di Andrea Galli, Corriere. It
Le vacanze son finite, è stato bello, per davvero — spiagge attrezzate, lettini a 5 euro al giorno, baretti col personale che parla inglese e gli scontrini sempre, parcheggio gratis come il wi-fi, aree per i bimbi —, però adesso basta, in Albania ci rivedremo l’anno prossimo, cari italiani pace e bene ma tutti quanti a casa.
Invece no: in Albania ci restiamo, ché i nostri pensionati vengono a viverci. Dove un tempo si allungava una vasta pineta, nella zona di Plepa, lungomare di Durazzo, a un’ora dalla capitale Tirana, sorgono palazzi residenziali presi in affitto oppure acquistati da settantenni piemontesi, lombardi, veneti. E che non passi il concetto, ripetono i diretti interessati fino allo stordimento, d’un esodo di poveracci o disgraziati: «Siamo stati imprenditori, negozianti, comandanti d’Alitalia, dirigenti di banca, quadri aziendali». Hanno floride pensioni. Che non vogliono regalare al fisco. Godendosi l’esistenza.
Spese basse
Carmine Iampietro, 73 anni, ex titolare di un’officina meccanica per le moto a Novara, è di fatto il sindaco della comunità. Arrivò una vita fa insieme alla moglie, albanese, e aprì la via. Ha lottato e combattuto, lotta e combatte, lotterà e combatterà: la prossima sfida è ottenere per il suo popolo un’assicurazione sanitaria. Forse manca soltanto questo elemento.
Del resto in Albania sulla pensione non si pagano tasse, idem sugli appartamenti — siano uno oppure dieci –, per la macchina non esiste bollo, le spese condominiali non superano in media i 100 euro l’anno, un mese all inclusive di bollette di luce, acqua, Internet e cellulari — nelle case il gas non si usa — richiede 90 euro; poi, dipende dalla posizione ma con 300 euro t’affitti un discreto alloggio e a partire da 800 euro compri un metro quadro. Dopodiché, oppure forse a monte… Sentiamo Carmine, a capo dell’Associazione pensionati italiani in Albania, Apia se preferite gli acronimi:
«Potremmo lasciare aperte le porte di casa, tanto non entrano estranei. Niente scippi, furti, rapine, insomma niente microcriminalità; siamo tranquilli e protetti, abbiamo la certezza di muoverci in libertà, sereni. In Italia queste cose te le sogni, città o provincia che sia».
Ebbene, v’è poco da girarci intorno, a maggior ragione per un anziano; e pazienza se obiettiamo che i narcotrafficanti albanesi hanno avuto una progressione spaventosa, sono fra i padroni dei traffici nel mondo generando introiti reinvestiti in resort e ristoranti, più d’una relazione investigativa ha definito l’Albania un «narco-Stato»; inutile proseguire, al cittadino interessa solo e soltanto la sicurezza percepita. Cioè che non ti rubino il portafoglio per strada spingendoti sull’asfalto. E al netto delle distinzioni necessarie e ovvie, nelle riflessioni incide anche l’assenza, pressoché assoluta, della migrazione incontrollata, vagabonda e talvolta predatrice, ma per forza, non essendo l’Albania meta d’approdo: eppure, «senza parlare di destra o sinistra, se non righi dritto la paghi. C’è il reato, c’è la pena. Punto».
Primari veneti
Per la verità anche la giovane e vivace Tirana, nonostante assorba un milione di abitanti (un terzo della popolazione nazionale) con l’abituale traffico diabolico non lenito dalla diffusione di bici e monopattini, appare priva d’insidie: non costituiscono statistica, ma due nottate trascorse a girare l’hanno confermato, anche nei vicoli ragazze e donne passeggiano serene, non s’alza mai un gesto di preoccupazione per ombre sconosciute che si palesano d’improvviso, le uniche sirene son quelle delle ambulanze, e se mai qualcuno sfilasse una borsetta a un passante, quelli attorno gli salterebbero addosso: «Da noi si fermano a filmare con i cellulari mentre qui si danno da fare, c’è molta solidarietà, senso civico».
Per carità, s’ammazzano anche in Albania, regolamenti di conti, faide eterne; temi che semmai interessano un criminologo, non gli anziani. Al proposito, nel 2022 risultavano 1.700 iscritti all’Aire, l’Anagrafe dei residenti all’estero; quest’anno siamo già a 4 mila; Carmine riceve ogni giorno almeno tre telefonate di connazionali che domandano lumi in merito ai vantaggi di un trasferimento e preparano la partenza; e lui, Carmine, cita anche le convenzioni con una clinica privata che fa arrivare dal Veneto primari a gettone per le visite specialistiche. La diagnostica albanese, ci dicono amici di Tirana, era comunque già di suo ad alto livello: le liste d’attesa sono limitate, spesso non serve prenotare, vai e ti visitano subito anziché fra otto mesi. Giusto registrare che i nostri pensionati li vedono un po’ come dei vip: lo stipendio medio albanese gira sui 500 euro (la corruzione è endemica) mentre loro se la spassano… È il gioco delle parti, e gli anziani, va da sé, innescano circuiti di vantaggi. Per esempio non occorre emigrare in Italia per lavorare come badanti e colf, il lavoro sta qui. Identico discorso per fisioterapisti, diabetologi, infermieri, urologi, anche se i giovani albanesi che si laureano in Italia, appena possono scappano in Germania o Nord Europa.
«Io e il micio»
Siamo un Paese morto che tartassa chi ha faticato, insistono gli italiani d’Albania; siete un Paese morto che non premia il merito, insistono gli albanesi sovente con lunghi trascorsi in Italia, durante conversazioni che di rado avvengono sui cellulari vigendo l’ormai anacronistico comandamento di stare insieme, guardarsi negli occhi, bere un caffè in compagnia, osservare il prossimo, scrutarlo.
Tra l’Adriatico su un lato e le ostiche montagne sull’altro, l’aria è buona; a Plepa, l’acqua del mare ancora si scalda, ma se è per questo le temperature non sono mai estreme nemmeno a dicembre. Chiaro, la distanza fisica dalle proprie origini, la lontananza da figli e nipoti… O forse no.
A rinforzare l’attuale abbondanza di voli low-cost, a fine mese arriva pure Ryanair, che ha scelto d’investire sul futuro dell’Albania, che a sua volta è Europa ma fuori dall’Ue; semmai entrerà, non sarà prima di dieci anni, ma non è che gli albanesi ci tengano troppo, hanno timore di precipitare in un circuito sciagurato dove prendere fregature e batoste. Quindi va bene così? Per i pensionati sì, e in abbondanza. Ecco Gabriella Mondoni: «Sono vedova, ho 76 anni, sono nata sul lago Maggiore, sono stata segretaria, baby sitter, cuoca. Ero stufa, stufa e ancora stufa dell’Italia, così una mattina ho preso le mie stampelle, la sedia a rotelle, le valigie, il micio, e oplà: Durazzo. Soffro di gravi problemi alle ossa, serviva un luogo di mare e di sole, in tranquillità, con spese mediche contenute: le visite non superano i 30 euro. Fatico a deambulare, ma se soffro d’insonnia non m’importa, esco, raggiungo lentamente il mare, mi posiziono e mi rilasso. Indisturbata. E godo per gli attimi di contentezza»./Corriere.it