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DOVE LA NOTTE DIVIDE IL GIORNO

POESIA DI MEHMET Rrema – Traduce Maria Teresa Liuzzo

In via Roma,
in una galleria di souvenir
una coppia di artisti di strada
danzavano dopo avere dipinto,
in tutta la loro eleganza.
I loro magici passi
abbracciavano le deliziose note di un valzer.
La celestiale melodia del Danubio Blu di Strauss
dava l’impressione di danzare sulle nuvole,
avvolti da una primavera di vento.
I movimenti della donna
erano voci e carezze
che attraversavano la mia pelle
e anche i suoi occhi di gazzella sembravano parlarmi.
Non ci vedevamo da una vita!
Per un attimo pensai di sognare
non riconobbi il sorriso che illuminava il suo viso
ma un lampo di memoria
mi riportò indietro nel tempo.
Il suo sguardo era fatto di fili argentati
scesi dal cielo apposta per me.
La complicità dello sguardo, il rosa cipria sulle guance, il suo collo d’avorio,
mentre le sue labbra erano rosse come il tramonto sul mare.
Ho sorriso quel giorno
pensando che mi avesse dimenticato.
La fortuna fu dalla mia parte
quando la strinsi fra le braccia
e le chiesi da dove veniva e dove era diretta.
Lei pensò, mi sorrise e sussurrò.
”Tu ed io percorriamo la stessa strada”.
Mano nella mano percorremmo la stessa strada,
lentamente.
In via Roma le vetrine brillavano di gioielli, souvenir,
capi d’alta moda.
Il mondo intero ci sorrideva.
Nadir splendeva alta nel cielo
quando qualcuno posò una mano sulla mia spalla,
quel tocco ha fatto sussultare il cuore.
Un uomo in frac con un cappello a cilindro era davanti a noi:
Puskin.
Ci disse di fare in fretta perché Cajkovskij ci attendeva
seduto in riva al lago dei cigni
e tutto lo spettacolo era un sospirare di stelle.
Il grand’uomo stava seduto sulla poltrona
dove Esenin gustava un caffè tra due amici.
E pensò: ”Il re indossa i pantaloni ma non la corona”,
Pushkin stava sorseggiando un bicchiere di vino.
Su di noi scendeva come una benedizione
la pioggerellina primaverile.
Le lacrime del salice bagnarono la Strada del Francese.
Nadir era orgogliosa di splendere sulla Cupola di Superga.
La ”gazzella” mi fissava negli occhi
e splendeva come l’universo.
Le chiesi come aveva fatto a non dimenticarmi.
”Il tempo non guarisce mai le ferite del cuore” – rispose.
Quelle parole incandescenti accesero la mia speranza.
Avevo il cielo fra le mani e lo accarezzavo
come se fosse un bambino.
Sparite le nuvole e la nebbia.
Le stelle illuminavano a giorno la notte.
Contammo invano i petali di un fiore
brucati da una pecora sul prato.
Quella sera ballò ancora in via Roma,
si divertì un mondo sulla Strada del Francese.
L’angelo era accanto a me
e mi teneva per mano.
Abbiamo camminato insieme ai nostri ricordi del passato.
I suoi sorrisi erano gli stessi di sempre.
La luna illuminava di più i nostri sogni.
Soltanto adesso abbiamo capito
quanto soffre la notte
quando si separa dal giorno.

Mehmet Rrema

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