Egregio Direttore,
Colpisce la varietà dei giudizi, che si ascoltano o si leggono in questi giorni intorno al Piano Mattei e ai progetti di aiuti per l’Africa, al centro, come noto, della Conferenza italo-africana del 28 e 29 gennaio scorsi.
Se i Partiti di maggioranza non hanno nascosto la soddisfazione per i risultati conseguiti nell’occasione dell’importante simposio, le forze di opposizione hanno espresso, per parte loro, valutazioni più critiche.
Al di là degli apprezzamenti o delle critiche, va riconosciuto al governo di aver aggiornato opportunamente l’agenda della politica estera, assegnando all’Africa un posto di indiscussa priorità. E’ da applaudire perciò l’annuncio con cui il premier Meloni ha promesso nuovi investimenti per l’Africa, per un ammontare 5.5 miliardi di euro, tra crediti e doni. Non è certo moltissimo, come non hanno mancato di osservare taluni critici, ma è un inizio incoraggiante ed è anche un messaggio importante per gli altri Partner europei.
In una prospettiva europea, verrebbe tuttavia da osservare che l’incontro italo-africano di Roma, di portata sostanzialmente bilaterale, nonostante il formato, andrebbe utilmente allargato ed esteso anche agli altri partner comunitari. Senza l’intervento compatto dell’unione europea, il dialogo italo-africano, pur benemerito, si presenta infatti come un esercizio necessariamente circoscritto.
Nel contesto, qualche considerazione merita per altro il ruolo di impulso che viene riconosciuto a Palazzo Chigi e ai Ministeri, cui spetterà di preparare i progetti di investimento elencati dal premier.
Conoscendo la modesta capacità programmatoria della pubblica amministrazione, e i tempi lunghi di esecuzione dei progetti infrastrutturali, viene da domandarsi se non convenga immaginare una struttura di intervento che preveda il coinvolgimento massiccio di imprenditori e di tecnici dello sviluppo. Merita notare, a questo riguardo, l’enfasi con cui taluni governi africani auspicano nuove forme di cooperazione, più centrate su progetti che abbiano anche una forte impronta manifatturiera.
Gerardo Petta- Zurigo