“Tu sei più albanese di me!” Una frase che mi sento dire da cari amici albanesi, da scrittori che mi conoscono meglio di altri, da colleghi con cui ho il piacere sovente di confrontarmi e ultimamente, sono parole che sento rivolgermi nella quotidianità.
Un’affermazione che suscita in me un sorriso e che spontaneamente fa sorgere il classico “perché?”
Qualcuno dice “sei una testa di albanese” ( 😱e com’è la testa di albanese?), qualcun altro risponde “ma non si può voler mangiare sempre byrek” (perché? Colazione, pranzo e cena byrek!), altri fanno riferimento all’albero genealogico “per me, sotto sotto tu sei proprio albanese!” (🤔chissà).
Poi arriva la congettura romantica “ami l’Albania in tutto” ( non è vero, naturalmente) e poi “sei vicina umanamente agli scrittori, mica solo ai libri” (Questo è vero, ma è il piacere più grande.
Non potrei occuparmi di un libro senza il contatto “umano” con l’autore).
Penso che possa anche essere verità , “sotto sotto” e “sopra sopra”; può anche non esserlo, ma è il vissuto di chi me lo dice che conta ( sia per sgridarmi che per elogiarmi).
Quando mi fermo a riflettere seriamente sulle eventuali motivazioni, mi viene da pensare che ce ne sia solo una e sia da ricercare “nel senso di appartenenza”all’Albania che, stranamente, per me è nato fuori dal Paese e si è potentemente consolidato.
Non so se sono più albanese o meno, ma la mia sensazione di appartenenza è un impulso di inclusione fortissimo, molto bello, qualche volta doloroso e ingestibile, che può far pensare al “tu sei più albanese di me”. È un grande sentimento di reciprocità, che ho trovato sin da subito (partendo proprio dalla letteratura) e che ritrovo sempre, in ogni situazione, in ogni persona, in ogni parola e che nulla potrà più modificare.