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Poesie di Emanuela Dyrmishi

Ti amai e ti odiai

Sentii il dolore colarmi nelle vene,
un gatto a nove code che squarciava la pelle,
la carne, le membra.

Le ossa sanguinanti si raccoglievano
tremanti a proteggere il cuore,

Ti amai e ti odiai e poi ancora ti amai
perché oggi l’amore e l’odio corrono sullo stesso binario
altrimenti sarebbe mera illusione.

Efialte

Efialte si sveglio’,
Era li accarezzava il volto con la sua rabbia,
non capiva il suo linguaggio,
ma vide il suo volto.

Gli occhi scuri nella profondità della notte
che si perdeva nel tempio della memoria
gli aveva già visti, gli aveva già vissuti,
sembrava che non poteva farne ameno.

Senti’ il sudore corrergli sul mento,
la voce stremata, socchiusa tra le costole ,
vide ancora il suo volto, le sue carezze e capi’
Efialte si svegliò…respirando di aria pura…

La notte

Lenta la notte appoggia il suo manto,
sospiri di amanti si perdono nel silenzio,
il canto di passi furono, di gente che era,
del vento che tra le foglie danzo con capriccio,
dei profumi che provai e si persero nei tuoi,

si aggrovigliano in un racconto notturno
dove la logica perde ogni suo senso,
ma nella prima rugiada,
quando la luce, bugiarda, poserà il passo
come una cartina tremante al fuoco,
perderanno il loro apparente folle incanto.

Vidi le rondini

Vidi le rondini lasciare l’ultimo nido,
le nuvole che avvolgevano la luce in una stretta morsa
che la costringeva al pianto,
ma poi lentamente lasciarla andare al cullare dell’imbrunire,
sciogliersi anche loro nelle più candide vibrazioni del silenzio,
il mutacico chiacchiericcio della notte.

Vidi le rondini lasciare i loro nidi,
lasciare il brulicante ricordo di una stagione,
le vidi allontanarsi vorticosamente ad abbracci più caldi,
là dove l’inverno aveva coperto i passi.
Ma poi le vidi ritornare dolcemente,
nel candore che sembrava ormai dimenticato.

La voce che non vedi ( monologo di una psicosi)

Tu vedi la mia pelle, il mio smalto, i miei capelli, tatuaggi
e pensi che io sono quei tatuaggi, la pelle che li indossa,
ubicazione camera 33.
No, io sono io , loro sono la mia corazza, la corazza dove Athena costruì il suo forte.
Lei non dorme mai e io con lei.
Mi parla , una lingua che magari te non riesci a capire, io invece sì .
Lei comanda le sue legioni dentro di me,
li c’è un fuoco, lo sento bruciare…
Aiutami , ti prego aiutami non lasciarmi qua.
Lei mi ama, dice che mi ama perciò non mi tiene a se,
eppure sento la sua spada che scalfisce le mie ossa,
lentamente così il dolore mi trascina e risucchia nel suo vortice.
La sento, trascinarmi a se,
non le interessa se la mia pelle lacerata lascia brandelli verso la sua Ira, il suo Amore.
Rimbomba il suo richiamo dentro di me,
la sua voce, le sue parole….
Aiutami, ti prego aiutami,
impara la sua lingua, ti prego fallo…
la sua Ira si placherà…
Mi ricucirà le membra con un filo bianco ,
così il dolore che impegnerà l’ago mi ricorderà il suo amore…

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