Home Approccio Italo Albanese Conoscere l’Ucraina! Di Matteo Tacconi

Conoscere l’Ucraina! Di Matteo Tacconi

La questione religiosa in Ucraina ci racconta le scosse di questo paese posizionato su una faglia, fornendo una chiave di lettura per capirlo.
Partiamo dal mondo ortodosso (poi magari un altro post sulla chiesa greco-cattolica, di rito bizantino ma legata al Vaticano).

Poco prima dell’indipendenza del 1991 il patriarcato di Mosca concesse l’autogoverno ai suoi vescovi ucraini, mantenendo la giurisdizione ecclesiastica sul paese: nacque la chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Mosca.

Ma si verificò una scissione, guidata dal vescovo Filarete, che creò la chiesa ortodossa ucraina patriarcato di Kiev, opponendosi all’autonomia e rivendicando l’autocefalia, ovvero la piena indipendenza ecclesiastica, passaggio reso inevitabile dall’indipendenza di Kiev, per Filarete.

Il suo strappo, per molti mosso anche da questioni di potere (Filarete nel 1990 era un candidato forte come patriarca di Mosca), fu appoggiato da Leonid Kravchuk, primo presidente dell’Ucraina indipendente. Una chiesa nazionale, a suo parere, era uno dei modi per dare copertura a un paese nuovo, fragile, per molto versi da inventare.

Il patriarcato di Kiev, minoritario in termini di parrocchie, ha ripetutamente chiesto il riconoscimento dell’autocefalia al patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, primus inter pares nel mondo ortodosso. Bartolomeo ha a lungo respinto le richieste di Filarete, per non rovinare i rapporti con il patriarcato di Mosca, il più importante e influente della cristianità orientale.

Nel 2019, il cambio di rotta: Bartolomeo ha conferito il “tomos”, il documento per l’autocefalia. A Filarete, troppo potente e troppo politico, è stato chiesto di fare un passo indietro. Come patriarca di Kiev è stato nominato Epifanio, un giovane vescovo. E la chiesa è stata ridenominata: ora si chiama semplicemente chiesa ortodossa ucraina (nella quale è confluita una terza chiesa ortodossa, piccola, su cui non mi dilungo per non allargare troppo il quadro).

Diversi i motivi del ripensamento di Bartolomeo. Pesano certamente i rapporti personali e politici sempre più difficili con Cirillo, il patriarca di Mosca. E pesa il suo allineamento alle scelte del Cremlino sull’Ucraina, evidente già dal 2014, con il conflitto del Donbass. Proprio per questo, diverse parrocchie della chiesa ucraina del patriarcato di Mosca si sono già da allora accasate nel patriarcato di Kiev.

Dopo il tomos, non riconosciuto da Mosca, il flusso si è ampliato. Un processo che però non è stato limpidissimo, dato che la legge che disciplina le transizioni lascia molto spazio alle interpretazioni.

Al netto di questo, la chiesa del patriarcato di Mosca, guidata da Onofrio, è rimasta la prima chiesa del paese, forte soprattutto nel sud e nell’est.
Le relazioni con la chiesa di Epifanio e Filarete, che è più solida a ovest, sono molto difficili. Per quella di Onofrio, la chiesa ortodossa ucraina è una chiesa non canonica e molto affamata di potere. Per quella di Epifanio e Filarete, il clero del patriarcato di Mosca è servile nei confronti del Cremlino. Onofrio rifiuta questa etichetta: il legame con Mosca, ha sempre detto, è solo spirituale. Eppure non sono mancate in questi anni i preti ortodossi della sua chiesa che hanno benedetto i ribelli filorussi del Donbass. Di contro, quelli di Kiev hanno appoggiato Maidan e i governi che sono seguiti. Forte la polarizzazione, che taglia via i toni di mezzo, che pur ci sono (centinaia di preti dell’una e dell’altra parte fanno alla fine solo il loro lavoro, si curano dei propri fedeli). E infine, non è da poco la questione dei beni e delle terre, che scaturisce dalle transizioni delle parrocchie verso la nuova chiesa.

La cronaca di questi giorni ci dice che Onofrio ha duramente condannato l’invasione della Russia. Per qualcuno, la dimostrazione che la sua è una chiesa ucraina e per l’Ucraina. Per altri, una postura assunta strumentalmente, per scansare la solita accusa di essere chiesa al servizio di Mosca.
Di certo, la guerra portata in Ucraina da Putin e giustificata da Cirillo, è una ferita profonda per la chiesa di Onofrio. Diversi suoi esponenti hanno smesso di pregare per Cirillo a messa.

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