Traduzione di Mehmet e Maria Miraglia
Toccano la cupola
maestosi nel loro volo,
segnati dall’ amore
e dal sangue di vergini,
possa il santo avvolgere
tutto nel suo petto
il dolore del padre,
l’anima fosforescente e il sacrificio
di sangue capanno per salvare il mondo.
Le candele che ardono
bruciano la nostra forma
il corpo che ci ha cresciuto
e che ci riporterà al fuoco,
un’anima in più per pregare,
perché ha raggiunto la fine
dell’eternità
la pace che passa attraverso
l’ultimo incenerimento e un ricordo
che ci mancherà sulla strada
del non ritorno.
La cupola brilla.
Gli angeli sono gli stessi
tranne una fuga tra i due mondi
e un silenzio profondo
che regna sulla terra.
Gli angeli vagano
semplicemente seguendo
il rito della campana che suona
per annunciare che nulla in questo mondo cambia,
ma tutto lascia una porta aperta;
in mezzo all’oscurità che circonda come un fantasma
e la tenerezza, che ci fa restare
per sempre come bambini.
Settima fila
Ora sono sulla stessa
panchina
fila sette
colonna sette e la stessa
cupola
quella di un angelo che vola
nel cielo
santificato di nuovo
alla stessa scena, che il pittore dipinse
pieno di desiderio e di dolore.
Fuori, le sculture frantumate
si bagnano dalla pioggia
o meglio, l’acqua benedetta
del Signore,
mentre il profondo inchino e
la totale obbedienza
sono per lo più una
tentazione per la pace eterna.
Qualcuno ha commesso un
errore
alla giovane Santa sono state
svelate le sue grazie,
mentre prega con i salmi e la
blasfemia della memoria dei
crociati ritornati.
Sono sulla stessa panchina
forse coincide con l’allora
preghiera di Baudelaire,
che nonostante fu cacciato
per i demoni nella sua testa
lui pregava ancora a Santa
Maria!
Non abbastanza…!
Piove qui,
il cielo sempre bronzeo e i
passi che bussano sulla
strada deserta
in migliaia di piedi,
senza la melodia dei tuoi
tacchi,
quel timbro che ascoltavo
come musica
e il volto che davi al nostro
viaggio,
non da quei 100 anni di
solitudine di Garcia
né dall’amore ai tempi del
colera (covid)
semplicemente un fascino
dimenticato nel vento
e un viaggio iniziato senza un
saluto!
Sono già abituato a perdite
improvvise
della stagione che corre a
strappare la memoria
prima dalle foglie alienate del
verde
poi del giallo, del viola e
rossiccio dell’autunno,
ma senza i tuoi occhi
splendenti come migliaia di
soli
che accesero una fiamma di
vita
e io non lo compresi mai;
che il giorno dopo si sarebbe
svegliato alla soglia di un
mondo
il mormorio e il sussurro di
una foresta silenziosa.
Il ciliegio non basta
né l’ombra della luna nello
specchio dei tronchi del
giardino di Neruda,
né le confusioni,
né l’Eden che ha cambiato la
parabola,
ma solo un volo
un salto nel mondo pazzo,
dove l’aspetto disperato di
una donna
trasformò in lacrime il mio
dolore.
Piove!
Piove!
Un ombrello non è sufficiente
gli angoli verseranno
sicuramente la sofferenza
sulle spalle
e la commozione toccherà le
vene con quel dolore,
che vibra di notte e vaga tra i
rintuoni della memoria
come il mormorio dei capelli
nel vento
degli alberi della foresta
che ondeggiando i rami
spogli
in attesa di un’altra stagione.
Le parole non bastano
nemmeno un caffè lì nella
strada “Maria Teresa”
perché ormai tutto è già
deserto.
Non ci sono più nemmeno i
tavoli per unire due persone
tantomeno per separarle
tranne un girovagare sulla
strada svuotata
e orari che dobbiamo seguire
online.
Piove!
In effetti qui è il luogo del
totale scioglimento delle
nuvole
e il sole vede sempre meno.
Puoi fantasticare su quel
rebus celeste
con lo stesso aspetto e gli
stessi lineamenti
ballare come una volta
facendolo ritornare di nuovo
come l’unica visione.
Ormai tutto è partito con gli
uccelli
e il loro ritorno sarà
silenzioso
torneranno solo nei loro nidi,
come io, nella mia città natale
dopo essere scappato in
mezzo a dei rumori infiniti
e con un semplice balzo
attraverserò lo stesso
sentiero
con arcobaleni che salgono
fino al cielo
e i ponti che si aprono
per fare ritornare l’ultima nave.
Piove!