Di Marco Perduca
si sapeva fin dall’inizio che la sanzioni alla Russia avrebbero inziato a mordere dopo due o tre mesi e infatti stanno iniziando a farsi sentire. A sentire per per noi ma molto, molto, molto di più anche per chi vive in Russia.
Spiace per la gente che vive lì, ma visto e considerato che non riescono, o non vogliono, opporsi all’attacco di Putin dovranno subire le conseguenze delle scelte del loro presidente vivendo con crescenti ristrettezze.
Questo nuovo pacchetto di sanzioni adottato dall’UE, anche con la cancellazione di Kirill dalla lista nera – un prete ha potere solo se ne rilanciano le stronzate che dice (e nessuno più dell’Italia ne sa qualcosa), basta quindi non rilanciare i suoi messaggi di odio, castigare chi lo ritiene un interlocutore e siamo a posto.
Occorre insistere nel battere dove il dente duole. In Russia ormai non arrivano componenti per tanti prodotti, anche centrali alla vita socio-economica del paese, mancanze che nei prossimi due mesi non potranno non cambiare le sorti del conflitto – anche perché iniziano a scarseggiare componenti per gli armamenti.
Mentre qui si fa finta di ritenere che quel vuoto pneumatico di Matteo Salvini, che pur di far fallire i “suoi” referendum se ne inventa di tutti i colori, sia ben intenzionato nella ricerca della “pace” in Ucraina (dico si fa finta perché siamo alla vigilia di elezioni che andranno male per un po’ tutti ma soprattutto per chi pensa di aver già vinto le prossime politiche). “Nel cuore dell’Europa” si continua a sparare, uccidere, saccheggiare e bloccare la fornitura di grano non tanto a chi dona armi al Governo di Zelensky ma a molti dei paesi che alle Nazioni unite non si sono schierate contro la Russia. Si continua quindi a violare la legalità internazionale.
Per una volta nella storia recente l’Italia, dico bene l’Italia, sta tenendo un punto di principio. Non mi pare che per ora sia riuscita a trovare il bandolo di una matassa, anche perché non esiste alcuna matassa sbrogliabile fino a quando ci sarà Putin al Cremlino, ma il fatto che sia l’unica a insistere con la necessità di confermare tempi certi per l’entrata dell’Ucraina nell’Unione europea, che insista con l’imputare a Putin la responsabilità di una guerra di scelta e a ritenere che l’unica cosa che occorre al momento è un cessate il fuoco senza un disarmo bilaterale è importantissimo.
Come si sa (da mo’) Di Maio non ha alcun peso politico (a momenti manco nel suo movimento) all’interno dei consessi europei o internazionali (basta ricordarsi come è stata gestita la faccenda del “piano di pace italiano”) dobbiamo quindi sperare solo nella tenuta reputazionale di Draghi e di come le sue parole possano far breccia anche tra gli alleati più imporanti: Germania e Francia.
Mattarella, che era partito male, piano piano ha indurito la sua posizione con una chiara scelta di campo che ha parlato parlato al paese ma soprattutto alle parti politiche che guardano alla sua leadership, chiamiamoli cattolici democratici, che facevano finta di ritenere che il lapirismo fosse un paficismo efficace – mettevi l’anima in pace non lo era.
Posto che l’obiettivo è la fine della guerra, è il modo con cui ci si arriverà che rappresenta la fine di un’era o l’inizio di questo fantomatico nuovo (dis)ordine mondiale per cui se i grossi continuano a mordere impunemnte i piccoli alla fine un conflitto mondiale non ce lo toglie nessuno.
La pace di cui si sente parlare, se non sarà basata sulla sconfitta delle pretese espansionistiche russe e la ricerca di una giustizia giusta e super partes non potrà esser considerata pace ma una mediazione frutto dell’egoismo dei ricchi che da fuori dall’Ucraina guardano, donano, ma alla fine fine vogliono tornare a star bene come stavano: lingua in bocca con Putin che è un criminale da due decenni.
Il fatto che Putin abbia problemi di salute, cosa sperabile ma non necessariamente certa, sicuramente avrà un impatto sui prossimi mesi, per questo non bisogna abbandonare l’Ucraina a un destino di distrazione politico-militare. I prossimi tre o quattro mesi saranno fondamentali anche per insegnarci una lezione per cui dovremo rivedere i meccanismi di una globalizzazione guidata dal capitalismo predatorio ed egoista e dagli interessi nazionali quindi totalmente illiberale e anti-democratica.