Di Pierfranco Bruni
La storia della chiesa è storia di papato, di pontefici, di visioni teologiche e di vita. Il papato di Benedetto XVI è la continuità di quello precedente, ovvero del “lungo pontificato” di Giovanni Paolo II. Con qualche variante di “politica” interna, ma sempre sulla scia, e con un rafforzamento di dialogo con le comunità e i Paesi esteri.
All’interno punta al rafforzamento della Tradizione con una indicazione chiaramente teologica, ma sottolineando nella teologia una visione prettamente filosofica. Le tre encicliche sono uno testamenti che lascia alla comunità cristiana un tessuto con una forte impronta paolina. Il concetto di carità è un indirizzo posto tra la speranza e la salvezza.
Un indirizzo soltanto? Va oltre e tocca il superamento del dubbio dialettico portando dentro di sé non la Ragione e la Fede. La Ragione diventa l’impostazione da proporre al laico dando alla Fede il senso della Ragione intesa non come ratio, ma come credo nella fede attraverso il superamento o l’attraversamento proprio dell’idea di ragione.
In politica estera si impone con eleganza come il Pontefice della tradizione, e non della transizione ma della continuità greco e romano, dentro l’Europa e oltre l’Occidente. Il tema dell’Occidente, comunque, resta fondamentale e fondante.
I suoi primi viaggi apostolici lo portano in Polonia, Germania, Spagna e Turchia. Parlo dei primi. Il primo viaggio di Giovanni Paolo II è a Santo Domingo. Europa nella lettura benedettina e America del Sud in Giovanni Paolo II come visione di apostolato della conoscenza orante.
Ma, comunque, c’è una linea articolata e mai divergente tra Benedetto e Giovanni Paolo che va all’insegna della mediterraneità partendo dall’Europa che è stata letta da esperienze provenienti da Varsavia e da Ratisbona.
Questa linea Giovanni Paolo II – Benedetto, come impatto pianificato-pontificale, è, chiaramente, distante dal pontificato di Papa Bergoglio.
Aspetto che nel corso di questi anni è emerso ed è straripato con la morte di Benedetto partendo proprio dal funerale e dall’immaginario che si è consumato dentro le mura vaticane.
Si è voluta consumare una ampia polemica. Le esequie hanno voluto segnare una rottura amplificata con la pubblicazione del libro del segretario di Benedetto che traccia proprio la discontinuità tra i pontificato e pubblicazione ripubblicazione del testo sul cristianesimo di Benedetto stesso.
I funerali di Benedetto sono stati, infatti, una dichiarazione di conflittualità nei confronti del mondo e della linea tradizionalista. Ovvero della Tradizione incarnata da Benedetto. Alcuni elementi. Non hanno rispettato il novenario (non è una giustificazione il fatto che Benedetto non fosse un Pontefice in carica, sempre Papa era ed è morto da Papa emerito). Non hanno dichiarato i funerali di Stato. Mentre una Nazione, come il Portogallo, sì. Dopo un’ora dal funerale Città del Vaticano è diventata una “città aperta” con tutti i negozi che hanno spalancato le serrande come se nulla fosse accaduto. Eppure un Papa emerito non c’era più. Una messa durata un’ora e pochi minuti senza neppure una timorosa testimonia sul suo operato. Un messaggio, questo, apocalittico che penetra stile formazione cristianità e umanesimo della cultura. Il segretario del Papa emerito emarginato nelle file, se pur nella prima, ma senza parola, l’unico vero testimone sino agli ultimi istante di un Papa emerito.
Eppure, ripeto era sempre un Papa, ovvero un Pontefice emerito che non aveva mai smesso gli abiti e i vestimenti di Pontefice dal 2005 sino al 2022 nonostante il 2013. Ignorata la sua funzione e ignorato il ruolo delle tre encicliche che sono in netta distanza con la linea che adotterà Papa Bergoglio, ma che trascrivono il pensiero pontificale intorno ad una ontologia del mistero fede e del rinnovamento dall’Antico Testamento ai Vangeli e alle Lettere di San Paolo.
La chiave di lettura è escatologica, chiaramente, ma anche culturale. Con la lettura di ciò che è avvenuto durante le esequie si è tentato di spezzare la continuità con Benedetto ma anche con il papato precedente a Benedetto, dimenticando che dietro tutte le azioni pontificali e teologiche di Giovanni Paolo insiste il pensiero mistico e tradizionalista innovante di Benedetto sino al legame espresso in quel testamento che è “Memoria e identità” partendo dalla “Soglia della Speranza” che si trasforma, in Benedetto, in la Speranza salva e in “Identità e Missione”, testamento spirituale benedettino.
La questione Emanuela Orlandi riaperta immediatamente per volere di Papa Bergoglio serve a sviare un discorso e dibattito serio sulla robustezza dell’operato di Benedetto, in un momento storico che pone al centro Europa Occidente e Sud America.
Non dimentichiamo che Benedetto resta finora l’ultimo Uomo Pontefice che era riuscito a dialogare con profondo misticismo e modello teologico, tra tradizione e contemporaneità, e “politica” con il mondo ortodosso e soprattutto con il patriarcato russo andando alla ricerca vera di un confronto tra Occidente Oriente e mondo slavo e post asiatico. Insomma il problema è complesso certamente, ma è completamente spigoloso e deve far riflettere. Basta leggere lo speciale di “Famiglia Cristiana”, (N. 01, Gennaio 2023), apparso subito dopo le esequie per capire la strategia e soprattutto studiare alcuni articoli “scivolosi” e interpretazioni di una linea progressista precisa, che volendo ricordare Benedetto esaltano ben altro con un fare “diplomatico” sospettoso su una lettura che ha i connotati teologici non conformi al “valore”, alla cultura, alla formazione e volontà teologica e tradizionalista di Benedetto.
E non si tratta di porre in evidenza una chiesa degli umili come Papa Bergoglio cerca di proporre in una contrapposizione con una chiesa pre conciliare letta da Benedetto, essendo stato il perito – notaio della chiusura del Concilio stesso, ma di una interpretazione teologica altra che mostra una visione del mondo divergente.
Tutto questo è nelle leggi dei mutamenti da un pontificato ad un altro in temperie diverse, ma poi non troppo, ma c’è una chiave principale che è quella appunto di una divisione di fondo del concetto di Vita religiosa, che si spiega proprio nel solo modello antropologico di Fede e Ragione. Benedetto ha fatto della Fede una ragione cristiana e profondamente sacramentale nella vita degli uomini e delle Civiltà. Papa Bergoglio ha fatto della Ragione una fede nei popoli pur ponendo come principio Cristo. Due visioni completamente inconciliabili.
Due visioni nella storia della chiesa moderna, ovvero del Novecento. Ma più che contrapposizioni io parlerei di definizioni di modelli teologici diversi e letture della vita e della società.
Indirizzi di pensiero, ma soprattutto formazioni anche strettamente culturali diverse. Ma dal 1960, ovvero con la costituzione Humanae salutis.del 1961 sotto il pontificato di Giovanni XXII, in poi le storie del mondo sono cambiate e sono cambiati i papati e la chiesa stessa non è rimasta comunque la stessa perché sono le funzioni dei papi e delle appartenenze che l’hanno trasformata.
La chiesa della cosiddetta liberazione è completamente non comparabile al tradizionalismo cattolico. Ed qui che gli stili, i comportamenti, i modelli sono diventati voci ed assetti. Parola e organizzazione nel Vaticano. Certo Benedetto è altro da Papa Bergoglio.