di Stefania Romito*
“Ciccio e Tore – Il mistero di Gravina”, edito da Armando Editore, scritto a quattro mani da Luciano Garofano (già comandante dei RIS di Parma, noto al grande pubblico per le sue consulenze specialistiche in programmi televisivi di successo) e da Mauro Valentini (rinomato giornalista specializzato in casi di cronaca nera), non è soltanto un libro di inchiesta giornalistica in cui la rappresentazione del reale riveste un ruolo di primo piano nel narrare un fatto di cronaca agghiacciante. È molto più di questo. È un’indagine nelle contraddizioni del pensiero umano, nelle incoerenze di un sistema che persiste sul sentiero intrapreso pur intuendo l’errore.
“Ciccio e Tore – Il mistero di Gravina” è un documento imprescindibile per tutti coloro che perseguono la Verità. L’unica in grado di ridare dignità a un fatto tragicamente drammatico che continua, nonostante il trascorrere degli anni, a rimanere occultato tra le pieghe del mistero.
L’indagine “personale”, attuata dai due autorevoli autori, acquisisce una altissima valenza non solo giudiziaria ma profondamente umana nel voler soffiare via le nuvole della menzogna e nel voler rendere una onorabilità sottratta e mai interamente restituita. Perché, nel caso di Gravina, che ha visto la morte di due anime innocenti, sono molteplici gli aspetti che si intrecciano in questo groviglio di circostanze come, in maniera straordinariamente analitica, viene esposto nel libro.
Vi è la componente della tragica fatalità, con ogni probabilità causa della morte di Ciccio e Tore, vittime di un “gioco” (o “prova di coraggio”?) dall’esito fatale. Tragica fatalità alla quale si sarebbe associata una irresponsabile omissione di soccorso da parte di coloro che avrebbero dovuto intervenire e che hanno scelto di non farlo. Figure mai venute alla luce e che continuano ad aggirarsi come fantasmi nell’ombra di una inaccettabile omertà. Poiché, come i due autori portano a pensare – attraverso un sillogismo deduttivo sostenuto da una solida e robusta documentazione – non si può accettare di vivere in una società che pone l’egoistico interesse personale al di sopra di tutto, perfino della vita stessa.
Ma il caso di Gravina è ancora più di questo. È un voler celare la manchevole attitudine investigativa con la maschera dell’eccellenza, non curandosi di emendare l’errore neppure al cospetto di una realtà innegabile. È la perseveranza dell’inganno che conduce all’uccisione della verità.
Verità che, da quel lontano 5 giugno del 2006, si aggira ancora smarrita in quell’intricato dedalo sommerso nel cuore di Gravina. Un labirinto dalle cento stanze nel quale è rimasto intrappolato anche Filippo Pappalardi e dal quale, forse, non ne uscirà più. Perché una volta che l’onta dell’accusa si aggrappa all’anima, non si dissolve nemmeno dopo mille assoluzioni.
Ciccio e Tore rimarranno per sempre intrappolati nel labirinto. Prigionieri di un Minotauro che ha sostituito il volto giovane della purezza e dell’innocenza con quello della falsità e della reticenza. Nessun filo di Arianna li potrà salvare.
*giornalista e scrittrice