Oltre la propaganda, l’attuazione del memorandum Roma-Tirana sui migranti si prospetta difficile sia in Italia sia in Albania. Se dovesse andare in porto, potrebbe violare il principio di uguaglianza, il diritto d’asilo e di difesa. O, nel migliore dei casi, essere un grande spreco di soldi pubblici
Di Rosita Rijtano, Redattrice lavialibera
Un accordo tenuto segreto fino all’ultimo, da ambo le parti, quello siglato tra la premier italiana Giorgia Meloni e la sua controparte albanese, Edi Rama, per la gestione di una quota dei migranti salvati nel Mediterraneo da navi militari italiane. Oltre la propaganda, però, l’attuazione del memorandum Roma-Tirana si prospetta difficile sia in Italia sia in Albania. Se invece dovesse andare in porto, potrebbe violare il principio di uguaglianza, il diritto d’asilo e di difesa, garantiti da norme nazionali, comunitarie e internazionali.
O, nel migliore del casi, essere un grande spreco di soldi pubblici. Gli Stati con cui l’Italia ha accordi di rimpatrio sono pochi e i migranti espulsi, che non saranno rimpatriati, non potranno rimanere in Albania, ma dovranno essere riportati nel nostro Paese, come previsto in modo esplicito dal patto. Intanto la Commissione europea conferma a lavialibera di aver ricevuto il testo del protocollo giovedì e di essere ora al lavoro per esaminare i dettagli operativi dell’accordo.
Accordo Italia-Albania, il sommario:
L’accordo prevede la realizzazione in Albania di due strutture per le “procedure di frontiera o di rimpatrio” dei migranti che ospiteranno non più di tremila persone in contemporanea, per un totale – si stima – di 36mila persone l’anno. Strutture che, precisa il memorandum, saranno gestite da personale italiano nel rispetto delle leggi italiane ed europee. In Italia, il testo non è stato ancora diffuso ufficialmente (ma i media hanno ottenuto la bozza, che lavialibera pubblica a questo link). Mentre in Albania il premier Edi Rama ha pubblicato sul proprio sito il testo dell’intesa, che si compone di 14 articoli, e i due allegati a cui fa riferimento. Il secondo allegato regola i rimborsi che l’Italia dovrà versare all’Albania. Mentre il primo individua le aree destinate alla realizzazione delle strutture per “le procedure di ingresso”, la “verifica del riconoscimento della protezione internazionale” e il rimpatrio dei migranti che “non hanno diritto di ingresso e di soggiorno nel territorio italiano”. Il documento fa riferimento a delle mappe, che però non vengono mostrate.
In un video pubblicato sui social, Giorgia Meloni ha spiegato: “In una prima struttura, che si trova nel porto di Shengjin, l’Italia si occuperà delle procedure di sbarco e di identificazione e qui realizzerà un centro di prima accoglienza dove operare una prima attività di screening. Nell’area più interna di Gjader, invece, si realizzerà una seconda struttura sul modello dei Cpr(Centri di permanenza per il rimpatrio, dove in Italia vengono trattenuti i migranti in attesa di espulsione, ndr) per le successive procedure, rimpatrio compreso”.
Cpr: gli affari sulla pelle dei migranti
L’accordo durerà cinque anni e sarà rinnovato in automatico (al pari del memorandum Italia-Libia). Tutti i costi per la realizzazione delle strutture sono a carico dell’Italia, che rimborserà all’Albania le spese sostenute per l’attuazione del protocollo, inclusi i mezzi e il personale impiegato per garantire la sorveglianza e la sicurezza al di fuori delle aree destinate alle strutture (che rimarrà di competenza albanese) e durante i trasferimenti dei migranti via terra. Come anticipo, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del memorandum l’Italia verserà 16,5 milioni di euro in un fondo ad hoc che sarà istituito dallo Stato albanese. Inoltre, lo Stato italiano si impegna a creare in un banca albanese un fondo di garanzia in cui, anticipa il giornale Gogo.al, saranno congelati oltre 100 milioni di euro. In capo all’Italia sarà anche la gestione interna delle strutture, compresa l’assistenza sanitaria. E si prevede che le autorità albanesi possano entrare in caso di gravi pericoli, come un incendio, che richiedono un intervento immediato.
Il governo Meloni vuole bypassare il parlamento, Rama potrebbe aver violato la costituzione
In Italia il primo ostacolo alla liason Meloni-Rama è il passaggio del memorandum in parlamento. Il governo vuole evitarlo. “Non passerà per le camere”, ha detto il ministro per i Rapporti con il parlamento Luca Ciriani. “C’è già un accordo internazionale che regola la materia. Questo è un trattato di collaborazione rafforzata sull’immigrazione che è già previsto dagli accordi sottoscritti dai due Paesi nel 1995 e nel 2017”. Il riferimento è a un trattato di amicizia e cooperazione, poi seguito da un protocollo per il rafforzamento della cooperazione bilaterale nella lotta al terrorismo. Ma, per l’avvocato dell’Associazione italiana per gli studi giuridici sull’immigrazione Maurizio Veglio, si tratta di una base normativa non sufficiente che fa il paio con un testo “vuoto, perfetto solo per dichiarazioni alla stampa”.
I diritti calpestati dei migranti
“L’accordo, di natura politica, è troppo vago perché sia giuridicamente rilevante – dice Veglio –. Non stabilisce le risorse finanziarie destinate alle strutture né precisa come sarà garantita l’applicazione di leggi italiane e Ue in un territorio che non rientra nella giurisdizione dell’Italia e non ha alcun vincolo nei confronti dell’Unione europea”. Questioni che richiedono una ratifica parlamentare.
L’articolo 80 della Costituzione, infatti, prevede che le Camere autorizzino “con legge la ratifica dei trattati internazionali che sono di natura politica, o prevedono arbitrati o regolamenti giudiziari, o importano variazioni del territorio od oneri alle finanze o modificazioni di leggi”. Intervistato da Melting Pot Europa, l’avvocato Fulvio Vassallo Paleologo ha definito il protocollo “opaco, disumano e privo di basi legali”.
Non meno complessa la situazione in Albania dove l’accordo è molto discusso, dice Arthur Nura, giornalista di Radio radicale a Tirana. Qui il problema non è il passaggio in parlamento: “Rama ha i voti necessari per far passare una legge”, spiega lavialibera Kreshnik Collaku, deputato del partito democratico albanese, componente della commissione esteri al parlamento, ed ex vice ministro degli Esteri. Potrebbe, però, aver violato la Costituzione albanese non rispettando i passaggi necessari antecedenti alla firma del memorandum: “Per poter realizzare un accordo del genere, che prevede una parziale cessione della sovranità su alcune porzioni del proprio territorio da parte dello Stato albanese, il premier deve essere prima autorizzato da un documento del presidente della repubblica che gli conferisce pieni poteri. Non sappiamo ancora se questa autorizzazione ci sia stata o meno. Il primo ministro ha portato avanti le trattative senza consultare l’opinione pubblica e tenendo tutti all’oscuro”.
Le potenziali violazioni dei diritti dell’accordo Roma-Tirana
Se l’intesa dovesse concretizzarsi, la gestione di queste due strutture al di fuori dei confini italiani potrebbe violare una serie di diritti garantiti da norme interne, comunitarie e internazionali. Prima di tutto, il principio di uguaglianza. Anche se nel testo non c’è nessun esplicito riferimento a donne, bambini e soggetti vulnerabili, Meloni ha assicurato che il memorandum riguarderà solo uomini maggiorenni soccorsi da navi militari italiane. Questo significa che chi arriva in Italia con altri mezzi, o sulle imbarcazioni delle organizzazioni non governative, riceverà un trattamento diverso. Non solo. Dopo averli salvati, le autorità italiane dovranno effettuare una selezione tra i migranti imbarcati. Non è chiarò quando sarà fatta la cernita, quale sarà l’autorità competente, né in base a quali criteri determinerà chi è vulnerabile e chi no. “Tutte le persone soccorse in mare – ha scritto in una nota l’ong Emergency – dovrebbero raggiungere un luogo sicuro nel minor tempo possibile perché naufraghe prima che migranti. Tutti dovrebbero essere considerati vulnerabili e ricevere un trattamento dignitoso e una protezione adeguata nel rispetto del diritto internazionale e comunitario”.
Migranti, l’Asgi: “Con il governo Meloni deriva autoritaria”
In secondo luogo, il memorandum potrebbe violare il diritto di asilo e di difesa. Secondo il Consiglio europeo per i rifugiati e gli esuli (una rete di ong), gli Stati dell’Unione europea non possono gestire le procedure di identificazione, asilo, e rimpatrio al di fuori dell’Unione europea. Ma, se anche fosse possibile, le norme prevedono una serie di garanzie, il cui pieno rispetto è difficile da immaginare oltre confine, aggiunge a lavialibera Luca Masera, ordinario di diritto penale a Brescia e componente Asgi, che nei giorni scorsi è finito al centro di una campagna d’odio online dopo che il leader della Lega Matteo Salvini ha definito “incommentabile” una sua intervista rilasciata al quotidiano la Repubblica, in cui Masera giudicava l’accordo Italia-Albania “incompatibile con la nostra costituzione”.
“La procedura prevede che la domanda di asilo sia valutata da una commissione che dovrebbe ascoltare la storia del richiedente di persona. Come farà, in questo caso? Si prevede che il personale italiano faccia avanti e indietro dall’Albania? E se no, in che modo sarà assicurata la correttezza dell’iter?” Luca Masera – Docente di diritto penale
“La procedura – prosegue Masera – prevede che la domanda di asilo sia valutata da una commissione che dovrebbe ascoltare la storia del richiedente di persona. Come farà, in questo caso? Si prevede che il personale italiano faccia avanti e indietro dall’Albania? E se no, in che modo sarà assicurata la correttezza dell’iter? Non solo. Se la commissione rigetta la domanda, il richiedente può fare ricorso per vie legali. A questo proposito, in teoria, l’accordo prevede che Italia e Albania consentano ad avvocati, assistenti e organizzazioni internazionali di accedere ai centri. Ma in pratica, se l’avvocato si trova a centinaia di chilometri di distanza, il richiedente asilo non potrà esercitare il suo diritto di difesa garantito dalla costituzione”.
Un altro nodo riguarda il trattenimento dei richiedenti asilo nella struttura albanese sul “modello dei Cpr”. Il testo del memorandum è vago. Ma più esponenti del governo, inclusa la stessa Meloni, hanno parlato di procedura accelerata di frontiera. Il riferimento sembra essere a una nuova ipotesi di procedura accelerata, aggiunta post decreto Cutro, che può essere svolta “in frontiera”. La procedura può essere applicata ai richiedenti asilo provenienti da uno dei paesi che l’Italia considera “sicuri” (al momento sono 16), e il richiedente asilo può essere trattenuto in appositi centri per un massimo di 28 giorni. A stabilire il fermo è un provvedimento della questura, che deve essere convalidato da un giudice, e a cui il migrante può fare ricorso.
“Sui migranti un’illegalità che va bene al governo”
I primi passi in questa direzione, però, non sono stati favorevoli al governo. Nelle scorse settimane il tribunale di Catania ha deciso di non convalidare il fermo, disposto dalla questura, di 14 richiedenti asilo provenienti da “paesi sicuri”. Nella motivazione dell’ultimo provvedimento, che ha riguardato quattro cittadini tunisini, si legge: “Il richiedente non può essere trattenuto al solo fine di esaminare la sua domanda e, come già affermato da precedenti decisioni di questo tribunale, il trattenimento di un richiedente protezione internazionale per le direttive europee, costituendo una misura di privazione della libertà personale, è legittimamente realizzabile soltanto in presenza delle condizioni giustificative previste dalla legge”. Non è chiaro come la situazione possa essere diversa in Albania, dove per di più diventa difficile rendere effettivo il diritto di difesa, e quindi garantire che il richiedente possa parlare con un avvocato e fare ricorso.
Le reazioni in Europa sull’asse Italia-Albania
“Siamo in contatto con le autorità italiane”, assicura a lavialibera la portavoce per gli affari interni della Commissione Anitta Hipper, aggiungendo che “l’Ue e gli Stati membri possono cooperare con i Paesi extracomunitari nella gestione della migrazione. L’importante è che ciò avvenga nel pieno rispetto del diritto comunitario e internazionale”. In realtà possiamo inserire l’accordo Roma-Tirana all’interno di una tendenza in corso da decenni in tutta l’Unione europea: esternalizzare i propri confini, fino a rendere inesigibile il diritto d’asilo. Il processo di crescente illegalizzazione dei migranti è stato ulteriormente aggravato nel 2015 dalla guerra in Siria e la cosiddetta crisi dei rifugiati In questo contesto possiamo inserire anche il memorandum Italia-Libia, promosso da Marco Minniti, ex ministro dell’Interno nel governo Gentiloni e promotore delle politiche di contenimento dei flussi migratori dalla Libia, oggi presidente di Med-Or, la fondazione di Leonardo.
Ma l’Italia non è sola. Il precedente esecutivo (di centrodestra) della Danimarca, per esempio, nel 2018 aveva avviato dei controversi negoziati con il Ruanda per l’istituzione di un centro per migranti nel paese. A gennaio 2023, il nuovo governo guidato dai socialdemocratici, ha fatto sapere che al momento non c’è più una trattativa, aggiungendo però di “avere le stesse ambizioni (del governo precedente, ndr), ma differenti approcci”. “Il programma del nuovo governo prevede la creazione di un centro di accoglienza al di fuori dell’Europa”, “in collaborazione con l’Ue o con alcuni altri paesi”, ha detto al quotidiano Altinget il ministro per la migrazione e l’integrazione, Kaare Dybvad.
“Esternalizzare la gestione dei migranti non è sempre sbagliato, dipende dalle situazioni”, ha dichiarato nei giorni scorsi Katarina Barley, vicepresidente del parlamento Ue, e componente del partito socialdemocratico di Germania (Psd). Al congresso dei socialisti Ue che si è tenuto nei giorni scorsi a Malaga, il Pd italiano, critico nei confronti dell’asse Roma-Tirana (la segretaria Elly Schlein ha parlato di “violazione del diritto internazionale e della costituzione”), non ha trovato una spalla neanche nel cancelliere tedesco Olaf Scholz che non è voluto entrare nel merito della questione: “di competenza dei governi italiano e albanese. Credo che si debba tenere presente che, dal nostro punto di vista, l’Albania sarà presto membro dell’Ue e stiamo quindi parlando di una questione di come risolvere insieme sfide e problemi nella famiglia europea”. E ha aggiunto: “C’è una migrazione irregolare, che deve essere ridotta, e ci sarà una stretta collaborazione con i paesi al di fuori dell’Unione europea, come avviene ora, ad esempio con la Turchia, e potrebbero essercene altri”.
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