Il Comune di Certaldo con il patrocinio della presidenza del Consiglio regionale della Toscana ospita la mostra degli artisti di origine albanese Helidon Xhixha e Milot, “Fusioni di luce”, a cura di Elena Violetti.
Sabato 22 aprile si è tenuta l’inaugurazione presenziata dal sindaco Giacomo Cucini, l’Assessore alla Cultura Clara Conforti e il consigliere regionale Enrico Sostegni. Per l’occasione è intervenuta l’ambasciatrice albanese a Roma Anila Bitri Lami.
La mostra ideata per la città di Certaldo, che si sviluppa tra le vie del borgo medievale e le sale di Palazzo Pretorio è un percorso concettuale carico di significati, dove la luce si fa materia, forma, colore. È scandita in momenti strettamente interconnessi tra loro e consiste in un susseguirsi di situazioni inaspettate, in cui l’ambiente viene plasmato e modellato dagli artisti per permettere al fruitore di percepire le opere da prospettive inedite e differenti.
Si tratta di una doppia personale che vede le opere di due artisti con espressioni e percorsi differenti, figure dalle indoli diverse, ma accompagnate dalla stessa magnifica ossessione, quella per la luce.
Xhixha la modella rendendola pura materia, Milot con la luce del suo “Mediterraneo” poetizza.
La luce pur nella sua apparente incorporeità è l’elemento fondante della concretezza dell’universo. È l’ente fisico che permette all’occhio di vedere ma può venir intesa anche come verità raggiunta tramite lo svelarsi dell’evidenza. Ecco che con senso più generico, la luce è simbolo di chiarezza, di giustezza, di autenticità, ciò a cui la ragione umana tende come liberazione dall’inconsapevolezza intellettuale, spirituale, morale.
Helidon Xhixha è uno degli artisti più riconosciuti e apprezzati a livello internazionale; la luce è la cifra caratteristica del percorso creativo e il dialogo con essa guida il suo universo poietico.
L’essenza luminosa è sempre stata l’oggetto principale del suo studio e l’acciaio Inox, suo medium privilegiato, materiale industriale, moderno, resistente, gli permette di tradurre le ricerche sulla luce nella sua interazione con la materia. Nel momento in cui la luce su di esso si riflette, viene trasformata in presenza simbolica e danzando in un gioco tra la realtà fisica e spirituale, diventa essa stessa viva materia scultorea.
Le opere sono pensate come “specchi” e divengono luogo del doppio, inteso come interrogazione sulla molteplicità della natura umana. Chiamano direttamente in causa lo spettatore e, come domande aperte, permettono di ricercare ogni più profondo aspetto di realtà.
Per l’artista il senso di fare arte monumentale nella nostra contemporaneità significa riportare l’arte fuori dai musei, per renderla pubblica e celebrare il momento sociale che viviamo. Non si limita a contemplare l’esistente ma lo rende attivo, una concentrazione di realtà e una stenografia della sensazione.
Xhixha cerca di conservare, nella tragicità di questo mondo, quello spiraglio di libertà e bellezza che avvolge le cose di una luce profondissima.
Una luce calda, Mediterranea che avvolge ogni elemento, ci pervade quando osserviamo le opere di Milot.
Da sempre attratto dall’arte informale, Milot usa il colore come poesia; scrive delle sue origini e delle sue radici, del saldo legame con la sua terra e la cultura albanese con linguaggio caratterizzato da un ecclettismo disinvolto.
La parola “Mediterraneo” ricorre in modo costante nei titoli come fosse l’effettivo fulcro attorno a cui tutto ruota e l’artista interpreta la «mediterraneità» con grande potenza e intensità, liberando la sua energia creativa attraverso ampie stesure astratte impregnate di luci e colori, di passaggi tonali e di composizioni segniche, dando corpo a suggestioni visive.
Con la bellezza e l’ingegnosità della forma, Milot sviluppa l’eterna poetica della chiave che diventa sua cifra caratteristica per illuminare, in senso metaforico, il mistero degli istinti umani.
Quello di Milot è un continuo passaggio dal soliloquio interiore all’interazione dialettica, non scevro da contaminazioni. Nel pieno spirito dell’accoglienza, secondo un approccio di prossimità, che non distingue né separa ma, anzi, è fondato sui valori e i principi di umanità, di rispetto e di solidarietà, il moto interiore diventa battito universale.
In ogni opera di Milot si può individuare un ricco itinerario iconografico proveniente dalla passata tradizione visiva, capace di sostanziarne la profondità del significato e di spalancare verso nuove prospettive di analisi. La sua è un’incessante interrogazione sulla contemporaneità, intesa come luogo del vivere, che porta a ripensare l’essere, oggi, uomini sulla Terra.