto terra la storia.
Per tutti coloro, che ancora oggi, affermano che quando si stava peggio si stava meglio, che il “nostro dittatore ci permetteva di studiare e dava un lavoro a tutti”, prendete in mano questo libro, leggetelo, cercate di capire e dopo vergognatevi, ammesso che vi meriti almeno la vergogna.