Di Damiano Guagliardi
Io non so chi fra i tanti che erano presenti nella foto abbia citato l’espressioni «Gli Arbëreshë un “ponte” tra Italia e Albania” e confermo che così è stato dalla fine della dominazione fascista ad oggi.
Non ricordo bene in quale congresso del Partito del Lavoro (siamo negli anni Cinquanta) questa espressione comparve nei documenti ufficiali. Fu grazie a quella piccola espressione che l’Albania non recise il sottile filo che univa i due stati che si erano liberati dal nazifascismo.
Eppure se qualcuno si prende la briga di leggere i danni di guerra rivendicati dall’Albania durante la discussione del Trattato di pace può ben capire quanto l’Italia fascista aveva rubato e sottratto al popolo albanese. Eppure grazie alla nostra presenza (arbereshe) in Italia l’Albania comunista, circondata dalla Grecia a sud e dalla Jugoslavia a nord, cercò il dialogo con il popolo italiano e lo stato italiano nato anch’esso dalla Resistenza.
Il 1952 l’Albania finanziò la nascita della Associazione culturale per i rapporti con l’Albania, presieduta dall’italo albanese Franco Bugliari e con iniziative esclusivamente culturali si avviò la 2° Rilindja arbereshe che ci ha permesso di vivere e di continuare ad essere un’isola linguistica e antropologica figlia della nazione albanese.
Questa è storia, non simpatia ideologica o politica. Già nel 1950 una delegazione del governo albanese visitò il mio paese, San Demetrio Corone, e da quell’anno i nostri sindaci erano invitati alle feste del 28 e 29 novembre. Dal 1950 ogni due o tre anni, delegazioni scientifiche di lingua, letteratura e storia, vennero a sostenere, per come potevano e gli era permesso, l’alfabetizzazione della lingua albanese, la raccolta della nostra cultura, orale e scritta, che senza i docenti dell’allora Associazione degli scrittori e dell’Università di Tirana sarebbe scomparsa.
Caro editore degli Approcci Italo Albanesi, ti ringrazio per avermi dato questa opportunità di ricordare una verità storica. Il mio augurio sincero è quello che si finisca con le parte, ormai mensili di sindaci ed affaristi che vengono in Albania, bisogna parlare al popolo arberesh e cogliere il suo spirito identitario.
Damiano!