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Food for profit!

Di Daniela Piesco

Food for profit è il documentario di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi che mostra il collegamento tra industria della carne, lobby e potere politico.Nel documentario si mostra una parte di quello che succede all’interno degli allevamenti intensivi grazie a degli infiltrati, che sono riusciti a farsi assumere dentro questi allevamenti in Germania, Spagna, Italia, Polonia e, con la camera nascosa, sono riusciti a filmare quello che succede tutti i giorni li dentro .Ogni volta che esce un’inchiesta l’industria risponde: sono casi singoli, avete trovato le mele marce.Il documentario invece dimostra che questo è un sistema.Ed è un sistema finanziato con i soldi di noi contribuenti. Ma la cosa veramente tragica è che gli allenamenti intensivi oltre ad inquinare l’ambiente costituiscono un pericolo per noi umani.

Avete mai sentito parlare mai di Antibiotico-resistenza?

Ho approfondito l”argomento perché volevo vederci chiaro e queste sono le mie conclusioni. Circa il 70% degli antibiotici venduti in Italia è destinato agli animali. Ma perché agli animali negli allevamenti vengono somministrati così tanti antibiotici? L’abuso di farmaci è riconducibile alle condizioni in cui sono allevati gli animali e quindi al metodo di allevamento. Negli allevamenti intensivi vengono usate enormi quantità di farmaci perché gli animali sono allevati in condizioni così estreme che la loro sopravvivenza nei capannoni sovraffollati e malsani è spesso garantita solo dagli antibiotici.

L’abuso di antibiotici negli allevamenti contibuisce alla diffusione dell’antibiotico resistenza anche tra le persone.

La resistenza agli antibiotici, o antibiotico resistenza, consiste nella capacità di alcuni batteri di sopravvivere e moltiplicarsi pur in presenza di uno o più antibiotici e quindi di continuare a causare l’infezione. L’antibiotico resistenza rende più difficile riuscire a curare le malattie infettive.L’antibiotico resistenza mette a grave rischio la salute umana.

È molto diffuso il fraintendimento per cui l’antibiotico resistenza si sviluppa ingerendo eventuali residui di antibiotici contenuti nei prodotti di origine animale. Non è così,a essere trasmessi sono i batteri antibiotico resistenti e non residui di antibiotici. Nel nostro Paese tra l’altro, devono essere rispettati i tempi di sospensione grazie ai quali non si trovano, se non in bassissime percentuali, residui di antibiotici negli alimenti.

Il problema non è dunque la somministrazione di farmaci agli animali in sé, ma l’abuso di antibiotici, il loro uso profilattico, sistematico e preventivo, che si rende necessario quando gli animali sono allevati intensivamente e in condizioni in cui il loro benessere viene scarsamente se non per niente preso in considerazione. Gli animali sono costretti anche a bere la propria urina e a mangiare le proprie feci.

L’abuso di antibiotici negli allevamenti sta contribuendo a creare un’era post-antibiotica che potrebbe provocare più decessi del cancro entro il 2050.

Anche se il Parlamento europeo si è espresso contro l’uso di antibiotici di massa e su gruppi di animali imponendo che i singoli animali ammalati dovranno essere curati evitando i trattamenti profilattici di massa o di gruppo attraverso il mangime o l’acqua,a oggi non sono ancora pubblici e disponibili i dati sul consumo di antibiotici .

Infine è bene sottolineare che parte dell’industria e della grande distribuzione, sfruttando il bisogno di rassicurazione dei consumatori, promuove prodotti di origine animale etichettati “senza uso di antibiotici”.

Ma davvero questi prodotti garantiscono maggiore qualità, maggiore benessere per gli animali e maggiore tutela della salute di tutti? La risposta è NO.

Comunemente, questa dicitura viene interpretata come se fosse la carne stessa a non contenere residui di antibiotici. Questo è vero da un lato, ma la mancanza di residui vale anche per qualsiasi tipo di carne in commercio, in quanto per legge, dopo la somministrazione degli antibiotici, bisogna seguire dei giorni di sospensione in cui gli animali non ricevono antibiotici prima di essere macellati. Pertanto non è necessario comprare carne “antibiotic-free” per evitare di ingerire residui di antibiotici.

Se si vogliono prodotti da animali allevati in condizioni migliori (e quindi più sani), non è necessario comprare la carne antibiotic-free, ma piuttosto quella proveniente da razze più robuste (come quelle a lento accrescimento nel caso dei polli) e da animali allevati all’aperto o con metodo biologico.Solo dei seri miglioramenti di benessere degli animali consentirebbero di ridurre per davvero l’uso di farmaci, e quindi la minaccia dell’antibiotico resistenza.

È necessaria una inversione di rotta da parte della zootecnia, che ci auguriamo venga intrapresa il prima possibile. Per garantire maggiore benessere agli animali negli allevamenti e per tutelare la salute pubblica.

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